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Raffaella Di Castro, Testimoni del non-provato. Ricordare, pensare, immaginare la Shoah nella terza generazione , Carocci, 2008.
di Carlo Scognamiglio

Questo lavoro di Raffaella Di Castro rappresenta senza dubbio un’acquisizione importante non soltanto per la letteratura sulla Shoah, ma anche per la costruzione di una problematizzazione dei temi della memoria e della testimonianza, fortemente legati alla vicenda dello sterminio. L’obiettivo dell’autrice è quello di aprire uno squarcio in un territorio rischioso – e forse proprio per questo motivo finora inesplorato – della trasmissione della memoria, quello cioè inerente la “terza generazione” delle vittime, caratterizzate per un verso da una estraneità biografica a persecuzioni, deportazioni ed esecuzioni vissute dai loro nonni e genitori, ma al tempo stesso portatori di un duplice peso, quello di una memoria traumatica trasmessa per via parentale (a sua volta gravata da complessità, in quanto la seconda generazione conserva ricordi prevalentemente infantili della Shoah) e la percezione di un dovere di memoria nel contesto di progressiva scomparsa dei testimoni diretti.
Si tratta evidentemente di un’operazione difficile e scivolosa, poiché molte potrebbero essere gli spigoli contro cui urtare in un tragitto così costruito, ma l’autrice rivela una peculiare accortezza e correttezza formale nell’illustrazione del proprio metodo. Il libro è scritto, come dire, mediante ricorso a due registri contenutistici e stilistici. Il primo (non in ordine di collocazione ma di rilevanza nell’economia del volume), più interessante e sostanziale nella sua capacità di lasciare emergere contenuti nuovi, è costituito da una serie di interviste raccolte tra ebrei di “terza generazione” (tra cui anche l’autrice e sua sorella), dalle quali si prova a far emergere analogie tematiche e dunque gli elementi costitutivi di un profilo generazionale. Le interviste sono trascritte con cura e accostate con intelligenza, e restituiscono al lettore alcuni temi noti del dibattito sulla Shoah, illuminati da un singolare e finora non evidenziato punto di vista. I nuclei portanti di questi discorsi sono ben assimilati nella formula del “come se”, mediante la quale l’intervistato esprime il proprio vissuto personale, in termini di scavo nella memoria, attraverso un processo di identificazione con i propri genitori – ereditandone il trauma infantile – ma anche con il popolo ebraico in generale, in un modo assai rafforzativo dell’identità religiosa o etnica. In queste interviste emergono certamente utili elementi di riflessione, che non è necessario qui anticipare, ma probabilmente ciò che lo studioso della Shoah può di primo acchito riscontrare è la fioca presenza della riflessione leviana nelle parole degli intervistati. Sembra quasi, per certi versi, che il complesso ragionamento di Levi sulla “zona grigia”, sulla problematicità della relazione vittima-carnefice, che non confonde mai i due ruoli ma che serve a trasferire su un piano di importanza universale e meta-etnico il tema dello sterminio, sia debolmente sedimentata nella coscienza degli intervistati. Può sorgere l’impressione, che non è necessariamente esatta, di una forma di “semplificazione” generazionale, derivata dal trauma appreso e non-vissuto, e certamente dalla trasmissione affettiva infantile delle narrazioni, ma anche dall’aggancio parentale alla storia del proprio popolo, per cui più nitidi sembrano presentarsi i confini tra il bianco e il nero, e assai radicalizzate le identità.

Ma il libro contiene anche una sezione filosofica, in cui l’autrice tiene insieme quali supporti interpretativi del problema sollecitato, stretto tra il “dovere di memoria” e la traumaticità del ricordo, le riflessioni di Lévinas, Yerushalmi, Levi e Benjamin, con un punto d’appoggio forte nella psicoanalisi, ritenuta essenziale alla decifrazione del rapporto memoria-rimozione. Tuttavia questa parte presenta forse un limite stilistico nell’abuso della citazione, che se per un verso fornisce al lettore un’idea chiara della complessità del panorama bibliografico sul tema, per altro rende a tratti ostica la ricostruzione del punto di vista dell’autrice, la quale ha contribuito in ogni caso, con questo libro, ad arricchire quel panorama
PUBBLICATO IL : 21-05-2009

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