La prospettiva è il sistema corretto di rappresentazione dello spazio. Apparentemente non c’è niente di più ovvio e, infatti, per cinque secoli -da quando la prospettiva è stata scoperta (o forse riscoperta) nel Rinascimento- nessuno l’ha mai messo in dubbio. A partire dal famoso lavoro del 1927 di Erwin Panofsky La prospettiva come forma simbolica questa ovvietà è improvvisamente sembrata indifendibile e da allora una lunga schiera di importanti studiosi si è confrontata in un dibattito che continua ancora oggi. Tra i numerosissimi contributi che storici, filosofi, critici d’arte, psicologi e persino ingegneri hanno portato alla discussione mi permetterei di discuterne uno che è a mio avviso esemplificativo anche se datato. È il contributo di uno dei più noti pensatori del Novecento, Nelson Goodman, in un uno dei libri più citati, e a mio parere più interessanti, per quel che riguarda le questioni di estetica, Languages of art. Si tratta certamente di poche pagine, collocate nel primo capitolo, Rifare la realtà, ma, a miei occhi, sono pagine estremamente interessanti: trovo infatti significativo che un pensatore così autorevole possa prendere una posizione che sembrerebbe, perlomeno in certi passaggi, palesemente errata, e per di più trent’anni dopo la pubblicazione di La prospettiva come forma simbolica, quando ormai erano stati riconosciuti da più parti gli equivoci in cui era incappato un studioso geniale come Panofsky. Aggiungo poi, a motivare ulteriormente il mio interesse, che Goodman elabora contro la correttezza della prospettiva un argomento piuttosto originale e insidioso che non è stato molto discusso, nonostante la fama del suo autore. Infine un ultima premessa, per tutelarmi. Il libro di Goodman persegue una strategia argomentativa il cui scopo dichiarato è quello di “impostare una teoria generale dei simboli” a proposito della quale non mi pronuncerò -perché non sono adeguatamente competente- e ha di mira una serie di obbiettivi teorici che non prenderò affatto in considerazione. Le sue osservazioni sulla prospettiva si collocano, ovviamente, nell’ambito di queste strategie argomentative e sono funzionali a questi obbiettivi teorici. Dichiaro allora fin da subito che rispetto a quelle e rispetto a questi le critiche che propongo qui non sono rilevanti. La tesi di Goodman è esplicita: la prospettiva non è affatto il sistema corretto di raffigurazione dello spazio; non è un metodo, oggettivo e dato una volta e per sempre, per rendere la profondità su una superficie bidimensionale; non è una tecnica di raffigurazione saldamente fondata sulla conformazione del nostro occhio e sulle leggi della fisica; e non è universale, come è universale il vedere. Lungi dall’essere tutto ciò, la prospettiva è un prodotto culturale, una convenzione, legata ad un certo modo di sentire e di pensare, comprensibile solo all’interno di un determinato codice di interpretazione e dunque totalmente storica, totalmente contingente...
Leggi l'articolo in formato PDF |