La questione ontologica, nel pensiero di Nicola Cusano, può essere analizzata e compresa a partire dalla tematica relativa alla “potentia” divina. Nel sistema filosofico del Cardinale di Kues, infatti, il concetto stesso di “essere” viene inteso alla stregua di quello di “contractio Dei” – laddove con quest’ultimo dobbiamo intendere una “produzione intrinseca” (un “effetto”, dice Cusano) del principio divino originario dell’universo. Ogni “ente”, per Cusano, è non altro che una contrazione determinata del divino Infinito. Tutto ciò che è, è contrazione del principio. Nel concetto cusaniano di contractio è perciò espressa – e fondamentalmente ripensata – la quaestio della potentia divina e, con essa, rapporto tra Dio e universo. Se dunque “essere”, in Cusano, equivale a “contractio”, e questo concetto consiste in una peculiare visione della potenza divina, al fine di chiarificare lo statuto della questione ontologica di questo pensatore occorre procedere tramite una osservazione di tale problematica all’interno del suo pensiero.
La visione di Dio propria in ultima analisi di Cusano porta con sé un radicale abbandono dell’idea che vede una opposizione-estraneità fra il principio e il creato. L’universo, nelle implicazioni più radicali della parola filosofica cusaniana, è infatti non altro che la modalità del principio: la explicatio di quella medesima realtà che nel principio si dà come complicatio. Questo è ciò che Cusano definisce “contrazione”. Con il pensatore di Kues, il pensiero europeo – come già accaduto, ad esempio, con Giovanni l’Eriugena e con Eckhart – concepisce i concetti di Dio, natura e universo come aventi una unità ontologica sostanziale, differendo in un senso squisitamente modale. L’esito della riflessione cusaniana è una lucida, per quanto problematica, presa di coscienza di un rapporto inscindibile e non contingente fra Dio e l’universo – Dio essendo la struttura intrinseca della natura, il suo “potere”. Questa concezione teologico-filosofica possiede il suo nucleo nella definizione ultimativa che il Cardinale teorizzò riguardo Dio: posse ipsum. Dio è il potere stesso[1]. È quest’idea a portare fondamentalmente con sé il radicale ripensamento del rapporto fra i concetti di Dio e universo in una prospettiva di unità ontologica. La teorizzazione del principio divino quale potere stesso, di un Deus sive potentia, è strettamente connessa con la reinterpretazione e il superamento di un filosofema variamente utilizzato dalla speculazione medievale per rispondere a un paradosso teologico essenziale.
Il filosofema di cui parlo consiste nella cosiddetta distincitio potentia ordinata/potentia absoluta, che Cusano, in un costante dialogo con la tradizione, riprenderà, mutandola nei termini e superandola nella sostanza. La mutazione terminologica cusaniana consiste nell’uso che egli fa dei concetti di matrice chartriana explicatio/complicatio e contractio, declinando in maniera originale, e in contrasto con la prospettiva scolastica, fondamentali posizioni neoplatoniche. Il superamento sostanziale di Cusano consiste invece nel teorizzare un Dio quale potere-stesso. La distinctio potentia ordinata/potentia absoluta è di fatto uno strumento speculativo, variamente utilizzato da differenti autori nel corso di alcuni secoli, per rispondere a un paradosso teologico essenziale. Tale paradosso è quello che consegue dalla concezione di un Dio inteso come principio personale, onnipotente...
[1] Cfr. Nicola Cusano, De apice theoriae, Hamburgi 1982.
Tutte le citazioni da Cusano saranno tratte dall’edizione di Heidelberg dell’Opera Omnia in XXII volumi, iussu et auctoritate Academie Litterarum Heidelbergensis ad codicum fidem edita (ed. Meiner), 1932 sgg.
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