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AA.VV., Sciacca. La necessità della metafisica. Atti del IX Corso della "Cattedra Sciacca", Genova 5-6 maggio 2003 , Olschki, 2004
di Annarita Meoli

La necessità di una metafisica integrale che tenti di risolvere in senso anti-immanentistico e anti-storicistico l’apparente contrapposizione tra metafisica dell’essere e metafisica del pensiero è il tema provocatoriamente definito “inattualissimo” che Pier Paolo Ottonello – curatore del volume Sciacca. La necessità di una metafisica. Atti del IX Corso della “Cattedra Sciacca”, Genova 5-6 maggio 2003, Olschki 2004–  pone all’attenzione della comunità scientifica, nel tentativo di evidenziare come tale questione costituisca  di fatto un argomento centrale tanto del pensiero di Michele Federico Sciacca – con cui tutti gli autori del volume si confrontano – quanto del pensiero novecentesco nel suo complesso – in un articolato intreccio polifonico che chiama ad interloquire, in un ampio ambito intellettuale di riferimento, più voci. Il volume che raccoglie gli atti del IX corso della “Cattedra Sciacca” tenutosi a Genova nel maggio del 2003, collega gli interventi di Vittorio Stella, Antimo Negri, Paolo Pagani, Maria Luisa Facco, Alessandra Modugno, Carlo Lupi e Roberto Rossi. Si tratta di un lavoro inserito all’interno delle attività – ormai decennali – del Dipartimento di Studi sulla Storia del Pensiero Europeo “Michele Federico Sciacca”, che intorno al nucleo di Genova della Scuola di Sciacca ha messo in atto una serie continua di iniziative di studio sul pensiero del filosofo siciliano (oltre alla già citata “Cattedra Sciacca” istituita dal 1994 che svolge giornate di studio a cadenza annuale, ricordiamo l’utile Bibliografia degli scritti di e su M. F. Sciacca, a cura di Pier Paolo Ottonello, Firenze, Olschki, 1996).
Nel volume curato da Ottonello il rapporto immanente-trascendente, finito-infinito, limite-assoluto tipico del pensiero sciacchiano, viene affrontato nelle sue diverse declinazioni (principalmente in riferimento alla metafisica integrale e alla metafisica creazionista) nell’intenzione di approfondire tanto i nuclei tematici di una filosofia intrinsecamente metafisica in quanto aperta al trascendente, quanto nel tentativo di rintracciare le origini, le influenze e lo sviluppo delle medesime questioni; di qui i continui confronti intellettuali e i puntuali rimandi ai testi.
Tipici di questo modo di procedere sono, ad esempio, gli interventi di Stella e di Pagani; il primo analizza nel dettaglio il rapporto intellettuale Sciacca-Gentile avendo come principale punto di riferimento le opere sciacchiane a partire da quelle giovanili di maggior adesione all’attualismo fino ad arrivare al completo distacco dall’immanentismo attualistico di Filosofia e metafisica(Michele Federico Sciacca, Filosofia e metafisica, 2 voll. (1947-1949), Milano, Marzorati, 19623); il secondo, come raccogliendo il testimone del precedente intervento, approfondisce principalmente la filosofia dell’integralità degli anni ’50, analizzandone in filigrana i rimandi rosminiani. Il fil rouge che unisce i due lavori (e i due rispettivi rapporti intellettuali studiati) si origina nel punto di maggior frattura che Stella ritiene di rintracciare tra il pensiero sciacchiano e quello gentiliano: «La conclusione sciacchiana (…) nega che il pensiero si chiuda in un “processo logico-gnoseologico”: “l’idealismo deve convincersi che il pensiero non può esaurire l’essere e che la metafisica non può risolversi nella logica” (…) Sciacca tien fermo che la spiritualità umana “non è solo astratta logica, ma […] pienezza dei sentimenti, dei quali il più ricco è la fede” (Michele Federico Sciacca, Dall’attualismo allo spiritualismo critico (1931-1938), Milano, Marzorati, 1961, pp.115-116.)»(cfr. Vittorio Stella, La necessità di una coscienza metafisica in Gentile e in Sciacca, in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., p. 23-24). Esigenze profonde, cui fa eco Pagani evidenziando che «la grandezza di Rosmini consiste – agli occhi di Sciacca – proprio nella consapevolezza da lui mostrata circa la precedenza di diritto del tema ontologico rispetto al tema gnoseologico. Occorre prima riconoscere quale sia la relazione ontologica iniziale tra essere e pensiero, per poter poi comprendere la questione critica dell’accesso umano (o umana partecipazione) a tale relazione». (cfr. Paolo Pagani, Metafisica e antropologia in Sciacca e Rosmini in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., p. 53). E’ necessario andare oltre lo gnoseologismo che immanentizza in maniera assoluta l’essere come presenza al soggetto pensante; che riduce contraddittoriamente l’essere infinito all’esistente finito e far precedere la considerazione dell’essere iniziale a quella di ogni più specifico contenuto: occorre porsi il problema dell’inizialità dell’essere e della via di accesso originaria (a tale proposito Sciacca parla di «atto primo ontologico»  dell’esistente come persona)  alla primigenia e fondante relazione tra essere e pensiero.
Di qui l’approfondimento di un’antropologia che sia integrale e la ricerca di un equilibrio dinamico tra orizzontale e verticale, che rimandi ad un’opera di creazione iniziale, ad una fondazione dell’esistente nell’Essere iniziale. In questo modo si dà corpo ad una metafisica che, come sottolinea Antimo Negri, non abbandona al nulla il mondo reale dello storico, ma più profondamente lo fonda (crf. Antimo Negri, Sciacca: una metafisica senza nichilismo, in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., pp. 37-40). Solo una filosofia dell’integralità, che valorizzi anche il limite del finito può aprire alla trascendenza infinita; l’Essere iniziale si manifesta al soggetto intelligente che ne rileva la presenza proprio in quanto si riconosce come esistente da lui dipendente: «‘L’io sono’ è la formula che esprime questo autocoglimento dell’intuente come “radicato nell’essere” . Senonché, dire ‘ io sono’, con la distinzione reale che ciò comporta tra soggetto e essere, implica per l’io il sapersi già come disequato (o in-adeguato) rispetto all’essere dalla cui presenza, comunque, esso è costituito in quanto intelligente» (cfr. Paolo Pagani, Metafisica e antropologia in Sciacca e Rosmini, cit., pp. 57-58). Il soggetto – intimamente squilibrato, come dice Sciacca (Cfr. Michele Federico Sciacca, L’uomo, questo, ‘squilibrato’ (1956), vol. 4 delle Opere complete di Michele F. Sciacca, Milano, Marzorati, 19635 )– è intelligente proprio in quanto caratterizzato da una struttura bipolare  che « da un lato fissa il limite costitutivo di ogni ente finito, dall’altro guarda verso l’infinito, mentre tende ad attuare tutte le attualità della persona» (cfr. Maria Luisa Facco, L’oscuramento della diagnosi metafisica nella diagnosi di Sciacca in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., p. 85).
Ma, come è possibile realizzarsi in pieno come persona? La via percorsa da Sciacca e qui ripercorsa dai suoi studiosi è quella della metafisica della creazione, presentata a più riprese, proprio come il più decisivo approfondimento della filosofia dell’integralità. Per Sciacca, l’esistente – e quindi ultimamente  anche l’essere che lo costituisce – è irriducibile all’unilateralizzazione di un unica dimensione (sia essa gnoseologica o morale);  per questo la sua configurazione più appropriata  è quella articolata e complessa della persona. Applicando il principio tomistico dell’analogia, ciò risulta vero in modo eminente anche per l’Esistente originario, il che significa accettare proprio la via della creazione: «Il carattere creato dell’ente finito risulta dalla necessità di non rinnegare la perfezione dell’Esistente originario, chiamato da Sciacca anche “Essere infinito” » (cfr. Pagani, Metafisica e antropologia, cit. p. 74).
Nel principio di creazione del filosofo siciliano starebbe dunque, come Lupi evidenzia attraverso un accurato confronto tra metafisica creazionista e metafisiche non creazioniste, l’inveramento della metafisica classica, in un percorso che va da Platone ad Aristotele, passando per la riformulazione sciacchiana di Agostino e Tommaso (cfr. Carlo Lupi, Metafisiche non creazioniste e metafisica creazionista, in Sciacca. La necessità della metafisica, cit. pp. 109-114). Il problema della creazione è dunque assunto come tema metafisico massimo e come tema originariamente filosofico, giacchè «se per i moderni la filosofia è scienza, per Sciacca la filosofia è metafisica (…): le questioni filosofiche sono di per se stesse questioni metafisiche, in quanto la natura stessa della realtà e dell’essere umano non sono esauriti dal fatto di darsi storicamente» (cfr. Alessandra Modugno, Filosofia e metafisica secondo Sciacca, in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., p.100). Per ricostruire lo statuto epistemologico di una filosofia così concepita, Sciacca muove dall’esperienza personale (in quanto esperienza di persona) della creaturalità, come esperienza intimamente aperta al trascendente, radice ontologica della propria realtà. Come osserva Roberto Rossi, in riferimento a Maria Adelaide Raschini –  allieva dello Sciacca, di cui in questo volume si presenta anche una monografia di approfondimento (Carlo Lupi, Presentazione del volume di Roberto Rossi «Maria Adelaide Raschini. L’intelligenza della carità. Lo spirito della filosofia di Rosmini dopo Nietzesche», in Sciacca. La necessità metafisica, cit., pp. 115-116) – «la metafisica creazionista, l’unica possibile vittoria sul nulla, ci permette di riconoscere il nostro essere ontologicamente creature ‘teistiche’ (…): ci dice della presenza in ogni uomo della Verità» (Cfr. Roberrto Rossi, Intelligenza della carità, in Sciacca. La necessità della metafisica, cit., p. 119).



PUBBLICATO IL : 09-10-2006

 

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