Prima pagina: D. Prof.ssa Ales Bello, questo colloquio con Lei ha lo scopo di raccogliere le Sue riflessioni, anche estemporanee, su un tema importante ed un po’ scottante dal punto di vista filosofico, ovvero il tema del rapporto (o del non-rapporto, o della possibilità del rapporto) tra filosofia e psicoanalisi. A questo riguardo non è possibile dire molto di introduttivo, poiché la complessità del tema renderebbe quasi inutili le pochissime cose che si potrebbero rilevare, e quindi La inviterei ad entrare subito nel merito, tenendo possibilmente in vista innanzi tutto lo sfondo problematico di questo rapporto, per come esso si è delineato allorché – con la nascita della psicoanalisi ad opera di Freud – si è imposta la necessità di un ripensamento di ciò che intendiamo con “coscienza” e, dunque, “pensare”, “pensiero”, “conoscenza”. Sebbene non tutti i filosofi abbiano avvertito tale necessità, certo la “scoperta” di Freud ha lanciato sul piatto della bilancia della riflessione filosofica uno stimolo molto significativo, su cui senz’altro vale la pena di riflettere. Le chiederei, quindi, innanzi tutto una Sua riflessione di carattere generale, che consideri la questione nel suo fondamento.
R. Io direi, per prima cosa, che ci troviamo di fronte a due discipline diverse, anche dal punto di vista della loro genesi: la psicoanalisi nasce innanzi tutto su un terreno medico, per l’ esigenza di analizzare e nello stesso tempo anche di curare disturbi di ordine mentale, per usare una parola ampia. Su questo punto c’è una differenza di fondo importante, però non credo che ci sia un’estraneità rispetto ad una corrente filosofica in particolare, che è la fenomenologia. Anche analizzando la questione storicamente, vediamo che Freud, in quanto medico, e Husserl, in quanto matematico, frequentano entrambi, a Vienna, le lezioni di Brentano, che era un filosofo d’impostazione aristotelica, interessato alla nascente psicologia in opposizione all’interpretazione della psicologia come disciplina che ha bisogno di un modello tratto dalle scienze naturali. Brentano voleva invece sottolineare come l’analisi della psiche dovesse essere di tipo qualitativo, e si tratta di un elemento molto importante: Brentano afferma quest’esigenza in quanto filosofo, ma in realtà entra in un campo che è proprio dell’analisi della psiche. Non a caso Husserl e Freud, in anni diversi, seguono – come abbiamo già detto - le lezioni di Brentano, pervenendo per certi versi non dico a risultati analoghi, ma se non altro ad impostare alcune questioni che possono poi avere una correlazione interna. In primo luogo, nel caso di Freud, un elemento importantissimo è che l’analisi della psiche è, appunto, di tipo qualititavo: non si usano modelli matematici o tratti dalla fisica. In secondo luogo, Freud mostra anche un’attenzione verso un tipo di analisi qualitativa che, letta in se stessa, secondo me, ha delle risonanze molto interessanti in riferimento alla fenomenologia. Husserl entra nella filosofia proprio attraverso questa linea della psicologia, cioè inizia ad esaminare i vissuti psichici avendo come sfondo culturale la psicologia, ma trasformando questi vissuti in vissuti conoscitivi ed entrando così in maniera più decisa ed anche più programmatica nell’ambito della gnoseologia. Husserl mantiene, però, sempre un legame con la psicologia: persino nell’ultima opera, La crisi delle scienze europee, il paragrafo 72 è dedicato proprio al rapporto tra fenomenologia e psicologia, e siamo negli anni tra il ’34 e il ’35. |