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Cartesio, in Italia, a cavallo della metà del Novecento
di Giuseppe D'Acunto

Sommario: L’articolo di Giuseppe D’Acunto propone la rilettura di alcuni importanti studi sulla filosofia di Cartesio. Si tratta di saggi pubblicati in Italia, per lo più in forma di volume, negli anni Trenta e Quaranta. A metter mano all’interpretazione della filosofia che da Hegel era stata indicata come il punto d’inizio del pensiero moderno furono Francesco Olgiati, Gallo Galli, Pantaleo Carabellese, Armando Carlini e Luigi Scaravelli. Riflettere sul significato della filosofia cartesiana, che tanto aveva innovato la prospettiva filosofica, significava più o meno direttamente fare i conti con l’esito idealistico che l’evoluzione di quel pensiero aveva avuto e che nell’Italia di quegli anni assumeva le sembianze del neoidealismo soprattutto gentiliano. D’Acunto si mantiene nei limiti della restituzione dei punti salienti di quelle interpretazioni e infine mette a confronto gli elementi più significativi delle letture dei primi quattro filosofi con quella di Luigi Scaravelli, alla quale l’autore dedica in special modo la sua attenzione.
Indice: Indice: 1. Francesco Olgiati p. 2 / 2. Gallo Galli p. 5 / 3. Pantaleo Carabellese p.6 / 4. Armando Carlini p.10 / 5. Luigi Scaravelli p.11.
Prima pagina: 1. Francesco Olgiati Tra gli studiosi italiani di Cartesio, attivi a cavallo della metà del secolo scorso, da ricordare sono, soprattutto, cinque nomi: Francesco Olgiati, Gallo Galli, Pantaleo Carabellese, Armando Carlini e Luigi Scaravelli. Nel riferire le linee-guida dell’interpretazione del pensatore francese avanzata da ognuno di essi, assumeremo l’ultimo nome come centro unificatore della nostra esposizione, sia per dare ad essa una carattere più sistematico, sia perché – a nostro avviso – è proprio in Scaravelli che, in Italia, nel lasso di tempo in questione, la lezione di Cartesio giunge alla sua massima consapevolezza critica. La nostra breve ricognizione non può che prendere le mosse – perché primi, in ordine di tempo – dai due lavori di Olgiati. Essi sono concepiti in stretta connessione l’uno con l’altro, nel senso che, se il primo intende fornire un’introduzione generale a Cartesio, presentando l’«idea centrale ed unificatrice» del suo pensiero, il secondo intende, invece, esporre le sue teorie «in modo sistematico, mostrando come ognuna di esse ed il loro complesso hanno un palpito di vita e ci appaiono in un’unità mirabile, se le ripensiamo alla luce dell’idea madre, che si rivela in ogni momento e che mai, da nessuna tesi, viene esaurita». Ebbene, dopo aver delineato le tre grandi correnti in cui si frange l’interpretazione di Cartesio – secondo le quali egli sarebbe, essenzialmente, o un apologista della religione cattolica o uno scienziato o un filosofo –, Olgiati affermava che esse, «quantunque siano ricche di lati suggestivi e di parziali conquiste, non sono soddisfacenti», proprio perché non attingono «l’idea centrale di Cartesio». Tale idea andrebbe ricercata, invece, «nella sua concezione metafisica della realtà, e precisamente nel suo speciale fenomenismo»; fenomenismo che «gli conferisce una individualità così ben spiccata, da distinguerlo sia dalla speculazione a lui precedente, sia dalla corrente empiristica, sia dal kantismo e dall’idealismo dei giorni nostri». Con quest’ultima osservazione, Olgiati intendeva evidenziare il fatto che, per lui, tre sarebbero le grandi concezioni metafisiche che si sono, storicamente, date: la metafisica dell’essere, la metafisica del soggetto e, quale via di mezzo fra l’una e l’altra, la metafisica dell’oggetto o fenomenismo. A queste tre tipologie teoretiche sarebbero riconducibili, nell’ordine, la filosofia antica e medievale, la filosofia idealistica da Kant in poi e la filosofia dell’empirismo e del razionalismo moderni. La metafisica dell’essere è quella che ha per oggetto l’essere in quanto tale e che, anche quando prende in esame il fenomeno, lo studia sempre in quanto realtà (sia pure accidentale). La metafisica del soggetto, all’opposto, è quella che, facendo leva su un’idea di sintesi a priori come attività creatrice dello spirito, riduce l’essere all’autocoscienza e al pensiero pensato. La metafisica dell’oggetto, infine, è quella che, riducendo la realtà all’apparire, studia l’essere in quanto fenomeno o essere-percepito.
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PUBBLICATO IL : 23-05-2007
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