Sommario: Freud muore il 23 settembre 1939 alle tre di notte nella casa di Londra in cui viveva dopo la fuga dell’anno precedente da Vienna minacciata dai nazisti. Nella vicenda della sua morte, Freud ha messo in scena la propria teoria della morte, la propria nozione psicoanalitica di «morte»: egli ha configurato la sua vicenda vitale nella forma di una corrispondenza anche finale tra vita e pensiero, che gli ha permesso di morire riconoscendo liberamente la doppia necessità di quest’ultimo – quella che attiene alla sua serena ineluttabilità e quella che concerne la coerenza interna del pensiero della morte. Si propone qui un’analisi della «morte» di Freud nei testi ben noti risalenti al 1915, Caducità, Noi e la morte, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Lutto e melanconia, tentando di farli parlare anche alla nostra coscienza etica e alla nostra sensibilità bioetica, con l’andare al fondo e al di là della trasparente chiarezza di quel che vi si dice |
Prima pagina: 1. Sigmund Freud muore il 23 settembre 1939 alle tre di notte nella casa di Londra in cui viveva dopo la fuga dell’anno precedente da Vienna minacciata dai nazisti. Era andato a morire in Inghilterra per godere, si direbbe retrospettivamente, della morte «necessaria che ogni essere umano dovrebbe riconoscere, secondo le sue più profonde convinzioni teoriche, nella forma della rappresentazione concettuale e del vissuto psichico di quel che accade ad un certo momento nella vita di un organismo. Nella sua vicenda vitale in certo senso fortunata, visto quel che nel 1939 si veniva annunciando per la Germania, una morte necessaria, riconosciuta, «accettata» e quindi anche destinalmente voluta, veniva così da lui stesso «preparata» e predisposta («si vis vitam, para mortem», aveva esortato alla fine dei due saggi sulla morte del 1915). La sua morte inglese sostituiva quindi la rischiata ed evitata morte germanica, la cui violenza avrebbe ai suoi occhi rappresentato il culmine di una fine solo subita, anch’essa certo da accettarsi nella sua necessità come ogni morte comprese le morti violente di ogni guerra, ma svuotata di quella «preparazione» che ne esplicita la funzionalità alla vita. Nella vicenda della sua morte, Freud ha messo in scena la propria teoria della morte, la propria nozione psicoanalitica di «morte». Se pure si vuole evitare l’enfasi retorica dell’attribuzione a Freud stesso della messa in scena del modo del proprio morire, si dirà comunque che egli ha configurato la sua vicenda vitale nella forma di una corrispondenza anche finale tra vita e pensiero, che gli ha permesso di morire riconoscendo liberamente la doppia necessità di quest’ultimo: quella che attiene alla sua serena ineluttabilità e quella che concerne la coerenza interna del pensiero della morte. |