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Fulvio Papi, Antropologia e civiltà nel pensiero di Giordano Bruno , Liguori Editore, 2006
di Alessandro Aprile

Dopo quasi quarant’anni dalla sua prima edizione viene ripubblicato un testo che è stato il punto di riferimento per diverse generazioni di studiosi della figura e del pensiero di Giordano Bruno ma che ormai da diversi anni era difficilmente reperibile in commercio. Antropologia e civiltà nel pensiero di Giordano Bruno è il frutto di un intenso studio giovanile di Fulvio Papi, lavoro che già quando uscì nel 1968, nella collana dell’Istituto di Storia della filosofia dell’Università Statale di Milano, ebbe un notevole riconoscimento tra gli studiosi del Nolano.
Questa seconda edizione è perfettamente identica alla prima perché, come dice lo stesso Papi nella prefazione :«Un testo, a mio modo di vedere, appartiene a una congiuntura culturale, sia per quanto riguarda l’oggettività degli studi sia per quanto riguarda la prospettiva dell’interprete che è bene non alterare, poiché nel suo particolare equilibrio, è pur sempre una forma» (Prefazione p. XVI).
         Per comprendere perché questo libro riscosse molto successo quando uscì per la prima volta e perché ancor oggi rimane un’opera fondamentale per lo studio del pensiero bruniano, si deve riconsiderare qual era lo stato degli studi su Giordano Bruno negli anni Sessanta. Per farlo basta ricordare in particolare un’opera che dominò per diverso tempo le ricerche sul Nolano: Giordano Bruno and the Hermetic Tradition di Frances A. Yates pubblicata nel 1964 e che fu tradotta per la prima volta, rispetto ad altre traduzioni europee, in italiano nel 1969. Il merito di questo studio fu quello di reinterpretare la figura e l’opera di Giordano Bruno riportando alla luce tutto l’impianto magico ed ermetico del suo pensiero e rivalutando quelle opere tarde che soprattutto dalla storiografia critica italiana non erano ancora state tenute molto presenti perchè dominata ancora dall’interpretazione gentiliana, la quale si concentrava soprattutto sulla necessità di individuare l’unità spirituale del sistema filosofico bruniano. La ricostruzione della Yates, però, lasciò a margine tutta la complessità dell’esperienza intellettuale di Bruno senza afferrarne la portata eversiva, restituendone, invece, una parziale immagine. Il libro di Papi, pur essendo anch’esso «una ricerca settoriale» e non un tentativo di offrire un’interpretazione di natura globale dell’opera bruniana, si distinse da subito per una lettura nella quale si “interrogava” direttamente Bruno riguardo alle nozioni di “antropologia” e “civiltà”. Il mettere in rilievo queste due tematiche significò ripercorrere alcuni degli snodi più importanti del pensiero bruniano e affrontare grandi temi della modernità quali: la religione, lo stato, la fortuna, la natura, la materia, la generazione e il colonialismo.
Il lavoro di Fulvio Papi fu importante non solo per l’analisi di queste tematiche ma anche per il metodo di lavoro scelto, perché esplorò territori di ricerca che in quell’epoca non erano assolutamente battuti, ovvero indagò a fondo le relazioni tra il Nolano ed alcuni dei protagonisti del dibattito letterario e filosofico della sua epoca. Infatti, il libro si articola con l’individuazione di un tema, che viene ricostruito ed esaminato attentamente all’interno dell’intera opera di Bruno e, una volta definita la posizione di Bruno, si allarga l’analisi alle possibili fonti e ai probabili interlocutori del filosofo.
 Il libro di  Fulvio Papi può essere apprezzato soprattutto da studiosi del pensiero di Bruno, dato il lungo e corposo lavoro che c’è dietro la sua stesura, ma anche da chi, non avendo una conoscenza specialistica di questa filosofia, vuole riflettere sui temi più “eversivi” e magnificamente attuali del pensiero di Giordano Bruno, quali ad esempio la critica al colonialismo e all’eurocentrismo religioso di tipo cristiano che alla fine del XVI secolo aveva perpetrato tanta violenza agli indigeni d’America. Bruno fu uno dei pochi intellettuali europei a denunciare lo sterminio delle popolazioni colonizzate e a porre le basi filosofiche e culturali per un eurocentrismo moderato, più aperto a «comprendere l’ingresso nella dimensione europea di popoli “primitivi”» (p. 317), fondato su un’antropologia naturalistica nella quale il rapporto di continuità tra “natura” e “civiltà”, e l’elogio della mano, trovavano la loro dimostrazione nell’evidenza dei progressi culturali, scientifici e tecnici.
Sono proprio queste basi filosofiche che il libro di Papi prende in esame attraverso una riflessione accurata ed estremamente attenta all’aspetto più genuinamente teoretico del pensiero bruniano, aspetto che non è conseguenza della modernità di Bruno ma sua più profonda causa.

PUBBLICATO IL : 06-07-2007
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