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L. Malusa, P. De Lucia, E. Guglielmi (a cura di), Antonio Rosmini e la Congregazione del Santo Uffizio. Atti e documenti inediti della condanna del 1887 , Franco Angeli, 2008
di Alessandro Aprile

Il 1 luglio 2001 apparve un importante documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo: Nota sul valore dei Decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev. do Sac. Antonio Rosmini Serbati. Esso esponeva i motivi e il senso del decreto di condanna Post obitum che il 14 dicembre 1887, reso poi pubblico solo il 7 marzo 1888, aveva colpito Antonio Rosmini (1797-1855). La Nota, pur confermando «la validità oggettiva» della condanna, spiegava che la chiave di lettura del pronunciamento era la cautela per un possibile uso erroneo di argomenti e metodi da parte di seguaci od avversari del Roveretano e dichiarava «ormai superati i motivi di preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che» avevano «determinato la promulgazione del Decreto Post obitum di condanna delle “”Quaranta Proposizioni” tratte dalle opere di Antonio Rosmini». Per la Nota la condanna era stata insomma non un pronunciamento d’autorità che stabiliva l’eterodossia del pensiero rosminiano, ma una forma di prevenzione da parte della gerarchia cattolica nei confronti del Servo di Dio, come da subito fu chiamato Rosmini, affinché il suo pensiero filosofico non fosse oggetto di «interpretazioni in chiave idealistica, ontologistica e soggettivistica», a causa di «ambiguità, equivocità e difficile comprensione di alcune espressioni e categorie».
La funzione della Nota fu quindi immediatamente chiara: porre le basi per un riconoscimento ufficiale della figura di Rosmini e del suo operato svolto nel seno della Chiesa cattolica attraverso l’Istituto di Carità da lui stesso fondato, superando il non piccolo ostacolo della condanna da parte dell’Inquisizione che certo non poteva essere riformata, cosa impossibile per la Congregazione per la Dottrina della Fede, nuova denominazione della Congregazione del Sant’Uffizio, ma solo spiegata.
“Chiarita” la condanna il passo successivo è stata la beatificazione di Rosmini avvenuta il 18 novembre 2007.
E’ necessaria però una distinzione interna alla “questione Rosmini”: se da un lato la suddetta Nota e la successiva beatificazione chiudono per i fedeli il processo di riabilitazione del Roveretano rendendo la condanna solo un brutto ricordo, dall’altro, invece, si apre la necessità di una profonda riflessione sulla figura di Rosmini e del suo pensiero. Grazie alla liberalizzazione degli accessi agli archivi delle due Congregazioni dottrinali della Chiesa: Sant’Uffizio ed Indice, è possibile oggi consultare gli atti che portarono alla condanna e compiere un lavoro scientifico di ricostruzione dell’intera vicenda e capire se tutto il processo- Rosmini fu veramente motivato da un desiderio di prevenzione nei suoi confronti oppure un atto di condanna dettato dalla supposta pericolosità del suo pensiero non in linea con i dettami papali, ma pur sempre ispirato da un profondo senso cristiano.
Il presente libro, curato da Luciano Malusa, studioso non solo della vicenda rosminiana ma anche del movimento neotomistico in Europa, e da Paolo De Lucia ed Eleanna Guglielmi, studiosi della tradizione filosofica italiana, il primo dell’antropologia filosofica nella filosofia cristiana dell’Ottocento e del Novecento e la seconda del rapporto tra Chiesa e pensiero cristiano nell’Ottocento, con specifico riferimento alla vicenda rosminiana, pubblica per la prima volta documenti e atti relativi alla condanna di Antonio Rosmini del 1887. La trascrizione critica dei documenti è preceduta da una lunga quanto esplicativa introduzione di Malusa, nella quale viene ricostruito il contesto culturale della Chiesa cattolica in quegli anni caratterizzati dal ritorno al tomismo quale unica fonte teologica, come indicato dall’enciclica Aeterni Patris, il ruolo di Leone XIII e quello dei gesuiti nell’azione di condanna di Rosmini.
Il volume è uno strumento indispensabile per ricostruire e comprendere la vicenda rosminiana, ma anche la dimostrazione di un’esigenza: che la figura di Antonio Rosmini non si riduca a quella di religioso che, condannato perché dichiarato eterodosso, è stato poi riabilitato e beatificato, ma quella di filosofo che ha espresso una via nuova nella filosofia di matrice cristiana rispetto a chiusure dottrinali antistoriche, aventi come unico fine non l’amore per la verità ma la sola preoccupazione di garantire stabilità ecclesiastico-istituzionale.    

PUBBLICATO IL : 29-09-2009
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