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La “mistica dell’identità” di Marco Vannini
di Andrea Bellocci

Sommario:  Il presente contributo ha come scopo immediato l’analisi del pensiero di Marco Vannini, nonché la messa in evidenza dei nodi teoretici e delle vere e proprie aporie a cui conduce l’itinerario mistico sviluppato in tutta la sua coerenza e condotto fino alle sue estreme conseguenze. Al riguardo è necessario partire dal suo ultimo volume, Tesi per una riforma religiosa, in cui il ricchissimo patrimonio della mistica speculativa viene rielaborato dall’autore in una chiave al tempo stesso storiografica e personale: nella convinzione che il tempo presente presenti i sintomi di una vera e propria malattia morale e comunitaria, decretati dalla fine della religione, Vannini non esita a dichiarare che l’unica via d’uscita è nel ritorno alla retta comprensione della mistica. È la mistica, infatti, a costituire il nucleo centrale e l’essenza autentica del cristianesimo; ed è ancora la mistica a costituire l’essenza più autentica della filosofia, che coincide dunque senza residui col cristianesimo
Prima pagina: È nel segno della più rigorosa e paradossale “inattualità”, ovvero di un’inevitabile e voluta rottura col tempo presente che Marco Vannini presenta le sue Tesi per una riforma religiosa: è evidentemente il titolo stesso dell’opera, “tesi” per l’appunto, a dover far pensare; non si tratta in alcun modo di un mero espediente “letterario” o retorico, ma di una drastica presa di posizione che vuole situarsi di colpo al di fuori dei tanti dibattiti su “ragione e fede”, e che invita altresì la comunità tutta ad una “decisione”. Le 60 tesi presentate da Vannini sono ispirate ad un’ unica intuizione spirituale di fondo, l’ “esperienza” mistica, all’infuori della quale, avverte l’autore, è pressoché impossibile coglierne il senso. Porsi a priori in una qualunque ottica valutativa sarebbe dunque sciocco e ingenuo: non certo per una qualche forma di reverenza verso le pretese dell’autore, che peraltro, sobriamente, tiene a precisare le sue tesi come frutto non tanto del suo pensiero, ma come sintesi del patrimonio presente nella “mistica speculativa”, quanto per una vera e propria esigenza di comprensione di fronte ad un’opera che costituisce, a ben vedere, e al di là del giudizio che se ne possa dare, davvero un unicum nell’attuale dibattito culturale. Le Tesi nascono dalla convinzione che il tempo presente versi in uno stato di profonda corruzione, disagio, anzi di una vera e propria “malattia morale”; questa è interamente imputabile, ad avviso di Vannini, alla fine della religione, che reca con sé, inevitabilmente, la fine di ogni idealità e della morale tout court, e senza di cui, fatalmente, la società scade in un’ “azienda”. D’altra parte questa fine della religione non solo non spinge l’autore ad alcun tentativo di recupero della stessa, in chiave di rimpianto o di nostalgia conservatrice; anzi, questa fine è “giusta”, in quanto la religione che sta affondando «non è più religione vera, ovvero non soddisfa le giuste esigenze di verità»  È da questo punto di vista che l’autore saluta con soddisfazione le acquisizioni dell’illuminismo, e quelle recenti della scienza e filologia, che hanno fatto piazza pulita delle varie “superstizioni religiose”, dei “miti presi per verità letterali”. Questa necessaria operazione decostruttrice ha aperto infatti la strada, hegelianamente - e certamente  suo malgrado -  al “farsi avanti del Vero”: questo emerge da un territorio e da tempi insospettati, ovvero da quella mistica che, sola, è in grado di far rivivere la nostra società poiché essa sola, a ben vedere, costituisce l’essenza del cristianesimo: «Perché non v’è alcun dubbio. Nella sua generalità il mondo che si chiama cristiano non ha capito affatto il messaggio di Cristo, la davvero buona novella (eu-anghelion) della umanità di Dio – e dunque della divinità dell’uomo, ovvero di una luce assolutamente presente»
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PUBBLICATO IL : 18-07-2008
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