www.giornaledifilosofia.net

Vittoria Franco, Bioetica e procreazione assistita. Le politiche della vita tra libertà e responsabilità , Donzelli, 2005.
di Francesco Saverio Trincia

E’ opportuno non occultare la differenza delle motivazioni filosofiche che sottostanno alla posizione degli abrogazionisti della legge sulla fecondazione assistita. Da differenti risposte teoriche alla domanda “Che cosa è inaccettabile e va quindi corretto nella legge?” discendono scelte pratiche diverse. Il libro di Vittoria Franco, Bioetica e procreazione assistita, Donzelli 2005, denuncia la natura “vessatoria” e ”anacronistica” di una legge lontana dal sentire comune, e respinge “le scelte illiberali che mortificano il pluralismo etico”. La strategia argomentativa del libro consiste tuttavia nel delineare - sul piano della riflessione teorica che evoca problemi etici - una prospettiva che ritiene decisivo l’approccio politico al tema di una legge sulla fecondazione diversa dalla attuale. Tale presa di posizione ‘politicistica’ fa della problematica bioetica dell’origine della vita una questione il cui vocabolario è programmaticamente sottratto al piano dei principi morali, e che trova una soluzione accettabile e “ragionevole” nel punto di incontro e di compromesso tra posizioni politiche portatrici di visioni etiche diverse. La scelta teorica di ridurre il ruolo della morale nella questione della fecondazione assistita, ossia di ridimensionare lo spazio della volontà e della coscienza individuale libera che volta per volta compie la sua scelta, suscita non irrilevanti perplessità. Deve essere mantenuto fermo, infatti, il principio che la legge non impone un’etica e non mira dunque neanche a far depositare nel testo di cui si compone un compromesso tra etiche diverse, come accadrebbe qualora si sgombrasse il campo dalla decisione morale (in senso kantiano) che chiede alla legge soltanto di consentire a tutti il libero esercizio della propria libertà di scelta. L’autrice propone invece che si vada “oltre la libertà di coscienza”, in quanto ritiene che lo sviluppo della bioingegneria abbia profondamente mutato non l’ambito delle scelte morali (ciò su cui sarebbe difficile dissentire), ma abbia sconvolto ogni base morale e giuridica, dissolvendo “certezze consolidate”. Questa tesi tuttavia, sembra confondere la “morale”, ossia l’autonomia e la libertà della volontà razionale, che non muta con la trasformazione delle condizioni storiche e culturali della scelta, con l’“etica”, intesa come modo infinitamente vario del comportamento privato e pubblico, che perciò si declina al plurale e richiede compromessi legislativi. Il legislatore liberale non trasferisce nella legge una determinata concezione etica e neanche un compromesso tra etiche, perché non ha di mira un certo obiettivo etico cui i cittadini debbano conformarsi. Le etiche, ossia i comportamenti diversi (quello di chi accetta come quello di chi non accetta la bioingegneria riproduttiva), sono certamente destinati ad essere resi compatibili in un testo di legge. Ma il principio razionale della libertà di coscienza deve costantemente presiedere al compromesso politico ragionevole che va comunque perseguito. Perché ciò accada, il legislatore dovrebbe seguire quella voce originaria della propria coscienza morale che gli impone di rispettare nei cittadini fruitori della legge la possibilità che la coscienza di ciascuno resti libera di scegliere. Se si assegna questo significato originario al principio della libertà di coscienza, dovrebbe essere considerato pericoloso l’andare “oltre” rispetto ad esso. E’ giusto sapere, far sapere e decidere che cosa “in coscienza” ciascuno ritenga giusto fare. Ma la condizione trascendentale di questa libertà per qualcosa e contro qualcosa d’altro è che ciascuno scelga formalmente sulla base della sua coscienza. La coscienza trascendentale non dovrebbe essere confusa con la coscienza empirica. Solo così, ossia solo in quanto il principio “morale” originario venga tenuto fermo, le diverse scelte “etiche” potranno coesistere e rispettarsi reciprocamente. E’ importante evocare nella riflessione sulle questioni bioetiche la “filosofia del dialogo” di Guido Calogero, come fa l’autrice. Ma lo è altrettanto chiedersi se non vi sia un “principio” del dialogo che non può essere negato nel e dal dialogo stesso. E se, quando il ‘dialogo’ legislativo si deposita in un testo finale di legge, non possa mai venir meno il “principio” della uguale dignità delle scelte morali, sul quale nessun compromesso dovrebbe intervenire.

[Questa recensione è stata pubblicata su "il Riformista" del 9 giugno 2005]

PUBBLICATO IL : 19-06-2005

Giornaledifilosofia.net è una rivista elettronica, registrazione n° ISSN 1827-5834. Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli. Unica condizione: mettere in evidenza che il testo riprodotto è tratto da www.giornaledifilosofia.net.

Condizioni per riprodurre i materiali --> Tutti i materiali, i dati e le informazioni pubblicati all'interno di questo sito web sono "no copyright", nel senso che possono essere riprodotti, modificati, distribuiti, trasmessi, ripubblicati o in altro modo utilizzati, in tutto o in parte, senza il preventivo consenso di Giornaledifilosofia.net, a condizione che tali utilizzazioni avvengano per finalità di uso personale, studio, ricerca o comunque non commerciali e che sia citata la fonte attraverso la seguente dicitura, impressa in caratteri ben visibili: "www.giornaledifilosofia.net". Ove i materiali, dati o informazioni siano utilizzati in forma digitale, la citazione della fonte dovrà essere effettuata in modo da consentire un collegamento ipertestuale (link) alla home page www.giornaledifilosofia.net o alla pagina dalla quale i materiali, dati o informazioni sono tratti. In ogni caso, dell'avvenuta riproduzione, in forma analogica o digitale, dei materiali tratti da www.giornaledifilosofia.net dovrà essere data tempestiva comunicazione al seguente indirizzo (redazione@giornaledifilosofia.net), allegando, laddove possibile, copia elettronica dell'articolo in cui i materiali sono stati riprodotti.