Spinoza e l'Italia Osservazioni relative agli Atti delle giornate di studio in memoria di Emilia Giancotti |
di Girolamo De Liguori
| Sommario: Coloro che hanno a cuore la filosofia di Spinoza ricordano di certo l’importante convegno di studi che si svolse nel 2002 sul tema "Spinoza in Italia". Gli interventi di quel convegno, raccolti in volume da Bibliopolis nel 2007, offrono l’occasione a Girolamo De Liguori non solo di una illustrazione ma anche di una serie di puntualizzazioni che viene ad aggiungersi, quasi ulteriore contributo, a quelli pubblicati. L’Autore, che ha mostrato già altre volte di avere il gusto e la capacità della ricostruzione minuta della storia delle idee, rincalza qui gli scritti di importanti studiosi di Spinoza per arricchirne il valore storiografico, senza cercare la polemica, ma aggiungendo quanto la sua esperienza di saggista gli consente di fare con velocità e precisione allo stesso tempo. | Prima pagina: Quando si parla della presenza di Spinoza nel pensiero moderno, da Cartesio fino all’età romantica, ci vien fatto di notare che egli sia stato meglio inteso, nel suo contenuto eversivo ed ereticale, dai suoi franchi oppositori e viscerali denigratori piuttosto che, nei più svariati contesti ricettivi, dagli ammiratori e seguaci, i quali diluiscono, per così dire, o finiscono per stravolgere addirittura gli aspetti veramente fondativi del suo originale pensiero sulla natura, Dio, mondo, storia e società. Negli spinozisti i temi della necessità, del naturalismo, del panteismo, e della totale elisione del Dio personale e antropomorfo del Cristianesimo, si stemperano molto spesso in animismi pantestici e in romantiche filosofie della natura, in deismi o teodicee platonizzanti, e finanche in fenomenologie materialistico-nietzschiane che poco hanno a che vedere con la scarna e geometrica costruzione del filosofo di Amsterdam; così come fu nella ben nota rinascita spinoziana, propiziata da Federico Jacobi e poi estesa alla cultura filosofica tedesca da Schelling e discepoli.
Chi, al contrario e paradossalmente, ne ha colto di volta in volta l’anomalia razionale assieme alla eccezionale pericolosità del suo originale pensiero, del tutto in linea con la mappa disegnata dal suo percorso esistenziale, furono gli apologisti cattolici, i controversisti, coi gesuiti in testa, fruitori sagaci, e a loro modo, del profilo ambiguo che del filosofo aveva tracciato Pierre Bayle nel suo "Dizionario". Anche se, nel contempo, ad essi si deve, in particolare, la costruzione dell’immagine deforme di Spinoza, ateo e maestro di atei, personaggio spregevole da identificarsi coi libertini e coi dissoluti, corruttori di costumi, pronti a popolare la città dei cosiddetti atei virtuosi; uomo cui non potere concedere fiducia, secondo l’immagine che di lui ci ha disegnato il Conte Lorenzo Magalotti, dotto e stimato personaggio nei salotti d’Europa, che lo conobbe di persona.
La stessa Emilia Giancotti, cui son dedicate le giornate di studio dell’ottobre 2002 i cui materiali prodotti sono pubblicati nel volume di cui qui si vuol discutere, accingendosi fin dal 1963, con la sua prima "Nota sulla diffusione di Spinoza in Italia", a trattare della fortuna del filosofo di Amsterdam presso di noi, doveva doverosamente registrare una serie di contributi di apologisti cattolici di aperta e dichiarata contestazione e secco rigetto di quella filosofia: sia nella forma in cui era espressa che nei suoi principi fondativi, riconducendola, senza mezzi termini, all’ateismo e al materialismo.
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