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Vilfredo Pareto e la matematizzazione delle scienze sociali
di Edoardo Angeloni

Sommario: Il breve saggio che pubblichiamo ha, tra i suoi obiettivi, quello di mettere in risalto la valenza filosofica del pensiero di Pareto e lo fa muovendo da una riflessione rapida, ma precisa, dei presupposti teorici della sua metodologia. Questa viene esaminata alla luce della disputa tra sostenitori del punto di vista illuministico e sostenitori dell’antiilluminismo, disputa che, dice l’autore, ha caratterizzato almeno in parte la filosofia europea dell’Ottocento e del Novecento. In questo quadro Angeloni ragiona sul fatto che, malgrado Pareto attribuisca grande valore all’utilizzo della matematica in campo sociologico, non accoglie le istanze del razionalismo, almeno di quello più estremo, e fa i conti con la realtà dell’irrazionale.
Prima pagina:

Pareto è un economista e sociologo che continua l’operazione compiuta dagli economisti neo-classici (Jevons,Walras, Menger) volta ad adottare in economia modelli legati alla matematica.
Così come la fisica aveva spiegato i fenomeni del mondo naturale con leggi di tipo matematico, anche l’economia doveva rispondere ad un’esigenza analoga. Se la dinamica dei corpi poteva essere descritta a partire dalla legge di gravitazione universale, le leggi della domanda e dell’offerta avevano il loro modello esplicativo grazie al Teorema di equilibrio generale di Walras.
La possibilità di verificare quanto asserito dalla teoria nasceva proprio dal fatto che gli eventi naturali rispettavano determinate leggi e il loro comportamento era descritto mediante formule. Ciò era sicuramente vero per la fisica e si doveva vedere con quanta approssimazione ciò risultava applicabile anche all’economia.
Le difficoltà nascevano dal fatto che le leggi fisiche potevano essere valutate in laboratorio e questo tipo di fenomeni poteva essere quindi riprodotto in condizioni sperimentali. Diversamente il fatto economico non ammetteva la ripetizione in un contesto ideale.
Quindi la possibilità di rappresentare fatti economici con un linguaggio matematico era legata all’uso di tecniche legate alla probabilità e alla statistica, essendo presente il problema di parlare di tendenze piuttosto che di leggi necessarie.
Scrive a questo proposito Pareto: ”Il campo in cui ci muoviamo è dunque esclusivamente quello dell’esperienza o dell’osservazione. Questi termini li usiamo nel senso che hanno nelle scienze naturali, come l’astronomia, la chimica, la fisiologia, ecc., e non già per indicare le altre cose che si vogliono indicare ora coi termini: esperienza intima, cristiana, e che rinnovano semplicemente, mutato appena il nome, l’autosservazione degli antichi metafisici. Tale autosservazione la consideriamo solo come fatto esterno, la studiamo come fatto sociale, non come fatto nostro”.
Quanto afferma Pareto in queste righe rappresenta in maniera illuminante il suo programma di ricerca. Egli ribadisce che l’economia deve basarsi sull’esperienza, così come fanno le altre scienze; per questo scopo è importante l’uso adeguato dello strumento matematico. Il fatto che egli non accetti nessun tipo di giustificazione metafisica alle sue teorie, lo collega a Weber , che eliminò dalla sociologia le caratteristiche legate ad una visione dialettica per adattare ad essa un’impostazione di tipo probabilistico. Sulla stessa linea di pensiero troviamo Menger, che contro l’esistenza di leggi necessarie tipiche della metafisica hegeliana preferì parlare di tendenze statistiche.

Pure, Pareto non sottovaluta l’importanza che le credenze religiose possono avere per influenzare lo sviluppo storico, ma egli esamina questi fatti dall’esterno, non ponendo fra le sue ipotesi di lavoro considerazioni metafisiche. Questo metodo è ribadito in un altro brano: “Muoviamo dai fatti per comporre teorie e procuriamo sempre di allontanarci dai fatti quanto meno è possibile. Non sappiamo cosa sia l’essenza delle cose e non ce ne curiamo, perché tale ricerca esce dal nostro campo. Ricerchiamo le uniformità che rappresentano i fatti, alle quali uniformità diamo altresì il nome di leggi, ma i fatti non sono sottomessi alle leggi, bensì le leggi ai fatti”
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PUBBLICATO IL : 26-09-2008
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