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La storia della filosofia in Luigi Scaravelli
di Massimiliano Biscuso

Sommario: Lo studio inizia con l'esaminare il percorso compiuto dal giovane Scaravelli per liberarsi dai presupposti della storiografia filosofica idealistica e per giungere ad individuare le condizioni trascendentali necessarie a pensare la storia della filosofia come una storia reale. In un secondo momento cerca di mettere alla prova le concrete analisi storiografiche compiute da Scaravelli per valutare se esse soddisfino quelle condizioni. Da questo esame emergerà il problema di come pensare l’effettiva novità nella storia del pensiero, cioè i rapporti di continuità e di discontinuità nella storia della scienza e della filosofia, che saranno affrontati negli scritti successivi alla Critica del capire. L’analisi si conclude discutendo una possibile soluzione operante di fatto, ma da Scaravelli non tematizzata, ai problemi rimasti insoluti, quella di «mentalità», e le sue applicazioni alla storia della fisica e della filosofia.
Indice: 1. Le condizioni trascendentali della storiografia filosofica, p. 2; 2. Le incoerenze della storiografia filosofica idealistica, p. 3; 3. La ricerca di nuovi principi: la genesi della filosofia, p. 6; 4. Tra storicismo e non: la storia della filosofia nella Critica del capire, p. 12; 5. Continuità e discontinuità nella storia del pensiero, p. 15; 6: Una soluzione non tematizzata: la nozione di mentalità, p. 17; 7. Mentalità nella storia della scienza e nella storia della filosofia, p. 21
Prima pagina:

1. Le condizioni trascendentali della storiografia filosofica

Ripercorrendo il proprio itinerario speculativo, in un documento di grande rilievo da datarsi nel 1942, Scaravelli scriveva:

«dieci o quindici anni fa […] ero pienamente convinto di quella impostazione mentale, comune al Croce e al Gentile, che considera la realtà come spirito, e lo spirito come autoprodursi; e in questo autoprodursi vede l’esistenza e tutta l’esistenza. Ma nonostante fossi convinto della validità di questa concezione, pure un lavoro che avevo cominciato su Platone mi spingeva a ripensare le basi della concezione storiografica nella quale mi muovevo; perché questa concezione non mi consentiva di soddisfare al bisogno che provavo di mantenermi aderente all’intimo pensiero platonico e nello stesso tempo di presentare questo pensiero non come semplice… “introduzione” a un pensiero più maturo, né come un pensiero buono per… duemila e più anni or sono secondo la corrente storiografica hegelianeggiante.
La mia esigenza era questa: presentare Platone come un vero e pieno pensatore, e non come uno “spicchio” dello spirito, o una “tappa” di esso, o un “germe” inconsapevole della propria forza dinamica e della ricchezza accumulata nel proprio seno.
Il problema si presentava allora in questo modo: cercare una posizione teoretica tale da render possibile che ogni filosofo sia effettivamente, e non a parole, una vera unità (o totalità) spirituale».

In questo testo non solo troviamo esposta con chiarezza l’esigenza di criticare i presupposti della storiografia filosofica idealistica, i quali danno luogo a risultati storiografici inaccettabili (che Platone sia hegelianamente un “germe inconsapevole”, o crocianamente uno “spicchio”, o gentilianamente una “tappa” dello spirito); ma soprattutto sono individuate le condizioni trascendentali della storiografia filosofica, dalla cui soddisfazione soltanto può risultare una veritiera comprensione storica: a) aderenza all’oggetto dell’indagine storiografica; b) capacità di coglierne il nucleo teoretico; c) compiuta unità dell’oggetto, tale che sia autonomamente interpretabile; d) sua radicale contemporaneità. Condizioni che non si addizionano l’una all’altra, ma che costituiscono un insieme coerente: l’aderenza all’oggetto storico si concretizza soltanto nella individuazione del nucleo teoretico (l’«intimo pensiero») che consente architettonicamente di ricostruire nelle sue strutture la totalità dell’oggetto medesimo, conferendo coerenza a tutti i suoi distinti aspetti e facendone un termine di confronto attuale nella discussione filosofica. Sicché il principio di coerenza, così inteso – ma sarà bene tornarci su quanto prima – può essere ritenuto la radice delle condizioni sopra elencate.
Nelle memorabili analisi di singole opere filosofiche, tra le più profonde tra quelle prodotte dalla storiografia filosofica italiana (e non solo) nel Novecento – basti qui ricordare La Prima Meditazione di Cartesio, il Saggio sulla categoria kantiana della realtà o le Osservazioni sulla “Critica del Giudizio” – Scaravelli avrà sempre cura di tener ferme quelle condizioni, individuate nella Critica del capire: esse sole rendono possibile una storiografia filosofica che sappia riconoscere effettiva autonomia e novità, cioè concretezza storica, alla singole filosofie senza ridurle a note analitiche del processo al quale appartengono.

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PUBBLICATO IL : 31-12-2010
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