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Dalla metafisica alla filosofia del dialogo
Guido Calogero interprete di Aristotele
di Marcello Mustè

Sommario: Ai fondamenti della logica aristotelica, Guido Calogero aveva dedicato la tesi di laurea in filosofia, seguita da Giovanni Gentile. Pubblicata in volume nel 1927, quella ricerca rimase, per molto tempo, al centro delle meditazioni del filosofo romano. La tesi principale del libro, relativa alla presenza di due logiche in Aristotele, quella del nous e quella della dianoia, entrò presto in un difficile rapporto speculativo con la critica che, negli stessi anni, Calogero aveva formulata dell’attualismo gentiliano e, in generale, della “filosofia del conoscere”. Ma il principio del nous, colto attraverso la giovanile indagine aristotelica, rimase operante nel suo pensiero successivo, sia nelle Lezioni di filosofia che nell’elaborazione di una “filosofia del dialogo”. Il confronto teoretico con la filosofia di Aristotele proseguì, dunque, senza interruzioni, e il principio che Calogero vi aveva enucleato, quello del nous, cercò variamente di conciliarsi con l’altro principio, quello della soggettività, che proveniva dall’attualismo
Prima pagina:

In diversi scritti autobiografici, Calogero ha ricordato spesso come il suo libro giovanile su I fondamenti della logica aristotelica, pubblicato nel 1927 (Calogero era nato nel 1904), derivasse non solo da un faticoso lavoro filologico sulla filosofia antica, ma anche dal disagio che egli aveva provato nei confronti del frutto più maturo della filosofia di Giovanni Gentile, che in anni appena precedenti,  nel 1917 e nel 1922-1923, aveva pubblicato i due volumi del Sistema di logica. Per intendere l’interpretazione che propose della metafisica di Aristotele, è dunque necessario ricordare le ragioni di quel disagio. Ragioni che si aggiravano intorno a due nodi principali. In primo luogo, Calogero riteneva che, a partire dall’intuizione fondamentale dell’attualismo, che consisteva nella posizione dell’Io trascendentale e nella sua distinzione dall’empirico, Gentile fosse tornato, erroneamente, alla “filosofia del conoscere”, oggettivando ciò che non poteva essere oggettivato, e rendendo astratto lo stesso Io trascendentale. Di conseguenza (questo è il secondo aspetto), egli pensava che la distinzione tra logo concreto e logo astratto, e soprattutto il tentativo di derivare l’uno dall’altro quei due termini, configurasse l’errore capitale dell’attualismo: errore che risultava, in senso storico, dalla pretesa di conciliare la logica moderna e quella antica, la dialettica di Hegel e la logica di Aristotele.
       L’affermazione della non-oggettivabilità del pensiero richiedeva, dunque, una critica preliminare del modo in cui era stata considerata la filosofia di Aristotele. A Gentile era sfuggito che la logica di Aristotele non si esauriva nel logo astratto, nella teoria del giudizio e del sillogismo, ma era animata dalla compresenza di due logiche, quella del nous e quella della dianoia. In certo modo, il principio dell’attualità del pensiero non poteva essere considerato una prerogativa della speculazione moderna, ma attraversava anche il corpo teorico del più rappresentativo filosofo dell’antichità, mettendo in crisi il carattere schematico di quella interpretazione.
       Come si vede, questa impostazione comportava rilevanti conseguenze. L’idealismo italiano si era costituito sulla premessa di una distinzione forte tra l’antico e il moderno: e la modernità cartesiana del cogito appariva, nella filosofia di Gentile, esaltata al massimo grado, perché coincideva con la posizione originaria della soggettività. La distinzione tra logo concreto e logo astratto, come la mediazione che Gentile aveva edificato fra i due termini, era dunque indicativa di qualcosa di essenziale della cultura idealistica. L’interpretazione di Calogero sembrava sciogliere quello schema dicotomico: perché, appunto, Aristotele appariva già portatore di un logo concreto, superando la gran parte dei suoi successori.
       Questo momento di verità della filosofia di Aristotele non era inteso, per altro, nella forma del precorrimento. È importante sottolineare questa differenza, perché per questo Calogero criticò gli interpreti attualisti della filosofia antica, da Armando Carlini a Vito Fazio-Allmayer, sino a Ernesto Grassi. L’elemento attualistico costituiva già, consapevolmente, il centro della filosofia di Aristotele, come il “possesso per sempre” della filosofia occidentale.

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PUBBLICATO IL : 19-05-2009
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