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L'occhio, la mano e la voce Una teoria comunicativa dell’esperienza umana
di Alberto Gualandi

 

Introduzione

Presentiamo per la prima volta qui i risultati di un progetto di ricerca, sviluppato in alcuni lavori preparatori e confluito in un’ampia tesi di dottorato, discussa nell’aprile 2008 presso l’Università di Urbino, dal titolo L’occhio, la mano e la voce. Una teoria comunicativa dell’esperienza umana.

1. Ambiti di ricerca e tesi fondamentali

L’occhio, la mano e la voce è suddiviso in sette capitoli preceduti da un’introduzione, ed è indirizzato a tutti coloro che hanno a cuore i problemi teorici ed epistemologici che si profilano all’orizzonte del dibattito contemporaneo sull’essere umano e la sua, ambigua e contraddittoria, condizione naturale-culturale. Esso si addentra nei nodi di convergenza e intersezione di numerose discipline e teorie che, nell’enciclopedia attuale delle scienze e della filosofia, sono ancora soggette a rigide compartimentazioni: estesiologia fenomenologica e neurobiologia, psicologia ecologica e teorie cognitive della metafora e della sinestesia, dottrine dell’immaginazione e dello schematismo trascendentale e teorie neurobiologiche dell’exaptation cognitiva, audio-fonologia e teorie dell’autismo e della schizofrenia, teorie della lateralizzazione cerebrale e paleoantropologia, genetica dello sviluppo e teoria dell’eterocronia, fenomenologia dell’esperienza prelinguistica e teorie filogenetiche e ontogenetiche dell’evoluzione linguistica, teoria dei geni regolatori e antropobiologia. Il filo conduttore che unisce questi diversi ambiti di ricerca è tuttavia semplice. Esso è rappresentato da due concetti strettamente interconnessi: il concetto antropobiologico di accelerazione/rallentamento individuativo (ovvero di «eterocronia neotenica»), e il concetto di struttura comunicativa dell’esperienza umana. Mentre il primo concetto ci suggerisce che l’uomo è un primate che «nasce un anno troppo presto» e che sovrespone il proprio cervello plastico e prematuro a un ambiente sociale e naturale per un periodo di sviluppo estremamente lungo, il secondo concetto ci indica che l’essere umano può compensare gli svantaggi procuratigli da tale condizione «ultraneotenica» soltanto stabilendo una relazione comunicativa con se stesso e con il mondo. Grazie a tale relazione comunicativa, l’occhio e la mano, l’orecchio e la voce giungono a intrattenere delle relazioni intersensoriali e sinestetiche, indisponibili per ogni altro animale, che sono alla base, da un lato, della singolare struttura metaforica dell’esperienza umana e, dall’altro, della struttura proposizionale su cui si fonda il logos deliberativo dell’«animale razionale». Proposti nella loro interconnessione teorica alla metà del secolo scorso da uno dei fondatori dell’antropologia filosofia tedesca, Arnold Gehlen, questi concetti trovano numerose conferme nelle più attuali discipline biologiche, neurobiologiche e cognitive, ma offrono soprattutto all’uomo contemporaneo uno specchio teorico, ampio e sistematico, su cui riflettere la propria immagine enigmatica e sfuggente, la sua «eterna alterità a se stesso e al mondo». Ne consegue una concezione della temporalità umana – della sua storia, preistoria e «postistoria» – che aggira la distinzione tradizionale tra Naturwissenschaften e Kulturwissenschaften, e che getta nuova luce sulla condizione dell’uomo nell’epoca post­moderna.

 

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PUBBLICATO IL : 24-06-2010


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