Sommario: Scopo del contributo è offrire una ricostruzione, storica e problematica, della ricezione di Husserl in Italia tra la metà degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, quando fiorì quella «seconda ondata di studi husserliani» che, guidata da Enzo Paci e da una nutrita cerchia di altri studiosi, si caratterizzò soprattutto per l’applicazione dello schema dialettico hegeliano alla fenomenologia. Tale applicazione, tuttavia, non esaurisce l’ampiezza delle opzioni interpretative in campo: si mostreranno le linee di divergenza da essa e l’originalità delle singole elaborazioni, il cui insieme viene a costituire un quadro ricco di problemi teoretici, non solo interni all’esegesi fenomenologica ma anche peculiari del filosofare italiano di quegli anni. |
Prima pagina: 1. Nel 1960 vedeva le stampe, su iniziativa di Enzo Paci, un volume dall’inequivocabile titolo: Omaggio a Husserl, in cui si raccoglievano saggi di eminenti studiosi dell’epoca a scopo non solo, e forse non tanto, di “omaggio” al fondatore della fenomenologia nel centenario della sua nascita, quanto, più significativamente, di testimonianza di quella «seconda ondata di studi husserliani» che ha caratterizzato la produzione filosofica italiana nel periodo a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Il presente contributo mira a ricostruire la storia e la portata teoretica di questa seconda ricezione di Husserl in Italia, che appare peculiare per due motivi fondamentali, tra loro connessi. Anzitutto, essa è nata e si è sviluppata su iniziativa di una cerchia di studiosi relativamente ristretta, che aveva il proprio fulcro nel ruolo propulsore di Enzo Paci e che si riconosceva tendenzialmente, pur nell’originalità delle rispettive elaborazioni e nell’eventuale differenziazione dal solco paciano, nella linea interpretativa del fondatore di «aut aut». Proprio la rivista creata a Milano nel 1951 costituì un luogo privilegiato di discussione e diffusione delle tematiche fenomenologiche al centro della «seconda ondata di studi husserliani», rappresentando la testimonianza più palpabile della vivacità del dibattito e dell’importanza attribuita dai suoi protagonisti a una certa interpretazione della fenomenologia.
Questa interpretazione, e veniamo così alla seconda peculiarità della ricezione italiana di Husserl attorno agli anni Sessanta, risente fortemente della lettura offerta da Paci nel suo tentativo di saldatura tra esistenzialismo, fenomenologia e marxismo: la categoria fondamentale, che attraversa gli scritti di molti studiosi di Husserl in quegli anni, è infatti quella di “dialettica”, come sostrato concettuale della teoria husserliana dell’intenzionalità. Se, tuttavia, il tema della dialettica era elaborato da Paci in stretta connessione con quello della temporalità, l’attenzione di molti suoi colleghi si concentrò, con puntuale insistenza, sulla logica husserliana e sul problema della sua fondazione. La riflessione sulla logica è consegnata non solo alle incursioni più o meno estemporanee depositate negli articoli, in «aut aut» o su altre riviste filosofiche; tra il 1960 e il 1967 videro la luce ben cinque monografie specificamente dedicate al tema, ad opera di studiosi quali Enzo Melandri, Mario Sancipriano, Franco Voltaggio, Franco Bosio e Renzo Raggiunti. Questa insistenza sul problema logico rappresenta una peculiarità che merita di essere approfondita, come ci proponiamo di fare in questo saggio, poiché essa è indice di una variante interpretativa che, sebbene non abbia trovato, trascorsi gli anni Sessanta, un’adeguata prosecuzione in Italia, coglieva con particolare lucidità un punto assai critico della costruzione husserliana: il passaggio dalla logica formale alla logica trascendentale, ovvero il problema della fondazione trascendentale della logica formale. Confrontandosi con la lettura offerta da Paci, gli autori citati operavano una traduzione dell’interesse teoretico dal mondo-della-vita, al centro della riflessione paciana, alla Lebenswelt come fondamento antepredicativo della logica husserliana. Essi riconoscevano altresì che lo sbocco di questa indagine era nei grandi temi della storia, della teleologia, dell’intersoggettività, cari a Paci; tuttavia, la categoria della “dialettica” compariva nelle loro opere non solo nella veste dinamica di motore animante l’intenzionalità, ma soprattutto in un’accezione che definiremmo statica, come struttura portante della costruzione logica husserliana. In alcuni casi, l’interpretazione dialettica veniva assunta come riferimento critico, dal quale distanziarsi in funzione di un’indagine tutta teoretica e centrata sulla problematica logica. |