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Etica senza uomo?
Considerazioni a partire dal saggio di F. S. Trincia "Libertà e dignità, valori indisponibili"
di Alessandra Campo

Sommario: Questo articolo prende le mosse da uno scritto di F. S. Trincia sul tema del valore e ne propone un confronto con l'etica di H. Jonas, anch’essa sorta da tematiche connesse al progresso medico e tecnico-scientifico, cercando di mostrare come queste ultime, rendendo oggetto dell'etica le nozioni di “natura” e di “vita”, introducano un novum che rende necessario una riflessione etica del tutto nuova. Sorge infatti l’interrogativo se le nostre attuali capacità di intervento sulla vita e sulla natura attraverso le moderne tecniche mediche e scientifiche non possano modificare radicalmente le condizioni stesse a cui è possibile parlare di esseri umani, e quindi di quell’essere capaci di volontà razionale autonoma di cui Trincia ribadisce l’essenzialità per la possibilità di un discorso etico. Sulla scorta del tentativo jonasiano di fondare ontologicamente l’etica, si può provocatoriamente mostrare che il nostro attuale agire, capace di modificare così radicalmente la natura, l’ambiente e la vita in generale (fino a mettere a repentaglio l'esistenza della vita umana sulla terra), pone un'ipoteca sulla possibilità stessa di presupporre l'esistenza dell'uomo. Lo stesso "factum" della ragione, il fatto che si dia per se stessa la coscienza della legge morale fondamentale, rischia di apparire un presupposto che non è più possibile dare per scontato.I nuovi interrogativi etici, connessi alla manipolazione genetica e tecnica della vita (e del confine vita-morte), impongono una riflessione etico-filosofica che rimetta in discussione i suoi stessi fondamenti, e rispetto a questa nuova situazione il tentativo di fondazione ontologica di Jonas, pur nella sua innegabile problematicità, può aiutare a trovare originali e importanti spunti di riflessione
Prima pagina: Di fronte ai dibattiti etico-politici attuali, legati a questioni come quella dell'eutanasia o dell'ingegneria genetica, la contemporaneità sembra spesso essere impreparata e sprovvista degli strumenti concettuali adatti per affrontare sfide etiche e politiche di tale portata. La filosofia che voglia confrontarsi con questioni tanto urgenti può vantare una lunga tradizione di riflessione etica, dalla quale può ricavare importanti strumenti di indagine per una più profonda comprensione di questi problemi. Tuttavia, come si mostrerà, anch'essa deve fare i conti con l'insorgere di paradigmi del tutto nuovi e inaspettati, e deve quindi avere il coraggio di mettere in discussione il proprio pensiero, per renderlo capace di rispondere alle esigenze, non solo intellettuali e speculative, del nostro tempo. Da questo punto di vista può essere interessante riandare ad una eredità fondamentale della riflessione etica occidentale, quella di Kant, e tentare di confrontarla con le questioni più attuali, mostrandone i limiti e tentando di porla in dialogo con prospettive ulteriori. Un progetto di tal fatta richiederebbe un intero lavoro monografico. Per provare a fornire alcuni spunti a questa riflessione, tuttavia, si vuole qui sfruttare l'occasione offerta da un saggio recente sull'argomento, nel quale sono chiaramente individuabili elementi kantiani. Da qui ci si arrischierà a sviluppare alcune riflessioni più autonome, tentando un confronto e un dialogo con un'impostazione etico-filosofica alquanto diversa e controversa, che proprio per la sua provocatorietà può essere un ottimo banco di prova. Ci si riferisce all'etica di Hans Jonas. Il testo da cui si vuole partire è l’articolo di F. S. Trincia “Libertà e dignità, valori indisponibili”, in cui l’autore si interroga sullo statuto del valore della libertà, in particolare a partire dall’individuazione di due nozioni distinte e addirittura contrapposte di “indisponibilità del valore”. Di fronte alla possibilità di intervenire tramite l’eutanasia passiva in casi, per esempio, di coma irreversibile - questo l’esempio concreto e scottante da cui muove Trincia - i sostenitori della sacralità della vita non riconoscono legittimo che «la datità naturale della vita morente, e i suoi processi lunghi ed inutilmente dolorosi, possano essere modificati» (p. 337)
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PUBBLICATO IL : 12-02-2009
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