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Eugenio Garin, Bertrando Spaventa , Bibliopolis, 2007
di Massimiliano Biscuso

In occasione degli ottanta anni di Gerardo Marotta, instancabile promotore di cultura filosofica e di impegno civile, «gli amici» dell’avvocato hanno raccolto in un volumetto alcuni interventi di Eugenio Garin – che di Marotta era un estimatore, come mostra lo scritto riportato in apertura – sulla figura di Bertrando Spaventa: conferenze, lezioni o brevi scritti apparsi su riviste, frutto di una lunghissima frequentazione di studio. La scelta di dedicare all’avvocato Marotta una silloge di scritti spaventiani non si spiega semplicemente con la comune appartenenza alla cultura filosofica napoletana segnata profondamente dallo hegelismo, ma va ricercata nella particolare angolatura dalla quale Garin ha inteso presentare la figura di Bertrando Spaventa: non il pensatore metafisico, precursore della gentiliana riforma della dialettica hegeliana, ma il filosofo civile, erede della migliore tradizione dell’umanesimo, dei Bruno, dei Campanella e dei Vico. Lettura che emerge soprattutto nella conferenza che apre il libro, Filosofia e politica in Bertrando Spaventa (pp. 13-45), pronunciata nel 1983 proprio nell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici fondato da Marotta. L’hegelismo di Spaventa è «filosofia della rivoluzione e della liberazione umana» (p. 50), forza trasformatrice della realtà: «mentre la filosofia come sistema scientifico a sé sembra concludersi in Hegel, proprio allora si attua in concreto come motore del divenire storico, come la grande rivoluzione liberatrice dei popoli. Se la filosofia come riflessione sul proprio tempo finisce, lo spirito vive nel moto del reale, operandovi dentro. L’uccello di Minerva che spicca il volo al tramonto, la civetta, lascia il posto al lavoro sotterraneo della talpa, che vuole uscire alla luce e trasformare il mondo» (p. 19). Anche il celebre tema della «circolazione» del pensiero va letto per Garin alla luce di una concezione che vuole la filosofia «indispensabile premessa dell’opera» e «azione essa stessa»: spostare l’accento sull’ultimo grande pensiero italiano, quello del Rinascimento, e sul suo rapporto con la filosofia tedesca, la filosofia del tempo, e poi confrontarsi con la filosofia italiana contemporanea, quella di Rosmini e Gioberti, «significava lavorare alla rivoluzione italiana, comprendendo i motivi di un’antica sconfitta, e mettendo a fuoco le ragioni dell’azione politica presente» (pp. 26-27).
Il volumetto di Garin si segnala inoltre per le puntuali ricostruzioni storiche dell’influenza del pensiero e dell’insegnamento di Spaventa sui protagonisti della filosofia italiana tardo-ottocentesca: Felice Tocco, Francesco Fiorentino, ma anche Antonio Labriola; e per l’attenzione rivolta all’ultima fase della sua ricerca, che si confronta coll’empirismo, la psicologia, il positivismo, l’evoluzionismo.

PUBBLICATO IL : 03-12-2009
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