Dopo essere stato pubblicato in Francia nel 2004 all’interno della collana Bibliothèque de l’Evolution de l’Humanitè di Albin Michel, quest’ultimo lavoro di Nuccio Ordine viene presentato ora in versione italiana nella collana Scienze e idee, diretta da Giulio Giorello, presso la casa editrice Raffaello Cortina, con importanti aggiunte e integrazioni bibliografiche rispetto all’edizione francese, confermando pienamente il riconoscimento internazionale che, da ormai diversi anni, l’Autore ha nel campo degli studi bruniani.
Sviluppando alcune intuizioni della Yates formulate nel volume The French Academy of the Sixteenth Century (1948) e poi abbandonate dalla stessa a favore di ricerche attente a proiettare la filosofia nolana all’interno di un orizzonte interamente dominato dalla cabala e dall’ermetismo (si veda a riguardo Giordano Bruno and the Hermetic Tradition 1964), Ordine propone uno studio approfondito dello Spaccio de la bestia trionfante (1584) attraverso il confronto con alcune opere del poeta francese Pierre de Ronsard (1524-1585), in particolare i Discours des Miséres de ce temps (1560), con l’intento di dimostrare come tra le due opere, e in generale tra i due autori, ci siano numerosi punti di contatto su questioni legate alla filosofia morale, alla concezione politica della religione ed allo stesso impegno civile. L’Autore non vuole, però, sostenere la tesi di una derivazione diretta dei temi trattati nello Spaccio dall’opera ronsardiana quanto esaminare il milieu con il quale Bruno entra in contatto durante il suo soggiorno parigino (1581-1583) presso la corte di Enrico III di Valois. Non può, infatti, essere letta come una mera casualità la corrispondenza di alcuni temi tra il dibattito esistente all’interno dell’Accademia del Palazzo, voluta dallo stesso sovrano e nella quale Ronsard aveva un posto di rilievo, e la filosofia di Giordano Bruno. Ordine cerca quindi di collocare i temi presenti nello Spaccio, quali la Gigantomachia (cap. V), l’elogio della religione civile dei Romani (cap. VII), la critica al principio luterano di iustitia sola fide (cap. VIII), l’elogio della mano e della fatica (cap. IX), e della regina Elisabetta (cap. XV), all’interno di quell’intenso dibattito politico-culturale di rinnovamento che, tra gli anni Sessanta e Ottanta, si sviluppa in Francia intorno alla figura di Enrico III.
La corrispondenza tra la «nolana filosofia» e il milieu francese non è dimostrata da Ordine esclusivamente attraverso il confronto con la poesia di Ronsard ma anche mediante un ancor più interessante raffronto con un’altra figura di non secondaria importanza: Michel de Castelnau (1518/1520-1592), l’ambasciatore francese in Inghilterra presso cui Bruno alloggia durante il suo soggiorno londinese (1583-1585). Se la critica bruniana si è concentrata sulla sua figura solo alla ricerca di notizie che potessero contenere informazioni sul Nolano e sul suo ruolo all’ambasciata, (si ricordi a questo riguardo il volume di John Bossy Giordano Bruno and the Embassy Affair, 1991), Ordine invece esamina l’unica opera del Castelnau pervenutaci: i Mémoires (pubblicati postumi nel 1612 dal figlio Jacques). In queste memorie l’ambasciatore francese non si limita a raccontare gli episodi di cui è stato protagonista ma ad essi aggiunge osservazioni personali, riflessioni, giudizi senza nascondere minimamente il suo vero punto di vista: la fedeltà a Enrico III e la stima per la regina Elisabetta, la condanna degli eccessi e delle violenze perpetrate dai fanatismi cattolici e protestanti, la centralità dello Stato, l’importanza della giustizia e della legge, e la funzione civile della religione. Il Castelnau inizia a scrivere i Mémoires nel 1581 e vi lavora fino al 1585, anno del suo definitivo rientro in Francia, quindi è plausibile ammettere che, scrive Ordine, «vivendo sotto lo stesso tetto, il diplomatico non poteva ignorare ciò che il filosofo stava scrivendo. Così come il filosofo non poteva non essere a conoscenza della cronaca autobiografica su cui il diplomatico stava lavorando. E trattandosi di argomenti, in parte, di comune interesse, non è difficile ipotizzare che il Castelnau avesse potuto fornire a Bruno non solamente la sua personale testimonianza ma anche altri elementi di riflessione in diretto rapporto con i temi oggetto delle loro discussioni» (p. 6). A una lettura attenta dei due testi, infatti, balza subito agli occhi un comune denominatore: entrambi analizzano cause ed effetti delle guerre di religione, certo con una diversità di prospettive e di generi letterari, accomunati, però, dalla causa politico- religiosa di smascherare la sete di potere e di interessi economici celantesi dietro i sanguinosi scontri religiosi tra cattolici e protestanti.
Ordine percorre, quindi, attraverso questo volume un’interessante linea di indagine storiografica tesa a ricostruire il panorama politico-culturale nel quale Bruno elaborò una parte importantissima della sua filosofia. E’ difficile pensare, infatti, che nel biennio inglese il Nolano, ospite del Castelnau, interrompesse le relazioni con la corte parigina e che i sei dialoghi italiani scritti a Londra non testimonino la sua partecipazione attiva al dibattito che si andava svolgendo nel milieu di Enrico III.
Il presente volume non esaurisce, ovviamente, l’intera questione ma la pone, mostrandola in tutta la sua fondamentale importanza. Infatti, cogliere le trame che legano Bruno al dibattito europeo significa comprendere il ruolo che la sua filosofia ha avuto nel progetto di rinnovamento generale di una società divisa da terribili scontri religiosi e la sua straordinaria attualità anche per i lettori contemporanei. |