Che cos’era dunque la vita? […] era la spudoratezza della materia
diventata sensibile, era la forma impudica dell’essere […] turgore
fatto di acqua, albumina, sale e grassi, che si chiamava carne e diventava forma,
nobile immagine, bellezza, ma che nello stesso tempo significava compendio d’ogni
sensibilità e desiderio.
Citando Thomas Mann (La montagna incantata) Pievani sceglie di iniziare
il suo lavoro: Introduzione alla filosofia della biologia, scelta che porta
il lettore subito in re, di fronte al problema principale della vita:
fenomeno naturale a metà strada fra materia e forma, impossibile da definire
univocamente e con precisione in un campo piuttosto che nell’altro. La
biologia, ci dice apertamente Pievani, è chiamata a creare un orizzonte
di senso entro cui spiegare quel passaggio che dalla materia inorganica ci porta
a parlare di essere «vivente». In quanto tale la biologia è
dunque per definizione una scienza di confine, il cui oggetto sfuma e sfugge
alla definizione poiché rientra nel dominio delle leggi fisico-chimiche,
in quanto fenomeno naturale, ma al tempo stesso non può trovare in esse
una completa spiegazione. La “tentazione” di ricorrere all’aiuto
di un deus ex machina è forte, e non è un’ipotesi che appartiene
al passato, i recenti tentativi di equiparare l’insegnamento scolastico
dell’ipotesi “creazionista” a fianco di quella darwiniana,
come fossero due ipotesi scientifiche contendenti e di pari dignità,
parlano da sé. La complessità dell’oggetto di studio della
biologia invita pericolosamente a “scorciatoie” che introducono
elementi esterni di giustificazione epistemica. Altresì Pievani è
molto chiaro su tale argomento. La vita è sicuramente un elemento eccezionale
nel sistema naturale – da un punto di vista meramente termodinamico è
un po’ come se ci occupassimo di una piccola isola in oceano sconfinato.
Ma tale statuto eccezionale non è dovuto a “forze” dalla
dubbia provenienza. L’insegnamento di Darwin è stato quello di
volere dare ragione della materia vivente in un’ottica strettamente naturalista.
La selezione naturale, l’evoluzione, l’adattamento, sono concetti
che non richiedono per essere compresi alcuna intenzionalità o spiritualità.
L’indifferenza e inesorabilità della natura sono principi fondanti
della biologia, come del resto l’intero pensiero scientifico.
Pievani ha il pregio di mantenere salde tali caratteristiche durante la chiara
descrizione delle diverse ipotesi e dei relativi dibattiti che la filosofia
della biologia ha sostenuto e sotiene fino ad oggi “all’ombra di
Darwin”. Punto di forza di tale testo è proprio quello di presentare
al lettore la biologia, e il dibattito epistemologico che la riguarda, senza
oscurare i punti di più accesa contesa e discussione. Sebbene, in tempi
come questi, si possa correre il rischio di descrivere la scienza tralasciando
il suo pur inevitabile bagaglio di incertezza e discussione, per opporla a sistemi
culturali che al contrario fanno della stabilità e della quasi totale
assenza di dibattito i propri punti fondanti, Pievani non si lascia tentare.
Anzi egli ritiene che mostrare la discussione e il dialogo, anche se a volte
dai toni polemici, aspri e incandescenti, sia sintomo della buona salute della
biologia, di una sua fertilità epistemica. Senza alcun dubbio è
questo il modo migliore per introdurre il lettore, di qualsiasi livello culturale,
alla “frequentazione” del mos scientifico, al suo rigore
e alla sua coerenza che trovano giustificazione proprio nell’esigenza
del dialégesthai.
Dicevamo, prima, che la biologia è una disciplina di confine in relazione
al contenuto dei suoi studi, ma tale caratteristica emerge in tutto il suo peso
filosofico anche da un punto di vista formale e strutturale. Le scienze della
vita da un lato condividono le modalità teoriche delle scienze quali
la fisica e la chimica, cioè l’esigenza della misurazione, del
contare e calcolare i fenomeni analizzati, dall’altro non possono fare
a meno dell’elemento storico, di ricostruzione di fatti ed eventi a partire
da “documenti” frammentari e incompleti. La biologia non può
sperimentare in laboratorio “riavvolgendo” il tempo. Per tale disciplina
il flusso temporale è inesorabilmente orientato in una sola direzione.
Pievani mette in luce tale aspetto che costringe il biologo e il filosofo della
biologia a destreggiarsi contemporaneamente con due paradigmi epistemici: quello
matematico-scientifico e quello storico-indiziario. In biologia il dato scientifico
è al tempo stesso elemento di una storia della natura e di una misurazione
della natura. La riflessione filosofica è dunque mirata soprattutto nella
definizione dei pattern, delle configurazioni che la struttura della
storia naturale assume. La biologia è racconto scientifico che oscilla
fra contingenza e determinazione, fra una filosofia della storia “gradualista”
ed un’altra che vede l’evoluzione svolgersi secondo un equilibrio
punteggiato, fra una concezione lineare e riduzionista ed una sistemica e strutturalista.
Il lavoro di Pievani è dunque degno d’essere letto ed apprezzato
per la chiarezza della sua prosa, la ricchezza del materiale bibliografico che
permette un facile approfondimento delle tematiche affrontate. Ma soprattutto,
sebbene l’autore volesse scrivere soltanto una sintetica introduzione
ad alcuni temi di fondo della disciplina, dobbiamo considerare questo libro
come un ottimo esempio di comunicazione scientifica, come la possibilità
di guardare da una posizione privilegiata lo stato di una scienza ancora giovane
e in fieri e per questo piena di sfide per la razionalità umana.
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