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Piero Martinetti, Breviario spirituale, con prefazione di Anacleto Verrecchia , Utet, 2006
di Claudia Melica

La casa editrice Utet propone nella collana «gli Imprescindibili» un’opera di Piero Martinetti (1872-1943) divenuta oggi introvabile. Si tratta del Breviario spirituale pubblicato anonimo, nel 1922 dalla casa editrice Isis di Milano e poi ristampato, nel 1972, in una nuova edizione a cura di G. Zanga, dalla meno nota casa editrice Bresci di Torino. L’origine del lavoro in argomento è da ricondursi a un concorso indetto dall’Istituto Lombardo riguardante un libro di morale popolare; esso, pur non aggiudicandosi il premio, incontrò il  giudizio favorevole della commissione e venne pubblicato, alcuni anni più tardi, senza il nome dell’autore.
Quest’opera è definita da Martinetti semplicemente un «umile libro di sapienza popolare» (172), dal momento che non intende costituire un «trattato dogmatico di morale» che procede da principi astratti che «non rappresentano nulla di concreto e di vivo alla coscienza popolare» (13). Lo scritto, al contrario, intende in realtà essere un’opera di «sapienza pratica» in grado di descrivere le disposizioni da mettere in atto per introdurre l’uomo, con gradualità, alla conduzione di una vita saggia. Lo scopo del Breviario è, infatti, indicare «una concezione pratica della vita» che risponda «alle esigenze ideali» della coscienza umana (12). Alla luce di questa accezione, il titolo del volume appare fuorviante rispetto al suo contenuto. Non si tratta, infatti,  di esercizi spirituali di carattere esclusivamente religioso, bensì di indicazioni pragmatiche orientate a guidare la condotta dell’uomo ed eventualmente ad  avviare all’esperienza religiosa. L’intonazione e il carattere del volume di Martinetti sono da riferire in maniera preminente allo stoicismo antico e, in particolare, al celebre Manuale di Epitteto e ai Ricordi di Marco Aurelio, esplicitamente citati come «i libri d’oro dell’umanità» (171). Sebbene, tra questi libri, Martinetti inserisca anche gli Aforismi di Schopenhauer e il Giornale intimo di Amiel egli si ricollega, nel corso del lavoro, soprattutto al pensiero di Marco Aurelio, riportandone ampie citazioni tratte dai Ricordi. Secondo Martinetti, i Ricordi «non sono un trattato schematico di morale derivato faticosamente da principi, ma un libro di esperienze morali» (14). è per tale ragione che l’imperatore romano rappresenta, per Martinetti, l’esempio per antonomasia di «uno spirito universale» che ha utilizzato «un linguaggio eterno» (7), in luogo  dello spirito circoscrivibile unicamente ad una data epoca storica.
La struttura del volume è sviluppata  in un’ampia Introduzione e in altre tre parti che hanno lo scopo di guidare gradualmente l’uomo verso «il valore vero della vita che è al di là della vita» stessa (9). I tre gradi del cammino sono «la forza», «la bontà» e «la saggezza», ai quali corrispondono rispettivamente la vita privata, quella etica e quella filosofico-religiosa. Come tuttavia Martinetti chiarisce nell’Introduzione,  non si tratta di un percorso lineare, ma di un percorso non stabile fatto di errori e ammaestramenti che, nel contempo, gli atti della vita stessa originano (cfr. pp. 3-4). Per questo motivo, il tipo di morale proposta dal filosofo piemontese non è una morale individuale, propria solo di una casta o di uno specifico ceto sociale, ma una morale in grado di «gettare uno sguardo più complessivo e più libero sui molteplici rapporti della vita» (5). Ciò avviene solo quando la volontà dell’uomo riesce gradualmente a dominare se stessa liberandosi dagli impulsi. Una volta raggiunto un simile  stadio, l’uomo diviene ragionevole e «sa vedere ogni singola cosa dal punto di vista del tutto» (7).  Per giungere a questo risultato, Martinetti suggerisce «precetti dell’esperienza morale» che sappiano parlare al cuore e all’intelletto e che conducano a risvegliare autonomamente nell’uomo la volontà e la riflessione (15). Proprio in quanto «esperienza morale» e non morale astratta essa può trasformarsi in «insegnamento e precetto nel medesimo tempo» (ibid). L’opera in questione fu scritta intorno agli anni venti del secolo scorso, collocandosi così in quel difficile clima succeduto alla prima guerra mondiale che preludeva all’avvento del fascismo. Numerosi sono i riferimenti, polemici, di Martinetti verso determinate caratteristiche della  società del tempo, che si sarebbe poi plasmata per assecondare l’avvento del totalitarismo. Si ritiene probabile che, per queste ragioni, l’opera fu pubblicata senza il nome dell’autore. Martinetti critica duramente, ad esempio, il corpo sociale di quel tempo che mirava ad esaltare la forza con una sorta di «orgoglio dominatore» (21) e disprezzava, al contrario, la mitezza. Inoltre, il filosofo canavese si scaglia contro la retorica dell’epoca che enfatizzava  il nazionalismo e analizza, con estremo rigore e acutezza, il concetto di «patria» e il conseguente «sentimento patrio», distinguendole dal concetto di «Stato» e di «nazione». Secondo Martinetti «l’unità morale della patria ha per fine», al pari di quella della famiglia che ha per scopo «la conservazione dell’umanità come specie», il mantenimento della «tradizione spirituale» dell’umanità (100). Ciò non ha nulla a che vedere con «il patriottismo esclusivo, rumoroso ed astioso che sotto i nomi di imperialismo propugna l’espansione aggressiva ed ingiusta di una nazione a detrimento delle altre» (101). è certamente possibile amare la patria e non escludere un’«ideale di giustizia e di fraternità universale» verso tutti gli uomini (ibid.). Il fine è, quindi, quello di «lavorare al trionfo di un’umanità pacifica, retta secondo giustizia» (102) e, di conseguenza, l’amor patrio ha un valore altissimo, se «ha di mira gli interessi universali della nazione» (102-103). La «nazione» spesso è stata ingiustamente identificata con lo «Stato», ma tale identificazione non è pertinente perché, per Martinetti, lo «Stato» rappresentata solo gli interessi di una parte, per buona o cattiva che essa possa essere, non già quelli del popolo. La sfiducia del filosofo piemontese nei confronti delle istituzioni dello Stato soggette a continui e repentini cambiamenti, gli fa quindi sostenere che lo «Stato» è sempre «dominio di una minoranza» (105) persino nella sua forma parlamentare. Da queste argomentazioni prendono avvio le pagine maggiormente incisive di tutta l’opera, dedicate ad indagare i concetti di «democrazia», «liberalismo» e «socialismo» e a fornire la propria originale interpretazione. Dopo aver formulato una profonda critica al concetto di «Stato liberale» e una critica ad alcuni aspetti del «socialismo scientifico» (come ad esempio la «base materialistica della sua dottrina»), Martinetti esprime un giudizio in parte positivo sulla validità storica del socialismo in genere. è auspicato allora da Martinetti una sorta di «socialismo morale» che possieda la caratteristica di essere «un’aristocrazia dei capaci e dei migliori» (128). Il Breviario si conclude indicando la via ideale da percorrere nel rapporto tra società e singolo. Solo «in questa trasformazione della società in un vero organismo morale che raccolga in sé tutte le volontà buone e ne diriga tutte le energie verso la conquista dei beni ideali della vita sta il vero e degno compito dello stato sociale dell’avvenire» (131).

Queste sono, in sintesi, alcune delle preziose riflessioni di Martinetti esposte nel suo Breviario. In esso si condensa quella che egli stesso chiama l’«umile filosofia della vita quotidiana» (17), la quale filosofia è «popolare» (16) perché ambisce rivolgersi alla maggior parte degli uomini. Tuttavia, contrariamente a quanto egli dichiara, essa non può configurarsi come una mera filosofia «semplice» nel senso di facilmente comprensibile ed esente da aporie. Essa è indiscutibilmente una concezione espressa con una mirabile chiarezza espositiva, ma è al contempo una speculazione complessa che cerca di sviluppare al suo interno alcuni tra i temi etico-politici più problematici, nel tentativo di fondare teoricamente la sua dottrina politica. L’evento editoriale in oggetto, grazie al quale tale materiale è nuovamente a disposizione degli studiosi, merita di essere dovutamente segnalato, con l’augurio che esso incoraggi ad indagare ulteriormente il pensiero di un filosofo italiano che, per un determinato periodo, fu ingiustamente dimenticato e frainteso.
PUBBLICATO IL : 12-05-2007
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