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Genesi e composizione della Critica del capire di Luigi Scaravelli
di Massimiliano Biscuso

Sommario: Il saggio tenta di ricostruire, valendosi dello studio delle carte postume e dell’epistolario, in parte ancora inedito, la genesi e le vicende della composizione della Critica del capire, il capolavoro di Luigi Scaravelli. Apparso nel novembre 1941, il libro era stato però iniziato almeno un decennio prima, sotto l’impulso di esigenze teoretiche emerse durante un lavoro su Platone condotto dal filosofo fiorentino nella seconda metà degli anni Venti e mai portato a termine. La ricerca mostra le difficoltà di Scaravelli nella stesura dell’opera, difficoltà dovute sia a ragioni estrinseche (malattie e impegni di lavoro), sia soprattutto a ragioni intrinseche, che lo convinsero a rinunciare ad una conclusione «positiva» e ad attestarsi su una posizione rigorosamente «critica». Originariamente concepita in otto capitoli, la Critica del capire subirà nel corso della composizione una progressiva concentrazione degli argomenti, che dà ai cinque capitoli di cui si compone un ritmo serrato e che ne rende ardua la lettura.
Indice: 1. Introduzione p. 2 / 2. Gli studi platonici e la genesi della Critica del capire p. 3 / 3. La “prima stesura” p. 5 / 4. 1934-35: crisi e ripresa p. 9 / 5. 1936-38: l’impossibile conclusione positiva p. 12 / 6. 1938-41: la stesura finale p. 14 / 7. Considerazioni conclusive p. 16
Prima pagina:

1. Introduzione

La catalogazione delle carte postume di Luigi Scaravelli concernenti la Critica del capire ed il recente rinvenimento delle lettere a Guido Calogero e ad Ernesto ed Anna Maria Codignola, permettono di tentare una prima ricostruzione della genesi e della lunga elaborazione del capolavoro teoretico del filosofo fiorentino. Si tratta, è bene avvertire subito il lettore, di una prima proposta di ricostruzione, che necessiterà, a chi vorrà dedicarvisi, di un accurato studio delle carte postume, qui utilizzate ancora parzialmente, e che nuovi ritrovamenti di carteggi e documenti potranno arricchire e correggere nei molti punti dove ho potuto avanzare solo congetture ed ipotesi.

2. Gli studi platonici e la genesi della Critica del capire

Durante la stesura del lavoro su Platone – nato da «una prefazioncina a un dialogo» (lettera del 17.3.41; LF 169) e in seguito allargatosi prima a uno «studio sul concetto di arte secondo Platone» e poi «in un saggio sul problema delle passioni nel pensiero platonico» (CLS 153) –, stesura da collocarsi nella seconda metà degli anni Venti, si affaccia il desiderio di lavorare sul problema del giudizio storico (lettera del 24.1.26; LF 46). Questo desiderio nasce da una precisa esigenza teoretica: «presentare Platone come un vero e pieno pensatore, e non come uno “spicchio” dello spirito, o una “tappa” di esso, o un “germe” inconsapevole della propria forza dinamica e della ricchezza accumulata nel proprio seno» (RM 96).
L’esigenza si tradusse nella stesura di «appunti, da mettere in appendice al lavoro su Platone» con il titolo «saggio sul giudizio storico» (RM 96). Si trattava, come ricorda Scaravelli nel suo prezioso Curriculum, di «esaminare da vicino le basi di quei metodi storiografici» (CLS 153) che riducevano appunto Platone a qualcosa di valido per tempi ormai superati: la dialettica hegeliana e il giudizio sintetico kantiano. Il «breve lavoro» che Scaravelli aveva in mente di stendere «avrebbe avuto per titolo “Saggio sul giudizio storico”». Ma poiché la struttura tradizionale del giudizio non era valida per il compito di cogliere ogni filosofo nella sua pienezza di pensiero, il lavoro divenne «una “critica del giudizio storico”» (CLS 154). Sostanzialmente concorde con questa testimonianza è la Risposta a Masnovo: «Quegli appunti di metodologia storiografica che contavo mettere in appendice al lavoro su Platone mi si allargarono allora ad un saggio sulla concezione del reale come spirito»; mentalmente il titolo del lavoro diventa Critica della storiografia prima e poi Critica del reale come storia (RM 100).
Nelle ricostruzioni che Scaravelli propone del proprio itinerario speculativo, il Curriculum e la Risposta a Masnovo, il filosofo fiorentino non fa cenno però ad altri due lavori su Platone, che andava preparando o almeno abbozzando nelle linee fondamentali tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta: un saggio sul Parmenide, di cui parla nella lettera a Fossi del 20.7.1929 (LF 51-2), ed uno sul Sofista, cui farà cenno retrospettivamente in una lettera alla moglie risalente al dicembre 1941. Lo studio dei dialoghi dialettici aveva probabilmente stimolato l’attenzione sul problema della contraddizione, della contrarietà e della distinzione, cioè degli opposti.

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PUBBLICATO IL : 13-12-2006
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