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Giorgio Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di Jakob Moleschott , Laterza, 2005
di Massimiliano Biscuso
Jacob Moleschott fu uno degli indiscussi protagonisti del cosiddetto materialismo scientistico, o, come Engels volle definirlo prendendone le distanze, del Vulgärmaterialismus della seconda metà dell’Ottocento. Nato in Olanda nel 1822, studiò medicina nell’Università di Heidelberg e divenne uno di quei giovani ricercatori che contribuirono a dissolvere le influenze della Naturphilosophie (pur serbando sempre traccia di un generico hegelismo per la sua impostazione monistica) e ad avviare la moderna ricerca scientifica. Moleschott, però, non fu mai un puro ricercatore: da un lato fu un divulgatore popolare della scienza medica, dall’altro si mostrò sempre attento a porre in rilievo le conseguenze filosofiche delle scoperte scientifiche. Le due prime importanti pubblicazioni, infatti, furono un’opera divulgativa sulla fisiologia dell’alimentazione, Lehre der Nahrungsmittel für das Volk (Dottrina dell’alimentazione per il popolo, 1850), che fu oggetto di una celebre recensione da parte di Feuerbach (Die Naturwissenschaft und die Revolution, 1850), e Der Kreislauf des Lebens (La circolazione della vita, 1852), con cui Moleschott rispondeva ai Chemische Briefe (Lettere chimiche) di Justus Liebig, contestandone la concezione spiritualistica della scienza, fondata sulla tesi creazionista. La diffusione de La circolazione della vita, per il suo aperto materialismo, fu ben presto vietata in Baviera e in Austria, e Moleschott diffidato, pena la revoca della libera docenza, dal continuare «a guastare la gioventù con gli scritti e con la parola». Abbandonato per protesta l’insegnamento, il medico-filosofo di lì a pochi anni si trasferì a Zurigo, dove conobbe Francesco De Sanctis, che ne fu amico ed estimatore, tanto da chiamarlo, una volta divenuto ministro della Pubblica istruzione del nuovo Regno d’Italia, alla cattedra di fisiologia sperimentale dell’Università di Torino; qui insegnò fino al 1879, anno in cui si trasferì alla “Sapienza” di Roma. “Jacopo” Moleschott, assunta la cittadinanza italiana fin dal 1862, nel 1876 divenne senatore del Regno. Sebbene il suo pensiero si fosse già sostanzialmente definito prima del suo approdo in Italia, non è priva di interesse la sua produzione italiana: oltre ai contributi nel campo della fisiologia, vanno ricordate le numerose e importanti prolusioni (basti ricordare Dei limiti della natura umana del 1862, che introduce per la prima volta in Italia la psicofisiologia di Fechner e Weber; oppure Patologia e fisiologia del 1865, che, sostenendo la continuità tra fisiologia e patologia, apre una prospettiva teorica che sarà fatta propria solo diversi anni più tardi da Claude Bernard), l’opuscolo divulgativo Consigli e conforti nei tempi del colera (1866), i discorsi tenuti in Senato, le commemorazioni (di Darwin, De Sanctis, Tommasi), per finire con il libro di ricordi Für meine Freunde. Lebenserinnerungen (Per gli amici miei. Ricordi autobiografici), uscito postumo nel 1894; Moleschott era morto a Roma l’anno precedente.
Non paia oziosa questa breve ricostruzione della vita e della operosità scientifico-filosofica di Moleschott: rari gli studi dedicatigli, difficilmente reperibili le sue opere, il suo nome risulta oggi quasi sconosciuto anche all’interno delle facoltà di Filosofia. Negli ultimi anni sono apparsi ben pochi contributi specifici: gli studi di Antimo Negri, raccolti in Trittico materialistico: Georg Büchner, Jacopo Moleschott e Ludwig Büchner (Cadmo, Roma, 1981), e nell’Introduzione alle Prolusioni italiane (Marzorati, Milano 1988, pp. 9-43); lo studio di C. De Pascale e A. Savorelli, L’archivio di Jacob Moleschott (con documenti inediti e lettere di F. De Sanctis, S. Tommasi e A.C. De Meis) (in “Giornale critico della filosofia italiana”, 1986, pp. 216-248); e infine la breve monografia di Adele Patriarchi, Jacob Moleschott ed il materialismo dell’Ottocento (Antonio Pellicani, Roma 1997), che contiene una utile Nota bibliografica (pp. 73-100). Nient’altro, se non brevi trattazioni in opere che affrontano argomenti più ampi (ad es. G. Cimino, La mente e il suo substratum. Studi sul pensiero neurofisiologico dell’Ottocento, Domus Galileana, Pisa 1984; oppure G. de Liguori, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo 1868-1911, Laterza, Roma-Bari 1988). Né miglior sorte hanno avuto i suoi scritti: possiamo ricordare solo la bella antologia di Arrigo Pacchi, Materialisti dell’Ottocento (il Mulino, Bologna 1978), ormai fuori commercio, che conteneva la traduzione di alcuni brani tratti da La circolazione della vita (pp. 149-177), oltre alla su citata recensione di Feuerbach (pp. 129-145); e le quattro Prolusioni italiane curate da Antimo Negri (le prolusioni sono: Dei limiti della ragione [sic] umana [1862], L’unità della vita [1863], La fisiologia e le scienze sorelle [1879], Per una festa della scienza [1886]). Per il resto bisogna rifarsi alle edizioni ottocentesche.
È proprio a partire da questa situazione desolante che va apprezzata positivamente la pubblicazione de Il medico materialista. Vita e pensiero di Jakob Moleschott, opera di uno dei nostri più importanti storici della medicina, Giorgio Cosmacini, che aveva già ben chiarito l’importanza per la cultura scientifica italiana della figura del medico-filosofo in due interventi contenuti negli Annali della einaudiana Storia d’Italia (Problemi medico-biologici e concezione materialistica nella seconda metà dell’Ottocento, III, Torino 1980, pp. 813-861; Medicina, ideologie, filosofie nel pensiero dei clinici fra Ottocento e Novecento, IV, Torino 1981, pp. 1157-1194). E la difficoltà di reperire i testi del medico-filosofo spiega inoltre la scelta di Cosmacini non solo di dare conto nella sua biografia dei risultati più interessanti e, comunque, caratterizzanti del pensiero moleschottiano, ma addirittura di riassumere nel dettaglio il suo capolavoro, La circolazione della vita (pp. 29-52).
Non è difficile riconoscere alla figura di Moleschott un rilievo storico notevole nella cultura italiana (e non solo italiana, ovviamente) della seconda metà dell’Ottocento: dal partecipare attivamente all’opera di svecchiamento e sprovincializzazione della cultura universitaria, voluto da De Sanctis subito dopo l’Unità, grazie all’introduzione dello sperimentalismo nella ricerca fisiologica, alla divulgazione scientifica di norme igieniche e sanitarie atte a sconfiggere superstizione e disinformazione medica in vista della lotta contro il colera, alla profonda influenza su una nuova generazione di medici (tra cui vanno ricordati almeno Salvatore Tommasi, Angelo Mosso e Cesare Lombroso), all’attività nel Senato del Regno, indirizzata soprattutto ai problemi dell’istruzione (introduzione dell’educazione fisica nelle scuole, dibattiti sulla legge Coppino ecc.) e della sanità (in special modo gli interventi sul progetto di riforma sanitaria elaborato dall’igienista Luigi Pagliani, formatosi proprio alla scuola di Moleschott, e poi approvato nel 1888). Di tutto ciò la ricerca di Cosmacini dà ampia testimonianza nel terzo capitolo del volume, dedicato appunto agli anni italiani (pp. 101-166).
Più difficile è cogliere invece quale interesse teorico possa avere per noi il pensiero di Moleschott. Direi che sono due gli aspetti che lo rendono attuale, certo non per le tesi specifiche che il medico-filosofo avanzò, legate come sono ad una epistemologia ingenuamente riduzionista e ad un atteggiamento scientistico di fondo oggi insoddisfacenti, ma piuttosto per le esigenze che quelle tesi erano chiamate a soddisfare: il mantenimento di legami fecondi tra la filosofia e la scienza, in particolare la medicina, e la specificità del contributo della filosofia rispetto alla scienza, se quella non vuole ridursi ad essere una semplice sintesi dei risultati di questa.
In un’epoca che vede, grazie al suo apporto e a quello di tanti altri ricercatori e medici a lui coevi (da Liebig a Virchow, da Bernard a Pasteur), la nascita della medicina scientifica, Moleschott sembra preoccuparsi soprattutto dei possibili esiti negativi proprio di una delle condizioni del suo sviluppo: la specializzazione e tecnicizzazione che, pur indispensabile, non deve tradursi nella recisione di ogni legame con la filosofia, cioè con le conseguenze che le scoperte della scienza portano nella immagine che l’uomo ha di sé e della sua relazione con la natura e, più in generale, nella stessa concezione della natura. «Secondo Moleschott», commenta Cosmacini, «lo scienziato degno di questo nome – e il medico moderno deve essere, per lui, uno scienziato – non può curare l’orticello del proprio sapere specialistico e intanto contemplare il paesaggio tradizionale che lo circonda, né può coltivare i fertili campi della scienza sperimentale nel completo disinteresse di ogni visione panoramica. Fuor di metafora, la recisione del cordone ombelicale che lega la scienza alla filosofia conduce o alle credenze di scienziati fideisti, che accettano un sapere diverso da quello loro proprio e di questo più ampio [come Liebig], o alle dimissioni teoretiche di altri scienziati, che accettano non soltanto le incognite contingenti – ignoramus – di una scienza perfettibile, ma anche le incognite eterne – semper ignorabimus – di una realtà sottostante i fenomeni e per sé inconoscibile [come Du Bois-Reymond]» (p. 131). Il materialismo di Moleschott, perciò, non è solo sperimentalismo di laboratorio, ma anche «cognizione della materialità dell’uomo e della concretezza materiale di ogni umana attività» (p. 132). Di qui, tra l’altro, l’impegno nel dibattito sulla riforma universitaria, nel quale propose di immettere in tutte le Facoltà «una buona dose di filosofia» (p. 159), come correttivo di un troppo precoce specialismo.
Per quanto riguarda il secondo punto è illuminante il rapporto con Feuerbach: se Moleschott ha sempre proclamato la propria dipendenza da Feuerbach, specialmente nell’interpretazione antropologica del fenomeno religioso (cfr. pp. 23-24; e viceversa Feuerbach è stato sollecitato da Moleschott a prestare un’attenzione non generica al sostrato fisiologico delle attività “spirituali”), ciò che li accomuna è la consapevolezza di essere interpreti di una medesima problematica: «la rivalutazione e comprensione dell’uomo, in rapporto ai profondi rivolgimenti della realtà naturale e sociale, alla luce di una concezione generale del mondo rovesciata od opposta rispetto a quella idealistica e spiritualistica. Ma – continua in modo molto pertinente Cosmacini – è proprio nella realizzazione di questo programma comune che appaiono manifeste le discordanze tra Feuerbach e i materialisti: laddove il materialismo psicofisiologico di Moleschott-Büchner-Vogt, con la nozione scientifica dei legami che vincolano l’attività cosiddetta spirituale dell’uomo alla sua base materiale (riduzione dello spirito a materia, del pensiero al cervello) ritiene esaurito il proprio compito filosofico, il materialismo antropologico di Feuerbach, pur condividendo la predetta soluzione psicofica dei problemi della natura e dell’uomo, considera tale soluzione preliminare a un’indagine filosofica ulteriore sui contenuti della concreta ed autonoma esperienza umana. Il riconoscimento di questa specificità del livello antropologico nei confronti del livello psicofisico è verosimilmente impedito al pensiero del materialismo scientifico dal timore di evadere dal campo della scienza per vanificarsi nel campo dell’astratta speculazione» (pp. 74-75).
La biografia di Cosmacini ci invita a riflettere su questa alternativa, un’alternativa attuale ancora oggi, che divide chi ritiene che i programmi scientifici di naturalizzazione siano capaci di assorbire in sé le questioni che una volta erano proprie della filosofia, dando delle risposte che questa non sarebbe riuscita a dare, e chi al contrario sostiene che nessun programma naturalistico, che tenta di spiegare un qualsiasi fenomeno (la mente, la società, la cultura ecc.) riconducendolo all’ambito ontologico unitario della natura, sia di per sé già realizzazione di un progetto filosofico, perché ne costituirebbe solo la premessa, sia pure indispensabile.
PUBBLICATO IL : 09-02-2006
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