Venerdì 20 maggio è morto Paul Ricoeur. Con lui è scomparsa
una delle ultime voci filosofiche che, assieme a poche altre, hanno saputo,
attraverso il pensiero, testimoniare la storia travagliata del Novecento. Interprete
originale della fenomenologia husserliana e dell’ermeneutica, Ricoeur
nacque nel 1913 a Valence, in una famiglia di cultura protestante; venne però
cresciuto a Rennes, insieme alla sorella, dai nonni paterni avendo precocemente
perso sia la madre, poco dopo il parto, sia il padre, perito in guerra nel 1915.
Nel 1935, morirono i nonni e la sorella; cinquanta anni dopo, ci furono il tragico
suicidio del figlio Olivier e la scomparsa dell’amico Mircea Eliade; qualche
anno fa, la morte della moglie. I numerosi lutti, secondo le parole dello stesso
Ricoeur, apposero quasi fatalmente sulla sua vita familiare e professionale
la persistente «marca del memento mori».
Nella speculazione ricoeuriana, la riflessione sulla finitezza dell’uomo,
forse anche invocata dagli eventi tragici della sua vita, venne sin dal principio
spogliata della sua «banale» e «superficiale» evidenza,
e declinata in una critica del cogito cartesiano, critica del soggetto
idealisticamente concepito nella sua trasparenza a sé come principio
«indubitabile» e il più «fondamentale di tutti i saperi
positivi». Il confronto con la «filosofia riflessiva» francese,
erede dell’idealismo cartesiano e kantiano, particolarmente con il pensiero
di Jean Nabert, è stato il punto di partenza della speculazione di Ricoeur;
se ne trovano le prime tracce significative nella tesi di laurea sul Il
problema di Dio in Lachelier e Lagneau (1933-1934).
Ma la critica ricoeuriana della tradizione dell’idealismo divenne esplicita
solo quando s’installò direttamente nel punto di vista della fenomenologia
husserliana, che per Ricoeur costituì «ad un tempo una realizzazione
e una trasformazione radicale del programma stesso della filosofia riflessiva».
Ricoeur ‘scoprì’ l’Husserl delle Idee nel
1935 a Parigi, dove venne introdotto nel circolo di Gabriel Marcel. L’opera
di Husserl non era ancora stata tradotta in francese; la sua traduzione sarà
portata a termine proprio da Ricoeur quasi quindici anni dopo, nel 1948. La
lettura di Husserl procedette parallela a quella di Essere e Tempo
di Martin Heidegger, che come l'opera husserliana non aveva ancora trovato una
traduzione francese. Durante la guerra, Ricoeur venne chiamato nell'esercito;
per quasi cinque anni rimase prigioniero in Germania. La prigionia, condivisa
tra gli altri con Mikel Dufrenne, fu per lui «un'esperienza umana straordinaria»;
oltre ad Heidegger e ad Husserl, Karl Jaspers divenne, in questi anni, il suo
«muto interlocutore». Segno tangibile di questo colloquio muto fu
il libro, scritto assieme a Dufrenne alla fine della detenzione, su Karl
Jaspers e la filosofia dell'esistenza (1947), cui fece presto seguito Gabriel
Marcel e Karl Jaspers. Filosofia del mistero e filosofia del paradosso
(1948), del solo Ricoeur.
L’idealismo husserliano, di cui Ricoeur riconobbe la massima espressione
nel concetto di epochè o riduzione fenomenologica, gli apparve
da subito l’istanza meno convincente del pensiero di Husserl. Fu il concetto
di «intenzionalità» che, al contrario, gli sembrò
«la grande scoperta della fenomenologia»; quello stesso concetto
che provocava il fallimento della riduzione fenomenologica, progetto ideale
di auto-fondazione del soggetto destinato a svanire nella concretezza dell’indagine
della fenomenologia. La scoperta husserliana dell’intenzionalità
impegnava il soggetto, prima che in un rapporto immediato e trasparente con
se stesso, in una rete intenzionale di relazioni con i significati delle cose;
da questo punto di vista, deduceva Ricoeur, nessuna coscienza poteva essere
coscienza di sé «prima di essere coscienza di qualche cosa verso
la quale essa si supera». L’epochè, a dispetto delle
intenzioni della fenomenologia, non sapeva ridurre l’intenzionalità,
in quanto era essa stessa un’attività interna al rapporto intenzionale;
la riduzione, in un’ultima analisi, rappresentava solo una possibile e
particolare configurazione dell’intenzionalità. Ricoeur accoglieva
in questo modo gli argomenti principali dell’interpretazione che della
fenomenologia husserliana aveva dato qualche anno prima Maurice Merleau-Ponty.
La critica al Cogito cartesiano, progettata sin dalla metà degli
anni quaranta, sollecitò a Ricoeur l’«innesto» dell’ermeneutica
sulla fenomenologia; un innesto che secondo lui accadde quasi spontaneamente
e che però condusse all’integrale «rinnovamento della fenomenologia».
Se, infatti, la coscienza intenzionale è ‘presente’ a se
stessa solo nel suo rapportarsi al senso delle cose, qualunque tentativo di
auto-comprensione deve accadere attraverso il medio culturale e storico dei
segni in cui il soggetto si rispecchia e in cui, hegelianamente, si oggettiva.
L’operazione riflessiva è quindi concepita da Ricoeur letteralmente
come un’attività ermeneutica. La necessità dell’innesto
dell’ermeneutica sulla fenomenologia, a correzione dell’istanza
idealistica della filosofia riflessiva, fu preparata dal lavoro di dottorato,
che discusse nel 1948, e grazie al quale ottenne la cattedra di storia della
filosofia nell'Università di Strasburgo, come successore di Jean Hyppolite.
La tesi (Il volontario e l’involontario), in cui Ricoeur tentò
un’estensione dell'analisi fenomenologica all’ambito pratico degli
affetti e delle volizioni, fu pubblicata nel 1950 come prima parte della Filosofia
della volontà. Dieci anni dopo, nella seconda parte della Filosofia
della volontà (Finitudine e colpa I. L’uomo fallibile),
Ricoeur espose l’indagine fenomenologica alle difficoltà poste
dal «regime concreto, storico della volontà» e delle passioni;
difficoltà che di fronte all’empiricità della «volontà
cattiva» si tramutarono in uno scacco irreversibile dell’analisi
puramente eidetica della responsabilità e della «colpa».
La questione della malvagità poté venire affrontata soltanto deviando
la filosofia riflessiva verso l’interpretazione dei «simboli e miti»
del male (Finitudine e colpa II. La simbolica del male). L’affermazione
della storicità della volontà cattiva richiese quindi l’integrazione
e la correzione dell’analisi fenomenologica con l’ermeneutica.
Gli anni Sessanta sono stati caratterizzati nel percorso filosofico di Ricoeur
dal confronto serrato con la psicoanalisi freudiana e con lo strutturalismo
francese; da tale confronto, egli fu sollecitato a ripensare l’ermeneutica
del «simbolo» dal punto di vista più generale del «segno»
e del «testo». Ricoeur preparava in quegli anni il riassestamento
della sua ermeneutica fenomenologica, individuando nella psicoanalisi di Freud
e nell’ermeneutica di Gadamer, oltre che nello strutturalismo, i poli
dialogici della sua riflessione. Gli esiti di tale confronto vennero raccolti
nel 1969 in Il conflitto delle interpretazioni che, assieme a Dell'interpretazione.
Saggio su Freud (1965), offrì la prima esplicita formulazione delle
questioni fondamentali che da allora hanno impegnato Ricoeur: il ruolo positivo
della «distanziazione» interpretativa grazie alla quale, quasi fosse
un’epochè fenomenologica, è possibile cogliere
il testo come oggetto autonomo; il potere della «referenza» del
testo, ossia la sua capacità di rifigurare praticamente e ontologicamente
il mondo; l’esplicitazione della portata etica dell’atto ermeneutico,
in cui non solo il soggetto ricomprende il mondo ma comprende se stesso.
Dall’Università di Strasburgo, nel 1958, Ricoeur si spostò
all’Università Sorbonne, dove rimase sino al 1968; allora abbandonò
la Sorbonne per partecipare alla creazione della nuova Università di
Nanterre, di cui divenne rettore. Proprio a Nanterre si accese la contestazione
del «maggio ‘68»; inizialmente, Ricoeur cercò di proteggere
e salvaguardare dalle commissioni disciplinari gli studenti insorti; successivamente,
avendo scontato in prima persona gli eccessi della contestazione, assunse una
posizione critica nei confronti del movimento studentesco, tentando di proteggere
l’istituzione universitaria dalle estremizzazioni delle rivolte. Pagò
caramente la sua posizione: dimissionatosi nel febbraio del 1970 da Nanterre,
si avviò verso un lungo «periodo di polemiche esterne e di guerre
intestine», che lo isolarono sempre più dal contesto filosofico
francese e lo spinsero a cercare un dialogo con la filosofia analitica anglosassone.
Continuò l’attività accademica a Lovanio, dedicando i suoi
corsi principalmente al rapporto tra ermeneutica del testo e teoria dell’azione.
Mutuò tali questioni proprio dal confronto con la filosofia analitica,
che dagli anni Settanta si protrasse ininterrotto fino alla sua morte. Nel passare
dall’ermeneutica del testo a quella dell’azione, Ricoeur sviluppò
originalmente le differenti riflessioni di filosofi come Danto, Austin, Searle,
Von Wright. Frutto delle lezioni di Lovanio fu La semantica dell'azione
(1977), in cui Ricoeur affermava esplicitamente la reciprocità tra azione
e linguaggio, e più in generale tra linguaggio ed esperienza.
Proprio negli anni Sessanta, si consolidò il rapporto con l’ambiente
accademico italiano; Ricoeur partecipò assiduamente ai colloqui di filosofia
della religione organizzati nell’Università di Roma da Enrico Castelli,
continuando a prendervi parte anche dopo la morte di quest’ultimo. I ‘colloqui
Castelli’ gli offrirono l’occasione di sviluppare per più
di dieci anni il lavoro giovanile sulla simbolica del male, di ampliarlo verso
una più generale «ermeneutica del linguaggio religioso» e
di lavorare così sul rapporto tra «ermeneutica filosofica ed ermeneutica
biblica».
Sin dal 1970, e fino al 1992, Ricoeur tenne anche corsi regolari nell’Università
di Chicago, come successore di Paul Tillich nell’insegnamento di teologia
filosofica. Tornò a Nanterre nel 1973, dove insegnò fino al 1987;
nel 1974 divenne direttore della «Revue de métaphysique et de morale»
e fondò il «Centre de recherches phénoménologiques
et herméneutiques». Il passaggio dall’ermeneutica del testo
a quella dell’azione permise a Ricoeur di rimettere in gioco il problema,
caro alla tradizione dell’ermeneutica, del rapporto tra «spiegare»
e «comprendere», e per questa via quello del rapporto tra i diversi
ambiti del sapere. Dalla fine degli anni Settanta, Ricoeur cominciò ad
occuparsi tematicamente di epistemologia della conoscenza storica (cui aveva
dedicato già negli anni cinquanta una serie di articoli raccolti nel
1955 in Storia e verità); il frutto di questo percorso furono
i tre volumi di Tempo e racconto (1983-85). Confrontandosi con le teorie
narrativiste della storiografia, prevalentemente di provenienza analitica, Ricoeur
affermò la sostanziale affinità di racconto storico e racconto
di finzione, sulla base del rapporto privilegiato intrattenuto dall’attività
narrativa con l’esperienza esistenziale del tempo. Se il presupposto immediato
delle tesi ermeneutiche di Tempo e racconto fu l’affinità
rinvenuta negli anni Settanta tra testo, azione e storia, altrettanto fondamentale
risultò il lavoro svolto da Ricoeur dieci anni prima sulla «metafora
viva»; La metafora viva (1975) aveva infatti affermato la capacità
del linguaggio poetico di innovare il mondo dell’uomo, grazie alla sua
produttività semantica ma soprattutto grazie alla sua attitudine referenziale.
La metafora, infatti, innovando il senso, innovava il mondo; offriva un nuovo
sguardo sul reale. La teoria della referenza metaforica venne estesa da Ricoeur
al linguaggio narrativo; come la metafora, anche il racconto, sia storico sia
finzionale, ‘aveva una presa’ sul mondo: lo «rifigurava»,
assolvendo così una funzione essenzialmente pratica ed ontologica.
Dalla scrittura di Tempo e racconto, la riflessione di Ricoeur fu spinta
in due direzioni solo apparentemente autonome; da un lato, la teoria dell’azione
sollecitò lo sviluppo nell’etica; dall’altro, la memoria,
assieme alla storia, diventò oggetto a pieno titolo dell’indagine
ermeneutica. Nacquero così la «piccola etica» di Sé
come un altro (1990), sulla scorta delle Gifford Lectures del
1986, e i lavori sulla memoria e sul perdono, la cui maturazione verrà
a compimento nell’ultimo La memoria, la storia, l’oblio
(2000). Entrambi i percorsi, in realtà, esplicitavano da diversi punti
di vista il significato etico dell’iniziale critica all’idealismo
husserliano, riconnettendosi direttamente alla problematica della colpa e della
responsabilità che aveva costituito l’oggetto del primo lavoro
di Ricoeur.
La «piccola etica» di Sé come un altro radicalizzò
l’indebolimento del soggetto cartesiano, rimettendo nel movimento ermeneutico
la stessa costruzione riflessiva dell’«io». Inteso come soggetto
agente e parlante, l’«io» si trovava così espropriato
del principio primo del proprio agire e del proprio dire. Tale espropriazione
non condusse però Ricoeur ad argomentare la rovina integrale del soggetto,
la rovina dello stesso concetto di responsabilità. Piuttosto, lo spinse
a distinguere tra il «sé riflessivo», ermeneutico e l’«io
immediato», nel quale scorgeva l’ego cartesiano e husserliano.
Così come la critica alla filosofia riflessiva, nel privarla di un fondamento
ultimo certo e autoevidente, non aveva semplicemente reso impossibile la conoscenza
filosofica, bensì la aveva impegnata nel lungo giro della deviazione
ermeneutica; anche la critica egotica di Sé come un altro non
conduceva alla dissoluzione del soggetto responsabile, bensì costringeva
l’etica a deviare nell’ermeneutica del sé, e ad interrogarsi
sulla questione dell’identità narrativa. Per questa via, Ricoeur
giunse a dimostrare che il riconoscimento responsabile del proprio dire e del
proprio fare non avveniva semplicemente sulla scorta dell’immediata identità
dell’io con se stesso, bensì attraverso il passaggio del sé
nell’altro (il corpo proprio, il tu a cui parlo, l’altro in me della
coscienza morale). Intorno al tema dell’alterità, la riflessione
di Ricoeur incontrò quella di Emmanuel Levinas, al cui pensiero dedicò
numerosi contributi.
Il tema della responsabilità del soggetto e del perdono nel riconoscimento
dell’alterità è stato recentemente ripreso da Ricoeur nel
suo ultimo lavoro, La memoria, la storia, l’oblio (2000), che,
più di altri, è sembrato collocarsi direttamente sulla scia di
Tempo e racconto. Il ritorno all’analisi dell’attività
storiografica ha cercato di rispondere all’urgenza di una «politica
della giusta memoria», la cui esigenza è posta dalla peculiare
esperienza che l’uomo fa della propria storicità confrontandosi
con il passato. Innanzi all’«enigma del passato» e della memoria,
indagato fenomenologicamente nella prima parte del libro, l’attività
storiografica è concepita da Ricoeur come la risposta eticamente responsabile
all’oblio in cui l’altro uomo è perso. Ma l’oblio non
è semplicemente una terribile minaccia per la storia; questa valutazione,
che nasconde le pretese totalizzanti del sapere storiografico, ignora la complessità
della «condizione storica dell’uomo», intessuta di memoria
e di oblio. Sul riconoscimento della dialettica tra il potere della memoria
e quello dell’oblio, Ricoeur ha installato il tema del «perdono
difficile», concepito come replica alla paralisi «della potenza
di agire» e di ricordare dell’«uomo capace», e come
compimento «escatologico» della rappresentazione del passato.
Bibliografia di Paul Ricoeur
Pubblichiamo di seguito un elenco delle opere di Paul Ricoeur nell’edizione
originale e con l’indicazione della traduzione italiana (nel caso in cui
sia presente).
Karl Jaspers et la philosophie de l’existence, en collaboration
avec Mikel Dufrenne, préfacé par Karl Jasper, Le Seuil, Paris,
1947
Gabriel Marcel et Karl Jaspers. Philosophie du mystère et philosophie
du paradoxe, Éd. du Temps présent, Paris, 1948
Philosophie de la volonté
Tome I. Le Volontaire et l’Involontaire, Aubier, Paris, 1950;
trad. it. Filosofia della volontà I. Il volontario e l’involontario,
a cura di M. Bonato, Marietti, Genova 1990.
Tome II. Finitude et Culpabilité [L’Homme faillible
et La Symbolique du mal, Aubier, 1960] Aubier, Paris, 1988; trad. it. Finitudine
e colpa I. L’uomo fallibile, Finitudine e colpa II. La simbolica del male,
Il Mulino, Bologna 1970
Histoire et Vérité, Le Seuil, coll. «Esprit»,
Paris, 1955; trad. it. Storia e verità, introduzione all'edizione
italiana di Paul Ricoeur, C. Marco, Lungro di Cosenza 1994
De l’interprétation. Essai sur Freud, Le Seuil, coll.
«L’Ordre philosophique», Paris, 1965; trad. it. Della
interpretazione: saggio su Freud, Il saggiatore, Milano 1967
Le Conflit des interprétations. Essai d’herméneutique
I, Le Seuil, coll. «L’Ordre philosophique», Paris, 1970;
trad. it. Il conflitto delle interpretazioni, prefazione di A. Rigobello,
Jaca Book, Milano 1977
La Métaphore vive, Le Seuil, coll. «L’Ordre philosophique»,
Paris, 1975; rééd. coll. «Points Essais»; trad. it.
La metafora viva: dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione,
Jaca Book, Milano 1976
La sémantique de l’action, CNRS, Paris 1977; trad. it.
La semantica dell'azione: discorso e azione, introduzione a cura di
A. Pieretti, Jaca Book, Milano 1986
Temps et Récit, Seuil, Paris 1983-1985; trad. it. Tempo
e racconto, 3 vv., Jaca Book, Milano 1986-1988
Tome I. L’Intrigue et le récit historique, Le Seuil, coll.
«L’Ordre philosophique», Paris, 1983; trad. it. Tempo
e racconto, Jaca Book, Milano 1986
Tome II. La Configuration dans le récit de finction, Le Seuil,
coll. «L’Ordre philosophique», Paris, 1984; trad. it. La
configurazione nel racconto di finzione, Jaca Book, Milano 1987
Tome III. Le Temps raconté, Le Seuil, Paris, coll. «L’Ordre
philosophique», Paris, 1985; trad. it. Il tempo raccontato, Jaca
Book, Milano 1988
Du texte à l’action. Essai d’herméneutique II,
Le Seuil, coll. «Esprit», Paris, 1986; trad. it. Dal testo all'azione:
saggi di ermeneutica, Jaca Book, Milano 1989
À l’école de la phénoménologie,
Vrin, Paris, 1986
Lectures on ideology and utopia, ed. by G. H. Taylor, Columbia University
press, New York 1986; trad. it. Conferenze su ideologia e utopia, Jaca
Book, Milano 1994
[Paul Ricoeur et ali] Repondre d'autrui: Emmanuel Levinas, autour
d'un entretien avec Emmanuel Levinas; textes réunis par Jean-Christophe
Aeschlimann, A la Baconniere, Neuchatel 1989
Soi-même comme un autre, Le Seuil, coll. «L’Ordre
philosophique», Paris, 1990; trad. it. Sé come un altro,
a cura di D. Iannotta, Jaca book, Milano 1993
Liebe und Gerechtigkeit. Amour et justice, Tübingen 1990; trad.
it. Amore e giustizia, Morcelliana, Brescia 2000
Lectures Lectures I. Autour du politique [sur Hegel, Hannah Arendt,
Éric Weil, John Rawls, Jürgen Habermas…] Le Seuil, Paris,
1991
Lectures II. La Contrée des philosophes [sur Jean Nabert, Gabriel
Marcel, Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty, Heidegger…] Le Seuil, Paris,
1992
Lectures III. Aux Frontières de la philosophie [sur la philosophie
de la religion chez Kant et Hegel, sur l’herméneutique biblique]
Le Seuil, Paris, 1994
Entretiens . La Critique et la Conviction, Entretiens avec François
Azouvi et Marc de Launay Calmann-Lévy, Paris, 1995; trad. it. La
critica e la convinzione : a colloquio con Francois Azouvi e Marc de Launay,
a cura di D. Iannotta, Jaca Book, Milano 1997
Le Juste, Éd. Esprit, Paris, 1995; trad. it. Il giusto,
Societa editrice internazionale, Torino 1998
Réflexion faite. Autobiographie intellectuelle, Éd.
Esprit, coll. «Philosophie», Paris, 1995; trad. it. Riflession
fatta: autobiografia intellettuale, a cura di D. Iannotta, Jaca Book, Milano
1998
L’Idéologie et l’Utopie, Le Seuil, coll. «La
Couleur des idées», Paris, 1996
Le Mal. Un Défi à la philosophie et à la théologie,
Labor et Fides, coll. «Autres temps», Genève, 1996; trad.
it. Il male: una sfida alla filosofia e alla teologia, postfazione
di Paolo De Benedetti, Morcelliana, Brescia 1993
L'idéologie et l'utopie, Seuil, Paris 1997
Ce qui nous fait penser. La Nature et la Règle, Entretiens
avec Jean-Pierre Changeux, Odile Jacob, Paris, 1998; trad. it. La natura
e la regola: alle radici del pensiero, R. Cortina, Milano 1999
Penser la Bible, en collaboration avec André LaCocque, Le Seuil,
coll. «La Couleur des idées», Paris, 1998
Autrement : lecture d'Autrement qu'etre ou au-dela de l'essence d'Emmanuel
Levinas, PuF, Paris 1997
L'unique et le singulier, Alice, Paris 1999; trad. it. L' unico
e il singolare: intervista, Servitium, Gorle 2000
La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli, Le Seuil, coll.
«L’Ordre philosophique», Paris, 2000; trad. it. La memoria,
la storia, l'oblio, a cura di D. Iannotta, R. Cortina, Milano 2003
Le Juste II, Éd. Esprit, Paris, 2001
L’Herméneutique biblique, Cerf, Paris/Saint-Maurice,
2001
Sur la traduction, Bayard, Paris 2004
Emmanuel Mounier, l'actualité d'un grand témoin, Parole
et Silence, 2004; trad. it. Emmanuel Mounier. L'attualità di un grande
testimone, Città Aperta 2005
Parcours de la reconnaissance. Trois etudes, Stock, coll. «Les
Essais», Paris, 2004
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