«Ripercorrere le tappe della vita di Siegfried Landshut significa scoprire
una traccia quasi sepolta». Così Rainer Nicolaysen [in Nicolaysen
R., Siegfried Landshut Die Wiederentdeckung der Politik. Eine Biographie,
Frankfurt a. M. 1997, p. 10] ha efficacemente introdotto la biografia intellettuale
e umana di Landshut, filosofo e scienziato della politica il cui nome sembra
dire qualcosa solo a un ristretto numero di specialisti e al quale, invece,
si deve una delle analisi più acute e tempestive delle aporie che stringono
la modernità. Ricondurlo tout court ad un ambito specifico della
riflessione filosofica del Novecento non è impresa agevole. Autore di
una delle prime interpretazioni "complesse", filosofiche, di Weber;
allievo prima disincantato, poi amareggiato da Heidegger; editore "spregiudicato"
del primo Marx; critico radicale ma non nostalgico della modernità, Landshut
fu per molti versi un anticipatore di quelle istanze che, dopo e oltre la crisi
dell’equazione politica-potere, si cimentarono nella ricerca di un luogo
prospettico dal quale ridefinire lo statuto dell'agire collettivo e il mondo
della pratica per salvarli dalle secche del relativismo.
Recuperare il senso della sua opera, e riallacciare così i fili di un
discorso sulle origini della politica e sul suo significato, vuol dire riportare
alla luce una traccia nascosta dal tempo, un tempo che a Landshut fu più
avverso che mai, come ebbe a dire Wilhelm Hennis nel '69 nel discorso accademico
in memoria del collega scomparso [W. Hennis, «Zu Siegfried Landshuts
wissenschaftlichem Werk», in «Zeitschrift für Politik»
N.F. 17, 1970].
Contro e oltre la scissione concettuale che accompagna le categorie del Politico
- che riflette la frammentazione della sfera che una volta quel concetto unitariamente
declinava - Landshut inseguiva la possibilità di una rifondazione della
scienza politica che, come filosofia pratica, recuperasse il suo posto accanto
a etica e economia.
Il tentativo di riassegnare alle scienze sociali la consapevolezza delle sue
origini e dei problemi da cui esse avevano preso le mosse contrassegna - a dispetto
del titolo - anche l'opera probabilmente più importante di Landshut,
la Kritik der Soziologie che, sebbene respinta come tesi di abilitazione,
fu pubblicata nell'autunno del 1929 con l'aggiunta di un capitolo dedicato al
confronto con Ideologia e Utopia di Mannheim, uscita in quell'anno.
Allo stato di isolamento a cui quello studio lo costrinse, e che neanche a distanza
di anni sembrò definitivamente superato, va imputato in gran parte il
silenzio che ha accompagnato il suo lavoro e che presto si è trasformato
in oblio. Soltanto da pochi anni, grazie alle ricerche dello storico Rainer
Nicolaysen, è stato possibile ricostruire nei suoi sviluppi il corso
drammatico della sua vita, fino a quel momento erroneamente ricostruito da note
biografiche approssimative in qualche dizionario di sociologia. Si definì
allora il profilo di uno dei tanti intellettuali ebrei assimilati che l'avvento
del nazismo costrinse all'esilio, da cui studio e affetti rimasero per sempre
segnati.
Nato a Strasburgo nel 1897 da famiglia di origine ebraica, allo scoppio della
guerra, a soli diciassette anni, Landshut decise come tanti altri ebrei tedeschi
di partire volontario per il fronte. Al termine del conflitto, fatto ritorno
in Germania - dopo cinque anni di guerra - studiò economia con Robert
Liefmann e Franz Oppenheimer, e poi, conclusi gli studi, alla ricerca di una
prospettiva che rispondesse agli interrogativi che la scienza economica aveva
lasciato inevasi, si avvicinò alla filosofia. Landshut fu uno di quegli
studenti che nel semestre invernale 1921-22 parteciparono al seminario di Heidegger
su Aristotele nella Friburgo di Husserl. Tra loro c'era anche Karl Löwith,
già segnato dall'incontro con Weber a Monaco e dallo studio di Nietzsche,
ma ancora lontano dall'apertura "dell'orizzonte ancora troppo umano del
mondo" che pochi anni più tardi lo avrebbe portato ad "includere
entro la sfera dell'esistenza singola di ciascuno il potere obiettivo della
struttura sociale della società qual è storicamente divenuta"
[ Cfr. Löwith K., La mia vita in Germania prima e dopo il 1933,
trad. it. di E. Grillo, Milano 1988, con prefazione di R. Koselleck e postfazione
di A. Löwith; Nicolaysen R., Siegfried Landshut, cit.], che tanto
Landshut che Löwith trovarono sia in Weber che nella critica marxiana dell'autoestraniazione
[Selbstentfremdung]. Landshut, che dopo il semestre invernale a Friburgo
aveva proseguito i suoi studi presso Max Scheler a Colonia, dove seguì
le lezioni Individualismo, socialismo, solidarismo (caratteristiche di una
filosofia sociale) e l'esercitazione Discussione di lavori fenomenologici,
si recò ad Heidelberg per dedicarsi a lavori di impianto metodologico
e frequentare le esercitazioni di Jaspers su Kierkegaard e quelle di Alfred
Weber sulla Crisi della moderna teoria dello Stato. Prima di portare
a termine gli studi di filosofia, Landshut decise di recarsi di nuovo da Heidegger,
stavolta (nel semestre invernale 1923-24) a Marburgo. Qui seguì tanto
le lezioni di Heidegger che di Husserl, come quelle di Nicolai Hartmann. E'
qui che Landshut sembra guadagnare una prima definizione di quell'impostazione
problematica che avrebbe accompagnato tutta la sua biografia intellettuale,
ossia l'indagine delle connessioni delle motivazioni e dei significati che orientano
la scienza politica alla luce della rottura con la tradizione politica classica
e dell'affermarsi del moderno paradigma scientifico nel pensiero politico. Nel
1925, tornando ad Heidelberg, vide tramontare il progetto di abilitazione presso
Alfred Weber, che quell'anno promosse l'abilitazione di Karl Mannheim, a sua
volta di origini ebraiche: ciò precluse, stando agli atti dell'università
di Heidelberg, l'abilitazione di un secondo candidato non ariano. Su indicazione
di Alfred Weber, Landshut s trasferì allora ad Amburgo, dove collaborò
dapprima con il giurista Mendelssohn Bartholdy, e poi fu assistente del socialdemocratico
Heimann, titolare della cattedra di Economia sociale teorica e pratica. E' all'ostilità
del mondo accademico di quegli anni che può attribuirsi il fallimento
del secondo tentativo di abilitazione di Landshut, stavolta con lo studio Untersuchungen
über die ursprungliche Fragestellung zur sozialen und politischen Problematik
[Indagini sull'impostazione originaria della problematica sociale e politica]
pubblicato l'anno successivo, nel 1929, con il titolo Kritik der Soziologie.
Freiheit und Gleichheit als Ursprungsproblem der Soziologie [Critica della
sociologia. Libertà e uguaglianza come problema originario della sociologia].
In questo scritto, che abbraccia gran parte dei problemi con i quali si sarebbe
misurato anche in seguito, Landshut operava il tentativo di risvegliare nelle
scienze sociali la consapevolezza di una funzione critica che si declina come
capacità di porre in questione, di assumere fino in fondo il problema
del Miteinanderleben e del significato della prassi umana. Non si tratta
infatti di una critica dell'aspirazione della sociologia a darsi uno statuto
accademico, né di definire i compiti della scienza della società,
quanto piuttosto di riscoprire la radice problematica che ne ha reso possibile
lo sviluppo e recuperarla all'attualità: per Landshut l'esistenza della
sociologia come scienza era prima di tutto una realtà, un dato di fatto
a partire dal quale costruire la comprensione della situazione storico-sociale,
senza perdere memoria della originaria problematicità da cui la ricerca
sociologica stessa aveva preso le mosse. L'approccio metodologico adottato dalle
scienze sociali - qui Landshut si confronta criticamente con Tönnies, Simmel,
Vierkandt - riflette e riproietta sulla teoria della società la scissione
di uomo e mondo quale problematica originaria da cui esse partivano. Nella sociologia
di Weimar Landshut vede all'opera la contraddizione giunta a espressione della
stessa realtà storico-sociale. Marx e Weber riconobbero questa contraddizione,
e orientarono i loro studi all'indagine della realtà e alle sue aporie:
l'uno attraverso l'indagine sulla condizione dell'uomo che la società
borghese priva della libertà e la prospettiva della sua emancipazione
dal suo stato di servitù, l'altro mediante l'individuazione del carattere
peculiare della modernità, la razionalità e il calcolo come tratti
distintivi della condotta di vita occidentale. Come solo tre anni più
tardi vide anche Karl Löwith [Max Weber und Karl Marx, 1932],
non solo Marx e Weber non si escludevano a vicenda - secondo una tradizione
interpretativa che vuole dell'autore dell'Etica protestante l'anti-Marx,
o il Marx della borghesia - ma entrambi partivano dal tentativo di approdare
ad una comprensione della realtà storico-sociale: Marx per fornirle una
terapia, Weber una diagnosi. Sotto questo profilo il saggio di Landshut è
di importanza due volte decisiva: in primo luogo perché nell'accostamento
di Marx e Weber si riconosceva come comune a entrambi il destino dell'uomo quale
problema fondamentale della modernità; e poi perché, posto questo,
da una parte si tornasse allo studio di Marx senza le lenti deformanti dell'ortodossia,
e dall'altra si invertisse la tendenza a considerare la ricerca di Weber come
l'espressione di una scienza speciale.
L'indagine di Landshut ricevette all'epoca un'accoglienza a dir poco ostile.
In una fase in cui gli esiti della disputa sullo status della sociologia quale
disciplina accademica sembravano ancora incerti, l'invito di Landshut a conservare
il nesso con la prassi e a non indulgere alla tendenza schematizzante del paradigma
delle scienze naturali si scontrò sin da subito contro l'atteggiamento
difensivo della corporazione accademica di Amburgo. L'atteggiamento difensivo
divenne ostilità quando, nel 1932, Landshut pubblicò gli scritti
giovanili di Marx [Der historische Materialismus. Die Frühschriften,
Leipzig 1932], comprensivi dei Manoscritti economico-filosofici del
'44, che imprimeranno alla Marx-Forschung un'altra direzione: si "scoprì"
per così dire il Marx filosofo dell'alienazione - recluso fino a quel
momento nell'Archivio della SPD a profitto del «Marx economista»
- si scoprì un Marx «umanista» che contrastava violentemente
con l'«evoluzionismo materialistico» del marxismo ufficiale. L'edizione
Landshut uscì contemporaneamente alla pubblicazione dei Manoscritti nella
MEGA, dalla quale si distingueva per l'ordine degli scritti e soprattutto per
l'esclusione del primo manoscritto. Scelta poco felice, che gli confermò
i sospetti dell'ortodossia marxista, che si aggiunsero a quelli della cerchia
dei sociologi di Amburgo.
Nel '33 Landshut si vide infatti respingere ancora una volta la tesi di abilitazione,
stavolta col richiamo «alle mutate condizioni» accademiche, vale
a dire all'introduzione delle leggi razziali - che allontanò dall'università
tedesca centinaia di intellettuali di origini ebraiche. Cominciò così
l'esilio di Landshut e della sua famiglia, durato più di diciassette
anni trascorsi prima in Egitto, poi in Palestina, quindi di nuovo in Egitto,
poi in Gran Bretagna, fino al 1950, anno del ritorno in Germania. Il desiderio
di proseguire gli studi intrapresi ad Amburgo si scontrò con una lunga
serie di difficoltà materiali ed esistenziali che non si lasciano descrivere.
Strappato a tutte le relazioni sociali e scientifiche riuscì solo tra
mille difficoltà a proseguire le sue ricerche sulle categorie del Politico,
studi interrotti più volte per far fronte alle esigenze di sopravvivenza
e dedicarsi ad altri lavori: di questi anni è peraltro una delle ricerche
più rilevanti sulla realtà dei Kibbuz [Die Gemeinschafts-Siedlung
in Palästina, Jerusalem 1944, ora in S. Landshut, Politik. Grundbegriffe
und Analysen, Berlin 2004] condotta durante l'esilio in Palestina. Fece
ritorno ad Amburgo solo nel '52, dove occupò una delle prime cattedre
di scienza della politica dell'università federale: lo aveva preceduto
Eric Voegelin, ordinario a Monaco. Iniziò allora un confronto serrato
con il pensiero di Tocqueville, di cui curò una scelta di testi, con
Machiavelli, ancora con Marx e il marxismo, e infine con la grammatica concettuale
della moderna scienza politica. E' di questi anni una ricca produzione saggistica,
in parte disponibile nella recente edizione di una scelta di scritti. Morì
nel 1968, tre anni dopo la Emeritierung e pochi mesi prima della prima
edizione a cura di Wilhelm Hennis di Kritik der Soziologie und andere Schriften
zur Politik [Critica della sociologia e altri scritti sulla politica],
una raccolta di testi dedicati all'analisi della modernità. Tempo di
crisi, ma al quale Landshut non ha mai voltato le spalle.
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