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Ernst Cassirer, Vita e dottrina di Kant , La Nuova Italia, 1997.
di Fausto Fraisopi

Qualora si dovesse indicare un testo che sintetizzi magistralmente le problematiche genetiche e quelle più schiettamente teoretiche della filosofia trascendentale kantiana, il pensiero andrebbe subito al testo di Cassirer che qui presentiamo. L’opera, pubblicata come volume (XI) di commento e introduzione all’edizione completa delle opere kantiane curata dallo stesso Cassirer (Immanuel Kants Werke, In Gemeinschaft mit H. Cohen, A. Buchenau, O. Buek, A. Görland, B. Kellermann, O. Schöndörffer hrgb. von Ernst Cassirer, 11 Bände, Berlin 1912-1922), si propone essenzialmente due fini: il primo, quello di «mostrare una via che dalla periferia del sistema critico conduce al suo centro, dalla molteplicità delle questioni specifiche a una libera visione d’insieme comprendente il tutto del pensiero kantiano»; il secondo, quello «di non perdersi nella congerie dei problemi speciali che la dottrina di Kant presenta dovunque, ma quella di far risaltare in concentrazione energica il solo disegno del sistema e le grandi linee decisive della costruzione concettuale kantiana» (E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, p.3). Entrambi i fini risultano egregiamente conseguiti soprattutto nel caso in cui si legga l’opera cassireriana in itinere, nel difficile esercizio dello studio dell’opera kantiana, nel caso in cui non ci si ponga dinnanzi ad essa come quei lettori «che con Kant e con la sua dottrina credano di aver già finito» (Ibidem).
Ciò che conferisce, a nostro avviso, altra qualità al testo è non solo il lavoro filologico compiuto da Cassirer nell’edizione dei Immanuel Kants Werke che soggiace alla stesura del testo, ma l’apporto teoretico che l’opera conferisce alla riflessione di qualsiasi lettore, un apporto teoretico proveniente dall’intera opera cassireriana che in Kant individua uno dei suoi più importanti interlocutori, e, forse, proprio il suo interlocutore preminente.
Ciò tuttavia non impedisce all’autore di delineare di caratterizzare con perfezione stilistica la personalità di Kant, il suo carattere, l’approccio del filosofo di Königsberg al proprio studio e alla professione accademica di docente: «Qui non si può trattare – afferma Cassirer – della semplice narrazione di vicende e fatti esteriori; il vero fascino e la vera difficoltà consisterebbero nello scoprire e mettere in evidenza la ‘forma di vita’ che corrisponde a tale forma della dottrina». Infatti «il rapporto tra ‘forma di dottrina’ e ‘forma di vita’ in Kant non si può cogliere nemmeno come se la seconda fosse solo la portatrice, il recipiente passivo della prima». «Nell’esistenza di Kant – si aggiunge – non è solo il pensiero a sottomettere la vita a sé nel proprio contenuto oggettivo e nella propria ‘verità’ oggettiva; ma dalla vita, a cui dà la sua forma, esso riceve a sua volta la forma propria della vita» (Ibidem, p. 8). Proprio entro questi due termini, “forma di dottrina” e “forma di vita”, si snoda il percorso dell’analisi, scandito in sette lunghi ed approfonditi capitoli, di cui i primi due La giovinezza e gli studi e Gli anni di magistero e gli inizi della dottrina kantiana tendono a delineare tanto la genesi del pensiero critico attraverso il periodo “pre-critico” quanto della personalità del giovane Kant, affrontando quell’iter formativo che conduce il pensatore – e l’uomo – Kant alla formulazione del problema critico fondamentale.
Successivamente i capitoli che vanno dal terzo al sesto si impegnano a sviluppare i problemi intrinseci allo svolgimento della questione critica, quello della fondazione della conoscenza teoretica e della sua ricezione (capp. III e IV), quello della “costruzione dell’etica critica” (cap. V), quello, altrettanto fondamentale, del conferimento di un’unità architettonica ed intelligibile al sistema della filosofia trascendentale sviluppato nel decennio che intercorre tra il 1781, anno di pubblicazione della Critica della ragion pura, ed il 1790, anno di pubblicazione della Critica della facoltà di giudizio. L’ultimo capitolo, il settimo (Ultimi scritti e lotte) è dedicato all’esposizione dell’impegno kantiano nella difesa dell’autonomia del pensiero critico e nella ri-meditazione delle questioni teoretiche emerse dalla fondazione della conoscenza teoretica e dall’impostazione del problema sistematico.
Attraverso questa partizione dell’opera, l’evoluzione del pensiero kantiano nella sua prospettazione diacronica emerge nella sua unità sincronica intelligibile, nell’affinità tematica che accomuna i primi studi di Kant e gli ultimi sviluppi del suo pensiero, in particolare dell’interesse teoretico-scientifico e di quello etico-politico. Se infatti nel decennio critico Kant vive «in sé nel senso più pieno e profondo quello che anche ai più grandi di solito è concesso solo nei periodi felici della giovinezza e della maturità: l’ininterrotto crescere su sé stessi», l’interesse fondamentale del pensiero kantiano, ovvero quello di una configurazione enciclopedica del sapere, si sviluppa già nel cosiddetto periodo “pre-critico” e proprio attraverso questo stato di gestazione viene a conferire quell’impulso radicale che verrà a concretizzarsi nelle tre Critiche.
Il pensiero filosofico kantiano, che si accentra progressivamente nel concetto di umanità – non intesa in senso antropologico ma sostanzialmente cosmico (Cfr. ad esempio p. 492) – rinviene nell’esposizione cassireriana un’esposizione unica, coesa e nello stesso tempo agile, una guida conduttrice nello studio più che un’introduzione preliminare o un’opera conclusiva. Proprio in ciò, se ci è concesso, è possibile rinvenire l’aderenza del testo al proprio difficile oggetto ed impervio territorio, il pensiero critico, un’aderenza che si sviluppa soprattutto nel concetto di attenzione critica, nell’intenzione di non lasciare alcun aspetto del pensiero kantiano in ombra, intenzione che conferisce all’opera uno statuto sì problematico ma avvincente. In Vita e dottrina di Kant «si esplica infatti un possesso straordinariamente approfondito ed illuminante del testo kantiano che si manifesta non soltanto nel rigoroso controllo che le citazioni e i rinvii agli scritti di Kant esercitano sull’analisi dottrinale, ma specialmente in quella penetrazione onnilaterale del testo che si avverte, come il respiro stesso dell’indagine kantiana, presente in tutte le sottili giunture e le più articolate distinzioni della ricostruzione storica»(Ibidem, p. VIII (Presentazione di M. Dal Pra)).
Ciò che differenzia il testo da molti altri testi introduttivi, al di là della consistenza filosofica del proprio autore, consiste nell’educare il lettore al ritmo dell’argomentazione kantiana, al suo procedere sì deciso e poderoso, ma allo stesso tempo sempre problematico ed aperto, aperto a nuovi sviluppi ma soprattutto aperto a correzioni e ri-meditazioni di carattere radicale: ecco il motivo per cui il testo, come sostiene lo stesso Cassirer, risulta confacente a quei lettori che con Kant non abbiano già ‘finito’ ma che intessano con lui una discussione costante e crescente, che rivolgano al pensiero critico un’interrogazione radicale sì, ma sempre aperta alla propria stessa messa in questione. Il carattere sempre aperto della domanda, caratterizzando tanto il procedere filosofico kantiano – anche al di là dell’impostazione sistematica del pensiero critico – quanto l’esposizione cassireriana, educa il lettore e lo studioso nel difficile compito di ricondurre l’evoluzione diacronica del pensiero del filosofo di Königsberg all’interno dell’ampio orizzonte di questioni che la filosofia critica coinvolge e sviluppa: un tale compito, infatti, consente di far interloquire le istanze della filosofia kantiana, tanto a livello teoretico-gnoseologico quanto a livello morale-politico sia con l’epoca in cui vengono proposte e con la quale si pongono in discussione, sia con le istanze avanzate dal pensiero occidentale nella sua interezza.
Il “continuo crescere su sé stessi” del pensatore e dell’uomo Kant conduce e costringe il lettore della sua opera a proiettare tanto prospettivamente quanto retrospettivamente l’importanza della questione fondamentale del pensiero critico “Come sono possibili giudizi sintetici a priori?” sia al suo periodo di gestazione sia al periodo in cui essa subisce, se non una radicale deviazione, senz’altro un notevole ampliamento. Proprio nei costanti e sapienti rimandi all’intera opera kantiana, Cassirer induce nel lettore la necessità di questa duplice operazione, ponendo in rapporto, ad esempio, la Critica della facoltà di giudizio con la Storia universale della natura e teoria del cielo, il problema etico della Critica della ragion pratica con quello della Nova dilucidatio ecc.: «Nella delineazione della dottrina kantiana – afferma Dal Pra – il Cassirer si attiene ad un criterio evolutivo che, pur nell’indicazione di alcuni elementi problematici, configura la fase pre-critica del pensiero di Kant come tutta raccolta nel rilievo degli elementi destinati a dare evidenza, nella loro fusione creativa, al pensiero critico» (Ibidem, p. XIII ).
In questa esposizione, come ovvio, la Critica della ragion pura assume il ruolo di spartiacque del pensiero critico, divisibile, senza particolari perplessità, tra una periodo ante Criticam e un periodo post Criticam. Ciò, tuttavia, non esenta il biografo e lo studioso di Kant da profonde problematiche interpretative: «Quanto pur valga anche per i grandi pensatori il detto che lo stile è l’uomo, già a questo riguardo la Kritik der reinen Vernunft pone il biografo di Kant di fronte a un arduo problema. Infatti il mutamento di stile più profondo e radicale di quello che si compie in Kant nel decennio fra il 1770 e il 1780, la storia della letteratura e della filosofia non lo presenta in nessun luogo». Ammesso tutto questo, nel capitolo III (uno dei più riusciti capitoli dell’opera insieme al VI), in cui Cassirer affronta il difficile onere di esporre un cambiamento che non è solo stilistico ma anche e soprattutto speculativo, il lettore dispone di un contributo allo stesso tempo stilisticamente elegante – cosa assai difficile considerando l’oggetto in questione – e teoreticamente fondamentale per la comprensione della svolta del pensiero kantiano. Analogamente il capitolo sulla terza Critica, il sesto, ripropone, forse come nessuno aveva fatto da Hegel in poi, sia i problemi della terza critica in particolare, sia i molteplici problemi del pensiero critico che in essa convergono, in una chiave di lettura insolita per la letteratura kantiana, ma proprio per questo eloquente: l’istanza di sistematicità del sistema della filosofia trascendentale. Tale chiave di lettura, infatti, laddove non sia unilateralmente immedesimata al tentativo di unificazione di “natura” e “libertà”, fornisce la chiave di lettura fondamentale – a nostro modesto avviso – del tentativo kantiano di interrogarsi su- , ed interrogare la rappresentazione in genere, un tentativo che nell’istanza di sistematicità ritrova la necessità di pervenire ad una interrogazione radicale circa la natura rappresentativa del pensiero, circa quell’entità difficile e sfuggente che si colloca sotto il concetto di Vorstellung.
Allora non stupisce il fatto che proprio Cassirer, autore, fra l’altro, della grande Filosofia delle forme simboliche, sviluppi questa sensibilità nei confronti del pensiero kantiano, che, pur restando sempre aperta ad un’esposizione “didattica”, la arricchisce ed arricchisce il suo studio con spunti altamente teoretici e consente, soprattutto, di accentrare l’intero problema della filosofia critica sulla problematicità del rapporto tra metafisica e ontologia.

PUBBLICATO IL : 01-01-2005

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