Spesso oggi il pensiero di Bolzano si vede chiamato in causa a fondamento del progetto, propriamente moderno, di un'ontologia formale, al quale lo sviluppo della matematica formale (liberata
dal giogo del riferimento alle figure o alle grandezze) e della logica matematizzata ha fornito
un nuovo inizio. Il fatto che l’autore non abbia contribuito di poco a questo duplice sviluppo
nutre certamente un tale tentativo di avvicinamento. Alcuni dei suoi enunciati sulla matematica e
la concezione che Bolzano ha potuto farsene col tempo, nella continuità con Leibniz, a un certo
punto del suo pensiero, possono anche confortarlo.
C'è tuttavia una vera “ontologia formale” in Bolzano? Questa stessa nozione può avere un
senso nel contesto del suo pensiero?
Può essere qui ricordata la messa in guardia di Husserl, in Logica formale e logica trascendentale,
secondo cui Bolzano non avrebbe “visto la distinzione tra la forma vuota di qualcosa in
generale presa come genere supremo, che si differenzia in quanto forma formale vuota, e la regione
universale dell’esistente (Daseiendes) possibile (del reale [des Realen] nell’accezione più
larga), regione che si differenzia in regioni particolari”.
Nel suo libro sull'ontologia formale, Frédéric Nef scrive che una tale critica è “più interessante
per la concezione husserliana dell'ontologia formale che essa tradisce che per ciò che essa dice
di Bolzano”. Ed è vero che una tale critica riflette certamente la concezione che Husserl sviluppa,
in questo momento del suo pensiero (1929), dell'ontologia formale, cioè una concezione trascendentale, in cui le operazioni della coscienza prescrivono la forma stessa dell'essere e possono,
nella loro astrazione, conferirgli un carattere “formale”. Essa è tuttavia ingiustificata? Non ci dice veramente nulla su Bolzano? Non ne siamo sicuri, come non siamo sicuri, da parte nostra,
che Husserl abbia ragione nel dibattito che l’oppone qui a Bolzano, che verte sulla possibilità di
sapere se ci sia bisogno di una ontologia formale, o, in ogni caso, se quella possa avere una portata
non locale (e render così conto, ad esempio, di altro dai soli mathematica). Ma noi pensiamo,
al contrario, che Husserl abbia ragione su un punto storico, e più precisamente sulla diagnosi
dell'assenza di ontologia formale in Bolzano, non solamente nel senso in cui lui l'intendeva
all'epoca, ma anche nel senso in cui la si potrebbe intendere al giorno d'oggi, cioè come una dottrina
che faccia fronte all’essere formale nel senso proprio del termine − e ciò in un senso non
necessariamente fondato dalla coscienza, ma anche “reale”. Sia che si adotti il punto di vista trascendentale
sia che si adotti il punto di vista realista in logica, non c'è comunque “ontologia
formale” in Bolzano ed il suo pensiero non reca testimonianza del genere di articolazione del logico
e dell'ontologico che si incontra abitualmente sotto quest'etichetta, nella sua stessa diversità.
Su questo punto Husserl, fine storico della filosofia del suo tempo, ci insegna più su Bolzano
di quanto non facciano le ricostruzioni moderne. Tutto il problema è, in seguito, di ricalibrare la
posizione di Bolzano, nella sua originalità ben messa in evidenza da Husserl, ma cambiando prospettiva...
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