Abstract - La realtà si presenta strutturata sulla base di enti classificabili come oggetti particolari, proprietà, relazioni e stati di cose (fatti). Secondo un punto di vista che potremmo chiamare universalismo, difeso autorevolmente negli ultimi decenni da D. M. Armstrong, le proprietà e le relazioni sono universali, ossia sono capaci di essere oggettivamente condivise, a differenza dei particolari, da enti distinti e quindi di occorrere in un certo senso in luoghi diversi nello stesso momento. Inoltre, esse sono capaci di combinarsi con oggetti in modo da generare stati di cose, intesi come enti complessi. Secondo un approccio rivale, il tropismo, difeso in tempi recenti da filosofi quali K. Mulligan, P. Simons, B. Smith e K. Campbell, le proprietà e le relazioni sono invece enti particolari, semplici e astratti, detti tropi, che possono essere condivisi solo nel senso che alcuni di essi, pur appartenendo a oggetti diversi, possono somigliarsi. I tropi sono considerati in grado di svolgere la funzione attribuita nell’universalismo agli stati di cose intesi come enti complessi. Entrambi gli approcci possono sposarsi a due diverse teorie sulla natura dei particolari concreti (quali tavoli, sedie o anche atomi ed elettroni). La prima li vede come sostrati irriducibili alle loro proprietà e la seconda come fastelli di proprietà. Senza la pretesa di avanzare argomentazioni decisive, verranno addotti alcuni motivi che inducono a propendere per l’universalismo e la corrispondente teoria sostratista dei particolari concreti, per poi concentrarsi su uno specifico problema che l’universalismo deve affrontare, quello dell’unità dei complessi, dal quale emerge il famoso regresso di Bradley. Verrà infine prospettata una soluzione a questo problema, l’infinitismo dei fatti, che verrà difesa da alcune possibili obiezioni.
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