Il 23 e 24 novembre 2009 si è svolto, presso l’Institut für Philosophiedella Technische Universität di Dresda, in cooperazione con l’Italien-Zentrum della stessa università, il convegno Die Philosophie der italienischen Aufklärung, occasionato dalla pubblicazione del volume – a cura di Johannes Rohbeck e Wolfgang Rother – Die Philosophie des 18. Jahrhunderts, Band 3/1: Italien*. Il volume si inquadra nell’ambito del vasto e rimarchevole progetto editoriale della collana Grundriss der Geschichte der Philosophie: questa costituisce la più ampia storia della filosofia pubblicata in lingua tedesca e copre l’intero periodo dall’antichità al XX secolo, contemplando l’apporto di tradizioni tanto continentali quanto extra-europee. La rilevanza di questa pubblicazione consiste nel suo offrire la prima presentazione complessiva della filosofia italiana del XVIII secolo in lingua tedesca, aprendo anche in Germania a una discussione più approfondita ed informata circa temi e motivi peculiari dell’elaborazione filosofica italiana.
Il convegno si è aperto con l’intervento di Ferdinand Fellmann: Ferdinando Galiani: Der Mensch, das paradoxe Tier. Nella sua relazione, Fellmann si è programmaticamente sforzato di estrarre il nocciolo del pensiero di Galiani, concentrandosi sull’aspetto teoretico piuttosto che sul dato meramente storico-biografico. In questa chiave, Fellmann ha analizzato il concetto di uomo in Galiani, valorizzandone il ruolo di iniziatore dell’antropologia filosofica, derivata dalla disillusione circa la possibilità di una filosofia della storia: Galiani rigetta come utopia, pertanto, le speranze di progresso nutrite dal razionalismo enciclopedista. Non è tuttavia sufficiente descrivere tale antropologia come pessimismo, piuttosto si deve parlare – secondo Fellmann – di un “realismo radicale”, fondato sulla consapevolezza della complessità dell’uomo in quanto essere animale, oltre che spirituale.
Il successivo intervento di Paolo Casini, Newton, Locke e la cultura cattolica, ha offerto una ricostruzione storico-filosofica della ricezione in Italia del pensiero di Locke e Newton come icone della “Frühaufklärung”, per via della loro critica alla filosofia cartesiana, l’adesione al modello meccanicistico, l’esegesi razionalista delle Scritture. Casini ha evidenziato il diverso destino della ricezione dei due autori: mentre le opere di Locke suscitavano scandalo nel mondo anglicano e vennero infine messe all’Indice, Newton era visto come un campione della pietas e le sue opere venivano interpretate in senso apologetico. Questa tendenza è riscontrabile anche nell’Italia cattolica, più tangibilmente, anzi, che altrove: diversi sono gli esempi forniti da Casini. Il lockiano Essay concerning human understanding fu attaccato da Paolo Doria già prima della messa all’Indice, e Vico condivise con Doria l’accusa di materialismo epicureo-lucreziano mossa a Locke – benché, come precisato da Casini, alcune tracce del paradigma lucreziano siano rinvenibili nel V libro della Scienza Nuova, così come alcune influenze dell’Essay di Locke: il nome di quest’ultimo, tuttavia, scompare del tutto nell’edizione del 1744 della Scienza Nuova. Muratori, da parte sua, dopo un iniziale apprezzamento del pensiero lockiano, se ne allontana in relazione all’idea della thinking matter, riaffermando l’immaterialità dell’anima e riformulando la psicologia di Locke. Gli aperti sostenitori della filosofia lockiana subirono conseguenze dirette: l’abate Genovesi, che dava lezioni su Locke e ne tradusse in italiano La ragionevolezza del cristianesimo, fu colpito dalla Censura (benché avesse rifiutato l’ipotesi della materia pensante) e venne escluso dall’insegnamento della teologia. L’abate veneziano Antonio Conti, nel suo Trattato sull’anima umana, discusse la teoria gnoseologica di Locke senza avanzare, su di essa, alcuna riserva di natura metafisica: egli preferì, tuttavia, lasciare inedita la sua opera. L’intervento di Casini si è concluso evidenziando un paradosso: l’opera più nota dei riformatori lombardi, Dei delitti e delle pene di Beccaria, riprende direttamente la formulazione del patto dal Trattato sul governo di Locke. Un autore messo all’Indice, dunque, ha inaugurato in Italia l’epoca del filantropismo: la pena di morte fu però difesa in ambienti ecclesiastici e la stessa opera di Beccaria venne duramente attaccata.
Come terzo intervento, il convegno ha ospitato il contributo di Anna Maria Rao: Lettere e pubblico bene nell’Illuminismo meridionale. L’esperienza dell’Italia meridionale, in particolare il caso di Napoli, assurge per Rao ad esempio della concezione utilitaristica della cultura, che pervade tutto il ‘700 europeo: l’iniziale situazione di arretratezza culturale partenopea fu di spinta – secondo Rao – alla ricerca di motivi di riscatto nella storia, tramite il mito delle popolazioni pre-italiche e della Magna Grecia. D’altra parte, il confronto con altre realtà europee (Londra, Parigi, Berlino) alimentò considerazioni scettiche circa lo status sociale del letterato meridionale, “faticatore” (con le parole di Michele Torcia) più che letterato di professione: malgrado ciò, i letterati meridionali, a partire da Carlantonio Brogia e Antonio Genovesi, si adoperarono per un’applicazione politica delle Lettere, in funzione patriottica (vedremo tornare, nell’intervento conclusivo di Fabio Marri, il tema del ruolo del letterato e dell’applicazione politica del suo sapere). Patria e libertà sono messe da Genovesi in relazione: egli sostiene il sovrano nazionale come fulcro dell’idea di patria e afferma che nessun popolo è libero senza principato domestico. E’ Gateano Filangieri la figura che meglio esprime, tra gli anni ’70 e ’80, il legame del concetto di patria con quello di bene pubblico e con le Lettere: superando le chiusure municipalistiche, il patriota deve adoperarsi per la diffusione di un sapere che contribuisca al rinnovamento economico del paese. La filosofia, quindi, deve andare in soccorso dei governi per favorire il bene comune e sostenere questo spirito patriottico.
Il convegno è proseguito con il contributo di Wolfgang Rother: Felicità e libertà – concetti principali della filosofia politica dell’Illuminismo italiano. L’intervento, estremamente denso dal punto di vista della ricostruzione concettuale nonché l’unico dedicato all’elaborazione politico-sociale dell’Illuminismo lombardo – settore di spicco dell’Illuminismo italiano – ha posto al centro le figure di Beccaria e Paradisi. Il primo viene preso in considerazione quale critico di Rousseau, al fine di mostrare come l’utilitarismo negativo e il minimalismo legislativo dello stesso Beccaria, fondati sul primato della libertà personale, si distinguano dalla concezione rousseauiana basata, invece, sul primato della sicurezza. In Paradisi si profila analogamente una declinazione utilitaristica del diritto, in cui rimangono centrali la libertà e la pubblica felicità: questo il motivo della simpatia per la democrazia come conservazione della libertà e dell’uguaglianza insiti nel diritto naturale. Al rifiuto del dispotismo si accompagna però la coscienza del carattere utopico della stessa democrazia, dovuto all’imperfezione dell’uomo. Ne consegue che lo schema interpretativo basato sulla bipartizione eudemonismo-liberalismo, dove il primo corrisponde alla filosofia politica del tardo assolutismo e il secondo all’esito storico e filosofico della Rivoluzione francese, assume nel discorso italiano una forma peculiare. In Beccaria, l’utilitarismo negativo si rovescia infine in negazione dell’utilitarismo e l’antiassolutismo liberalistico, che lo accomuna a Paradisi, conduce infine a relativizzare l’eudemonismo politico: la libertà fonda la possibilità di conseguire la felicità. La democrazia si afferma, così, come elemento imprescindibile della concezione liberale.
Nel suo contributo, I filosofi e le donne nell’Italia dei Lumi, Marta Cavazza ha analizzato alcuni momenti della discussione settecentesca su genere, natura ed educazione in autori quali Vallisneri, Conti, Algarotti ed altri. L’analisi si è sviluppata essenzialmente su due piani: in primo luogo, quello culturale, con la formazione di nuovi modi della sociabilità e l’apertura alle donne di ambienti intellettuali (accademie scientifiche e letterarie) e di attività tradizionalmente maschili (pubblicazioni, traduzioni, direzione di giornali, insegnamento universitario). In secondo luogo, il piano dei rapporti sociali e familiari: si modificano la distribuzione dei ruoli e la divisione dei compiti, d’altro canto si fanno ancora valere – sebbene non più nella declinazione aristotelico-galenica – forme di pregiudizio verso il genere femminile, fondate sulla presunta imperfezione psico-fisica della donna.
Vittor Ivo Comparato ha mirato a restituire, nel suo contributo, Controversie cartesiane nell’Italia del primo Settecento: Grimaldi, Pascoli, Doria, Spinelli, la perdurante attualità, ma anche la difficoltà di integrazione, del cartesianesimo nel dibattito filosofico dell’Italia meridionale settecentesca. Comparato ha esaminato il caso Grimaldi-Pascoli in quanto indicativo delle discussioni allora in atto circa, da un lato, la fisica particellare e il dualismo corpo-anima, e, dall’altro, la questione del metodo geometrico, spesso ripreso in forza di un più o meno latente spinozismo. Grimaldi difese, in particolare, il medico perugino Pascoli, il quale aveva scritto un’apologia dell’automatismo animale, che fu costretto a ritrattare. La polemica Doria-Spinelli sullo spinozismo testimonia, invece, la persistente accusa, rivolta alla metafisica cartesiana, di sfociare in una forma di monismo panteistico. Comparato ha infine analizzato il peculiare nesso che lega la ricezione del giusnaturalismo alla ripresa della teoria cartesiana delle passioni: la necessità di un’antropologia politica adeguata rispetto alle scuole giusnaturalistiche europee ha stimolato il riferimento a tale teoria nella versione fornita da Malebranche.
Il convegno si è concluso con l’intervento di Fabio Marri, Il divenire del pensiero muratoriano nel colloquio col mondo germanofono. A partire dalla concezione muratoriana del filosofo come vero erudito, Marri ha evidenziato l’ispirazione politica del pensiero di Muratori: questi sostiene che la filosofia è utile al buon governo ed esalta la scienza sperimentale, che procede per ipotesi, verosimiglianza, probabilità, di contro ai sistemi e alle costruzioni teoriche. E’ sufficiente, secondo Muratori – il quale si distanziò presto dalla propria formazione cartesiana, condividendo la critica leibniziana a Cartesio – procedere soltanto sulla base delle certezze offerte dalla fisica. Nella sua opera Le forze dell’intendimento Muratori prende posizione anche rispetto a Locke, dedicando tre capitoli, senza poi avere il coraggio di pubblicarli, ad un elogio del filosofo inglese e all’apprezzamento della sua metafisica, definita “la migliore possibile”.
Come mostrato dal resoconto, il convegno ha profilato i diversi aspetti della filosofia italiana dell’Illuminismo, cercando di restituirne tanto i tratti tradizionali, rientranti nella temperie generale dell’Illuminismo europeo, quanto gli spunti e gli sviluppi legati alla storia e alla specificità italiane. Nel fare ciò, l’orientamento dei relatori è stato prevalentemente improntato in senso storico-ricostruttivo, in modo senz’altro coerente con l’impostazione complessiva del Grundriss, ma non esente da implicazioni genuinamente teoretiche, che, rimaste forse in ombra nello svolgersi del convegno, sono tuttavia rintracciabili nel volume presentato, come evidenziato dallo stesso Curatore nell’intervista Die Philosophie der italienischen Aufklärung. Interview mit Wolfgang Rother, pubblicata su questo sito.
* Grundriss der Geschichte der Philosophie. Begründet von Friedrich Ueberweg. Völlig neu bearbeitete Ausgabe. Herausgegeben von Helmut Holzhey. Die Philosophie des 18. Jahrhunderts. Band 3/1: Italien. Herausgegeben von Johannes Rohbeck und Wolfgang Rother (Basel: Schwabe, 2010) |