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Giordana Charuty, Ernesto de Martino. Le precedenti vite di un antropologo , Franco Angeli, 2010
di Massimiliano Biscuso

L’ampia ricerca di Giordana Charuty, antropologa e directeur d’études all’école pratique des Hautes études di Parigi, si propone di ricostruire i complessi percorsi che hanno portato Ernesto de Martino a fondare l’antropologia religiosa in Italia. Di qui la scelta di concentrarsi sulla formazione dello studioso napoletano, che ella ritiene si estenda fino alle indagini preparatorie della stesura della celeberrima trilogia meridionalistica (Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del rimorso), privilegiando l’approccio biografico e conseguentemente lo stile narrativo.
Il volume si compone di tre parti. Nella prima (“Entrare nella storia”) si narra la giovinezza di de Martino, il suo ambiente familiare, le sue amicizie, le scelte di studio, l’adesione al fascismo nella sua particolare declinazione di «fascismo-religione», di «religione civile» capace di rinnovare radicalmente gli uomini. Nella seconda (“L’angelo tutelare”) si ricostruisce nel dettaglio il fecondo rapporto con Vittorio Macchioro, che diverrà suo suocero e gli farà da guida e da interlocutore fondamentale nella maturazione intellettuale in un periodo (la seconda metà degli anni Trenta) in cui il giovane professore filosofia di Liceo comincerà a frequentare a Bari la cerchia di giovani e battaglieri intellettuali raccoltisi intorno all’editore Laterza e a Benedetto Croce; tale frequentazione gli darà la spinta decisiva per abbandonare il fascismo e aderire alla «religione della libertà». Nella terza (“Le guerre di un antropologo”) si dà voce, tramite la narrazione delle vicende belliche e resistenziali, tutt’altro che eroiche, all’evoluzione politica e professionale di de Martino, che diventa socialista prima e comunista poi, abbandona Croce per Gramsci, pubblica le sue due prime monografie (Naturalismo e storicismo nell’etnologia e Il mondo magico), stringe la relazione con la sua seconda compagna di vita Vittoria de Palma e inizia le campagne etnologiche nel Sud d’Italia.
Il pregio più evidente della ricerca di Charuty è l’utilizzazione di una notevole mole di documenti finora poco valorizzati o addirittura del tutto sconosciuti, conservati nell’archivio de Martino, o in archivi privati (come quelli di Vittoria de Palma o di Aurelio Macchioro, figlio di Vittorio) o pubblici (come quelli della Diocesi di Napoli). Frutto di queste ricerche è innanzi tutto il precoce carteggio con l’amico Armando Forte, una forma di «costruzione della soggettività» in forma epistolare, che si estende dal 1924 al 1932. La corrispondenza con Vittorio Macchioro si arricchisce di nuovi documenti rispetto a quello già noti grazie alle ricerche di Riccardo Di Donato, tra cui alcune lettere che fanno sostenere all’autrice che il romanzo pubblicato da Macchioro nel 1939 con lo pseudonimo di Benedetto Gioia, Il gioco di Satana, sia frutto di una «scrittura a due mani», come mostrano in particolare i primi e gli ultimi capitoli (p. 211; ma nella bibliografia che chiude il volume il romanzo viene attribuito interamente – e ingiustificatamente – a de Martino, p. 351). Particolarmente ricca e interessante è la ricostruzione della posizione demartiniana sul «folklore progressivo», cioè su quelle forme di cultura del mondo subalterno che reagiscono e si oppongono creativamente allo sfruttamento di classe. E non ho ricordato le tante analisi di dettaglio, a volte intriganti, ricche di particolari sconosciuti, a volte un po’ ridondanti per il lettore italiano (ma, si immagina, non per quello francese, al quale in origine sono destinate): sipensi alla ricostruzione dei rapporti con importanti esponenti della vita culturale e politica che de Martino frequentò in quegli anni (Croce, Gentile, Omodeo, Cantoni, Fiore, Brelich, Pavese, Scotellaro…), e ancora di certi ambienti intellettuali (Firenze e Bari, innanzi tutto). In questa ampia messe di documenti e di ricostruzioni risiede certamente il maggior valore della monografia di Charuty. Ma a maggior ragione risulta incomprensibile la scelta di non accludere un indice dei nomi, che faciliti la consultazione di un’opera così ricca di informazioni e certamente utilissima allo studioso di de Martino.
Il limite di questo lavoro sta invece nel fatto di negare qualsiasi rilievo alla dimensione filosofica della ricerca di de Martino, al suo «tenace amore per le questioni metodologiche e speculative» (lettera a R. Boccassino del 30 novembre 1940, riportata a p. 232); dello studioso napoletano viene riconosciuta, come già lo stesso sottotitolo esplicitamente dichiara, soltanto la dimensione di “antropologo”. Da questo punto di vista l’Ernesto de Martino di Giordana Charuty è l’esatto opposto dell’Ernesto de Martino di Gennaro Sasso: tanto attento questo a ricostruire la tensione filosofica che percorre gli scritti demartiniani e a valutarne la coerenza, anche a costo di sottovalutare la passione civile e la partecipazione emotiva alle sofferenze umane che li accompagna, quanto incurante quello del significato e del valore filosofico delle indagini demartiniane. Ne risultano perciò delle conseguenze francamente paradossali, come la insistita sottovalutazione del rapporto con lo storicismo di Croce, della cui influenza – mai indagata perché data come un mero “fatto” – si sarebbe liberato grazie alla lettura dei Quaderni del carcere di Gramsci (p. 280; mentre la questione è assai più complessa, sia per Gramsci sia per de Martino, il quale avrebbe invece continuato a fare i conti con Croce fino alla fine della sua vita: si pensi soltanto alla questione della «storicità delle categorie»); e lo scarso rilievo che viene attribuito non solo a Naturalismo e storicismo ma addirittura a Il mondo magico, il capolavoro dello studioso napoletano.
Ciò che rende originale e attuale de Martino è invece, a mio avviso, la sua capacità di condurre una indagine che sappia consapevolmente attraversare ambiti disciplinari diversi e apparentemente estranei gli uni agli altri (storia delle religioni, antropologia culturale e religiosa, etnologia, demologia, psicoanalisi, psichiatria) e l’acuta, a volte tormentata, ricerca filosofica dei concetti necessari a pensare l’oggetto dei propri studi.



PUBBLICATO IL : 31-12-2010

 

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