L’ausilio che carteggi ed epistolari offrono alle ricerche storiche e filologiche è cosa risaputa e ribadita non soltanto da tutti gli specialisti della archivistica, della biblioteconomia e della storiografia in generale, quand’anche dai biografi e dagli esegeti della letteratura, del pensiero filosofico e scientifico. Ma tale ausilio per la ricerca e la ricostruzione accurata di teorie, scelte, atteggiamenti dei personaggi di volta in volta presi in considerazione dalla storiografia, non va nel senso che gli epistolari riflettano direttamente e obbiettivamente la realtà, quanto piuttosto nella direzione di aprire nuove questioni e prospettive con cui approfondire e sfaccettare la conoscenza dei personaggi stessi, dei protagonisti, in definitiva, di tutta la vita culturale e sociale dell’umanità. Correttamente definita «fonte di eccezionale importanza», essa va usata con cautela: storicizzata per prima cosa, (lo ribadì in più occasioni e lo insegnò autorevolmente dalla cattedra, un maestro come Eugenio Garin) va sempre sottoposta «a un rigoroso esame critico che la ricollochi a sua volta nel preciso contesto in cui è nata». Una tale fonte può finanche, nei casi in cui tali cautele non si fossero usate, portare a vistose deformazioni della realtà, a sue contrazioni quanto a sue illegittime enfatizzazioni, se non addirittura a vere e proprie contraffazioni (1).
Nel caso particolare di Antonio Labriola, autore che «non amava scrivere libri», la questione del carteggio assume un valore del tutto specifico e originale. Cultore sì della ricerca minuta e filologicamente accurata per amore della verità, egli affida le sue idee prevalentemente alla discussione diuturna e occasionale, al dibattito serrato con geniali interlocutori, compagni di studio, giornalisti, politici, scrittori, allievi, tanto da attirarsi i sarcasmi di Rastignac (Vincenzo Morello) che sulla «Tribuna illustrata» del 4 febbraio 1904, a pochi mesi dalla prematura morte del filosofo, lo definì «Socrate moderno che diventa un don Marzio da caffè». Più specificamente, le lettere di Labriola hanno finito per costituire una questione filologica e storiografica alquanto complessa. E’ appunto a tale questione che il Carteggio curato da Stefano Miccolis offre finalmente una adeguata conclusione.
Morto il filosofo nel 1904, sconvolto il paese dai prodromi e dai postumi della tragica prima guerra mondiale, la ricerca delle lettere e dei suoi corrispondenti si proiettò subito entro il più complesso problema della raccolta e riordino dell’intera opera labrioliana, consegnata non solo a lavori a stampa ma ad una serie di scritti e progetti documentanti la complessità e varietà degli interessi storici, filosofici, letterari, politici, didattici e comunicativi del vigoroso pensatore di Cassino. L’archivio completo si trovava ancora nell’ultima residenza romana dei Labriola, dove fu visto per la prima volta da Luigi Dal Pane, ma i traslochi successivi della vedova Rosalia e della figlia Teresa provocarono le prime dispersioni. Siamo nel 1922 e così riassume il Dal Pane la condizione dell’archivio, avviando una prima classificazione del materiale:
Fra queste indagini, le più fruttuose furono certamente quelle che condussi presso la famiglia Labriola, benché io giungessi troppo in ritardo per reperire tutto il materiale che il filosofo aveva accuratamente conservato durante la sua vita. Ho potuto, attraverso lunghi studi e il vaglio di molte testimonianze, ricostruire nelle sue linee essenziali la consistenza effettiva dell’Archivio Labriola alla morte di lui. Lo costituivano in origine almeno i seguenti gruppi di documenti e di carte:
- Carte e documenti di famiglia, fra cui manoscritti di Francesco Saverio Labriola.
- Documenti della vita e della attività scientifica e politica di Antonio Labriola.
- Appunti per le lezioni di A. L. e appunti di scolari sulle lezioni del medesimo.
- Manoscritti delle opere di A. L.
- Carteggio di A. L., comprendente fra l’altro le lettere di Federico Engels di cui L. era gelosissimo.
- Stampe e documenti relative agli uomini e agli avvenimenti politici del tempo del L. (2)
Note agli studiosi, le vicende che portarono in seguito quanto restava dell’archivio a venire acquistato dalla Società di Storia Patria di Napoli, non è qui il caso di richiamarle ancora (3). Varrà solo ricordare che grazie a tale acquisizione, divenne possibile con l’impegno congiunto dell’Istituto Italiano per gli studi Filosofici e dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, la pubblicazione del vasto carteggio per la cura di uno studioso particolarmente attrezzato quale è Stefano Miccolis. Non si tratta però di pura opera compilativa quanto piuttosto di una vera e propria impresa editoriale portata avanti con notevoli difficoltà ed encomiabile passione. L’autore stesso ce ne espone l’itinerario nella sua premessa al V e ultimo volume e conviene lasciargli la parola.
Si conclude con questo volume un’impresa che non era affatto scontato, quando prese le mosse, dovesse avere esito felice. Sono trascorsi venticinque anni abbondanti dal suo primo concepimento, e non sono stati pochi gli impedimenti oggettivi e soggettivi, che ne hanno ritardato la concreta realizzazione. La non breve fase preparatoria, durata circa quattro lustri, ha peraltro favorito un progressivo affinamento dei metodi di ricerca, e il “lungo studio” occorso sia testimonianza, se non della qualità, almeno del “grande amore” che ha motivato e sostenuto il lavoro.
La vistosa sproporzione tra le lettere del filosofo (in numero di 2143), raccolte negli archivi, riportate in altri contesti, recuperate con una ricerca minuziosa, attenta ai dettagli e sempre sorretta dalla collazione e verifica storico critica e quelle dei suoi pur numerosi corrispondenti (soltanto 378 missive), ritrovate in quanto restava dell’archivio Labriola, dice da un canto dell’impegno del curatore e dall’altro delle vicende cui l’archivio stesso andò incontro per l’incuria degli eredi. Di vari carteggi tenuti da Labriola con suoi corrispondenti sappiamo solo indirettamente, come quello con Vittorio Mendl, suo compagno di giovinezza e testimone attendibile di progetti di studio, di lavoro e di svaghi; e quello, che vi si interseca in quegli stessi anni, con Arturo Graf (in particolare dal 1871 al 1874) che gli fu compagno e interlocutore nello studio di Herbart e degli herbartiani (4). Il curatore perciò spiega con precisione la consistenza delle lacune e, nel contempo, prevede ragionevolmente «che esistano ancora non trascurabili margini di incremento», visto che durante la pubblicazione dei cinque volumi, altre lettere venivano alla luce, tanto da doverle poi collocare in una apposita Appendice alla fine del V e ultimo volume. Egli del resto è pervenuto a completare il suo ambizioso disegno dopo un lungo itinerario di ricerche puntigliose, in archivi pubblici e privati, di cui ha dato notizia in saggi e interventi preparatori, fondamentali per ricostruire la formazione del pensiero di Labriola durante gli anni napoletani fino all’herbartismo, la sua adesione al moderatismo e il suo graduale evolversi verso il socialismo (5).
Tutto il lavoro di Miccolis – verrebbe da dire, l’impresa – si collega al filone più rigoroso della storiografia labrioliana (quella, per intenderci, post crociana, che parte da Dal Pane e Garin, per arrivare fino ad Antonio A. Santucci e a Nicola Siciliani de Cumis) per decenni inquinata da esegesi approssimative, eccessivamente politicizzate, poco criticamente sostenute e filologicamente abborracciate. Merito rende al curatore di questo Carteggio Angelo D’Orsi in una sua recentissima rassegna sulla fortuna di Labriola, in cui si coglie il senso profondo di tale operazione di reperimento, raccolta, collazione e classificazione del materiale epistolare: grazie alla quale «le interpretazioni di comodo, le agiografie e le stroncature semplicistiche sono diventate oggi un genere non più praticabile». Miccolis si è «accostato all’impresa, la pubblicazione del Carteggio labrioliano, solo dopo anni di circumnavigazione del suo centro, ossia di colui che le lettere scriveva e riceveva, un personaggio che quando Miccolis cominciava a studiarlo, non godeva certo di grande stampa in Italia. Tanto più meritorio dunque, il lavoro di chi si accostava a Labriola, ricercando, raccogliendo, leggendo e compulsando tutto il leggibile e il compulsabile, e con l’umiltà di chi è estraneo al mondo universitario […] ma con lo zelo e l’acribia di un grande accademico; tenendo conto della “tradizione” interpretativa, ma nel contempo diffidandone, a cominciare dai suoi aspetti più chiari di costruzione di una linea indefettibile (Spaventa-De Sanctis-Labriola-Croce-Gramsci-Togliatti)» (6). Un tale lavoro si può dire che apra una stagione di studi: l’avvii e la solleciti in quanto, «attraverso questo Carteggio, percorriamo l’intero, complesso, articolato e un po’ arzigogolato tragitto del Labriola, un tragitto biografico, innanzi tutto, che, via via, vediamo trasformarsi in percorso filosofico, politico e intellettuale in senso più ampio: anzi, potremmo dire che assistiamo, lettera dopo lettera, in parallelo a una duplice trasformazione […] alla vera maturazione del giovane» (7).
Note:
(1) Cosi, il Garin nella sua Introduzione a, A. Labriola, Epistolario, 1861-1890, vol. I, a cura di D. Dugini e R. Martinelli, Ed. Riuniti 1983, p. XVIII.
(2) Vedi, A. Labriola, Opere, vol. I, a cura di L. Dal Pane, Feltrinelli, Milano 1953, p. VI. Cfr. anche per la definizione precedente, L. Mangoni, Le riviste del nazionalismo, in AA.VV., La cultura italiana tra ‘800 e ‘900 e le origini del nazionalismo, Olschki, Firenze 1981, p. 302.
(3)Vedi utilmente N. Siciliani de Cumis, Dal Pane e la fortuna di Antonio Labriola nei primi decenni del Novecento (Note promemoria), «Giornale critico della filosofia italiana», fasc. I, 1985, pp. 42-64 e, dello stesso Miccolis, Il carteggio di Antonio Labriola conservato nel Fondo Dal Pane, «Archivio storico per le province napoletane», Prefaz. di G. Galasso, voll. 2, CVIII-CIX, 1990-1991; nonché, su di lui, le puntuali annotazioni di A. Savorelli, L’epistolario Labriola nel fondo Dal Pane, in AA. VV., Antonio Labriola filosofo e politico, a cura di L. Punzo, Guerini Studio, Milano 1996, pp. 257-268..
(4) Cfr. di chi scrive, Antonio Labriola e Arturo Graf. Principio e fine di un sodalizio di vita e di pensiero (1872-1904), ed ivi riferimenti bibliografici, in AA. VV., Antonio Labriola. Celebrazioni del centenario della morte, a cura di Luigi Punzo, Cassino 2006, vol. III, pp. 725-754.
(5) Vedi in particolare, per la prima attività giornalistica del nostro, Antonio Labriola moderato, in AA., Antonio Labriola nella cultura europea, a cura di F. Sbarberi, Lacaita, Manduria 1988, pp. 77-110. Un’utile antologia degli scritti labrioliani del periodo moderato è curata da N. Siciliani de Cumis, Scritti Liberali, De Donato Bari 1981.
(6) A. D’Orsi-F. Chiarotto, Professorismo in patria? Note sulla fortuna di Antonio Labriola in Italia, in AA. Antonio Labriola, cit. , p. 860.
(7) Op. cit., p. 861. |