Dialogo della natura e di un islandese Eudemonismo e naturalismo in Giacomo Leopardi |
di Antonio Di Meo
| Sommario: Le posizioni di filosofia morale che Giacomo Leopardi sostiene nella celebre ‘operetta’ Dialogo della Natura e di un Islandese vengono esaminate attraverso un confronto diretto con le idee presenti nella storia naturale del XVIII secolo e degli inizi del XIX. Da questo confronto risulta come il pensiero leopardiano sia radicalmente diverso da quello dei naturalisti e dei filosofi della sua epoca, ivi compreso D’Holbach, di cui l’operetta sembra essere piuttosto una ironica e decisa presa di distanza | Indice: 1.- Il dialogo come "esperimento mentale" pg.2 / 2.- Le due filosofie, pg.3 / 3.- Individualità e parzialità, pg. 5 / 4. - La relazione parte/tutto, pg.9 / 5.- Assoluto/relativo
, pg. 11 / 6.- Naturalismo vs eudemonismo. Perché un Islandese ?Leopardi, pg. 12 / 7. - La Natura, pg. 24. | Prima pagina: Il Dialogo della Natura e di un Islandese può essere considerato un ‘esperimento mentale’. La narrazione, in effetti, procede inizialmente attraverso un processo progressivo di astrazione da un certo tipo di ‘circostanze’ ambientali allo scopo di far agire allo stato puro i protagonisti dell’esperimento stesso e rivelare così il nucleo di pensiero che, nel 1824, Leopardi vuole far conoscere nel campo della filosofia morale, in particolare nel campo della teoria della felicità. Nell’operetta agiscono due protagonisti - un essere umano-individuo e la Natura nella sua totalità e nella sua condizione di massima attività –, che fanno sì che in essa vengano coinvolte apertamente e di necessità tematiche che rientrano anche nel campo di pertinenza sia della filosofia scientifica che della scienza stessa dell’Età moderna. Anzi si può dire, come vedremo, che in Leopardi l’intreccio fra problematiche scientifiche, filosofiche e morali è strutturale e permanente, poiché, tra l’altro, esse sono fortemente presenti nelle elaborazioni stesse dei filosofi moderni della Natura. Del resto, in questa come in altre opere, Leopardi non tratta della Natura e dell’uomo in maniera generica ma attraverso un’analisi spesso molto precisa e dettagliata di ciò che le scienze della sua epoca affermavano su di essi e sui loro rapporti, magari per rovesciarne alcuni significati correnti. Così facendo Leopardi non separa il fisico dal morale, come sostiene egli stesso in un pensiero del 21 ottobre 1823, ma comprende entrambi nel naturale (cioè nel fisico); e ciò non solo perché - come molti filosofi e naturalisti sostenevano - la distinzione era fittizia in quanto riducibile a quella fisiologica degli organi che soprintendevano all’una e all’altra funzione – e in questo senso tutto era fisico – ma perché quest’ultimo, secondo Leopardi, doveva essere inteso in un senso estensivo come “tutto ch’esiste o può esistere o può immaginarsi” (Zibaldone, 3748), dove l’allargamento del naturale all’immaginabile fa comprendere nel primo i prodotti della stessa fantasia, cioè qualcosa che va al di là dell’organico, del ‘biologico’, e fa intravedere la possibilità di una posizione immanentistica rispetto ai prodotti del pensiero umano ... |
Continua la lettura scaricando il testo in formato PDF |
|
|
| |