Professor Ronald Langacker, partiamo da una domanda di natura generale:
lei cosa intende per Linguistica Cognitiva? E quali sono i suoi vantaggi rispetto
agli altri approcci linguistici?
La Linguistica Cognitiva si è sviluppata negli ultimi venticinque anni,
e a livello mondiale è sempre più conosciuta e accettata. In contrasto
con la visione modulare sposata dalla tradizione generativa, essa analizza il
linguaggio, nei limiti del possibile, come un aspetto integrante della cognizione
che dipende in modo decisivo da altri sistemi e da altre capacità (ad
esempio la percezione, la categorizzazione, la coordinazione motoria). Piuttosto
che come largamente innato, il linguaggio viene visto come qualcosa che si acquisisce
attraverso interazioni linguistiche significative. Se all'interno della Linguistica
Cognitiva vi sono molte questioni su cui non c’è accordo, si ritiene
generalmente che le diverse posizioni conducano nell’insieme a una visione
più naturale e empiricamente fondata dell’evoluzione, acquisizione
e uso del linguaggio.
Se la visione generativista del linguaggio pone la sintassi al centro, la Linguistica
Cognitiva afferma invece la centralità del significato. Si basa su una
semantica concettualista che enfatizza la nostra multiforme capacità
di concepire e ritrarre una situazione in modi diversi contemporaneamente. La
Linguistica Cognitiva ha dimostrato l’importanza pervasiva di abilità
immaginative come la metafora e il conceptual blending. Sono stati
sviluppati strumenti descrittivi che permettono ai diversi aspetti delle strutture
concettuali di essere caratterizzati in modo esplicito. Mediante questi strumenti
è possibile mostrare con precisione il modo in cui espressioni linguistiche
particolari assomigliano o differiscono nel loro significato, riuscendo così
a fornire una base e dei principi per la previsione del comportamento grammaticale.
Con una semantica concettualista ben formulata e fortemente motivata nei propri
termini, diventa chiaro come la grammatica in sé sia dotata di significato.
Per esempio, gran parte dei giudizi di “non grammaticità”
sono basati di fatto su un’anomalia semantica. Lo scopo centrale della
Grammatica Cognitiva è di mettere in luce che la grammatica, così
come il lessico, sia simbolica per natura, ossia consista in relazioni simboliche
tra strutture semantiche e strutture fonologiche. Ciò non tanto per negare
l’esistenza di elementi formali che costituiscono ciò che definiamo
sintassi, che sono convenzionali e vanno appresi. Si tratta piuttosto di una
concezione della natura degli elementi grammaticali diversa: invece di essere
entità autonome, separate dal significato e dalla forma fonologica, sono
unità costituite da un' unione di questi due poli. E' un'idea dell’organizzazione
linguistica più esplicita e unificata dal punto di vista concettuale
rispetto ad una visione che pone una componente sintattica autonoma. Inoltre,
direi che rende conto della grammatica, nei propri stessi termini, in modo più
esplicito e adeguato dal punto di vista linguistico.
Nella Grammatica Cognitiva da lei proposta, in opposizione radicale all’autonomia
della sintassi promossa dalla linguistica generativa, è centrale un assunto:
che esista un continuum tra grammatica e lessico, il che significa che le entità
grammaticali, le categorie e le costruzioni hanno significato e sono distinte
dal lessico non qualitativamente, ma solo per grado di astrazione. Può
specificare in cosa consiste questa caratterizzazione della grammatica e su
quale nozione del significato si basa?
Il fattore centrale è la nostra abilità di costruire la stessa
situazione in modi differenti. Una dimensione di questa abilità è
il livello di astrazione, vale a dire la gradazione da caratterizzazioni schematiche
a caratterizzazioni specifiche, come nelle gerarchie lessicali cosa
> animale > cane > barboncino. Gli elementi
tradizionalmente considerati lessicali tendono verso il lato di maggiore specificità
di questa scala. Quelli tradizionalmente considerati grammaticali tendono invece
verso il lato schematico. In ogni caso si ha una gradazione, sia a livello semantico
che fonologico. Sebbene generalmente schematici per quanto concerne il loro
significato, gli elementi grammaticali sono fonologicamente specifici. E alcuni
elementi lessicali, per esempio la cosa che troviamo in qualcosa
(something, anything, eccetera), sono semanticamente più
schematici degli elementi considerati grammaticali (come ad esempio le preposizioni).
In una visione simbolica della grammatica, tutti gli elementi grammaticali sono
considerati dotati di significato, così come lo sono le costruzioni,
le categorie di base (come nome e verbo) e le relazioni grammaticali (come soggetto,
oggetto, complemento). La visione tradizionale per cui questi elementi sono
semanticamente vuoti ha origine da determinate assunzioni sulla natura del significato
linguistico che la semantica cognitiva ha mostrato essere errate: l’incapacità
di riconoscere significati altamente astratti, l'idea che un elemento significativo
debba avere un unico senso (piuttosto che essere polisemico), e la visione per
cui i significati sono determinati oggettivamente (invece che essere concettuali).
Quest’ultimo fattore è quello cruciale dal momento che i significati
degli elementi grammaticali risiedono primariamente nella costruzione che impongono
al contenuto concettuale più specifico fornito dagli elementi lessicali.
Prendiamo ad esempio la nozione di soggetto. La visione standard è che
i soggetti non possano essere caratterizzati semanticamente, visto che il solo
candidato evidente è quello di “agente”, e molti soggetti
grammaticali sono non-agenti (ad esempio il soggetto in una costruzione passiva).
Ma ciò non tiene conto della nostra capacità di costruire una
situazione in modi differenti e dell’importanza decisiva di tale abilità
per il significato linguistico. Una dimensione importante della costruzione
del significato è la relativa prominenza (o salienza) conferita ai vari
aspetti di una situazione, e un tipo di prominenza consiste nell’accordare
lo status di figura primaria (rispetto allo sfondo) a uno dei partecipanti in
una relazione. Si può pertanto osservare che la soggettività ha
una portata concettuale, essendo il suo significato questione di costruzione
del significato (figura primaria), piuttosto che di qualunque altro contenuto
specifico (come “agente”). Ciò vale altrettanto bene per
il soggetto di un verbo attivo, di un verbo passivo o di un qualunque altro
genere di verbo.
Per esaminare un caso ulteriore, l’argomento classico per cui le categorie
base non possono essere definite semanticamente presuppone che qualunque definizione
si dovrebbe basare su proprietà oggettive delle entità denotate.
Tale argomento afferma che la caratterizzazione di sostantivi come unità
linguistiche indicanti oggetti e di verbi come indicanti eventi si dimostra
errata se si prendono in considerazione coppie come esplodere ed esplosione:
uno è un verbo e l’altro un sostantivo, però entrambi si
riferiscono al medesimo evento. Questo argomento non riesce a tenere conto la
possibilità di una caratterizzazione più astratta o dell’importanza
semantica della costruzione del significato. Nella Grammatica Cognitiva, i sostantivi
e i verbi sono caratterizzati astrattamente in base alla costruzione che impongono
al contenuto concettuale, e lo stesso contenuto può in linea di principio
essere costruito nell’altro modo. Qui è sufficiente notare che
esplodere ed esplosione non sono semanticamente equivalenti,
sebbene si riferiscano alla stessa entità oggettiva. In particolare,
esplosione manifesta la nostra capacità di reificazione concettuale,
laddove un evento viene costruito come cosa astratta. È questa abilità
– che risiede in determinate operazioni concettuali – a fornire
la definizione schematica della classe del nome.
Le operazioni di costruzione del significato e gli schemi di costruzione sono
ingredienti decisivi nel suo approccio. Può darci una descrizione di
cosa sono, come funzionano e qual è il loro ruolo nella spiegazione dei
fenomeni grammaticali e lessicali e dei fenomeni delle espressioni complesse?
L'operazione di costruzione del significato è la nostra capacità
di concepire e ritrarre la stessa situazione in modi differenti. Ciò
implica l’intero spettro dei fenomeni concettuali trattati dalla Semantica
Cognitiva: le capacità immaginative, la capacità di ritrarre a
diversi livelli di schematicità, l’adozione di diverse prospettive,
la selezione di cosa considerare e cosa ignorare, i diversi tipi di prominenza
eccetera. Come ho già osservato, gli elementi grammaticali sono semanticamente
schematici, i loro significati risiedono infatti primariamente nella costruzione
di significato che impongono al contenuto concettuale evocato dagli elementi
lessicali. La prominenza è particolarmente importante. Un tipo di prominenza,
che io chiamo profilo, è la selezione di una qualche entità concepita
– all’interno del contesto evocato – come ciò che una
certa espressione indicherà o ciò a cui si riferirà. La
concezione di un occhio, ad esempio, serve come base per termini come iride,
pupilla e cornea che profilano differenti sub-parti.
Un' espressione può profilare sia una “cosa” che una “relazione”,
da intendersi in termini astratti. Il profilo di un’espressione è
ciò che determina la sua categoria grammaticale. In particolare, un nome
profila una “cosa”, mentre un verbo profila un “processo”,
una relazione seguita nella sua evoluzione nel tempo. Per le espressioni che
profilano le relazioni, un secondo tipo di prominenza entra in gioco: la prominenza
relativa conferita ai partecipanti nella relazione profilata. Le nozioni grammaticali
di soggetto e oggetto possono essere caratterizzate semanticamente come partecipanti
focali primari e secondari all'interno di una relazione profilata.
La grammatica consiste di modelli per combinare espressioni più semplici
(parole) in espressioni più complesse (frasi, proposizioni). Nella Grammatica
Cognitiva, questi modelli sono nient’altro che rappresentazioni schematizzate
delle espressioni complesse che realizzano: ad esempio le loro caratteristiche
comuni di organizzazione, che appaiono a un certo livello di schematicità.
Astratti dalle espressioni vere e proprie, questi “schemi di costruzione”
possono servire come modelli nella formazione e interpretazione di nuove espressioni.
Una scoperta importante della Linguistica Cognitiva è che gli schemi
di costruzione – essendo espressioni schematizzate – sono a pieno
titolo entità dotate di significato, infatti il loro significato risiede
prevalentemente nella costruzione che impongono. Espressioni complesse particolari
si formano usando gli schemi come modelli, combinando elementi lessicali nella
maniera che essi specificano. Gli stessi elementi lessicali possono spesso esser
combinati in modi differenti, in accordo con diversi modelli, come nel caso
dell' attivo/passivo. Dunque costruzioni differenti si impongono grammaticalmente
sullo stesso contenuto.
Può darci un resoconto della lezione plenaria con cui ha concluso
la Prima Conferenza di Linguistica Cognitiva del Regno Unito, "New Directions
in Cognitive Linguistics" (23-25 October 2005, Brighton, UK)?
La prima parte dell'esposizione propone un resoconto unificato di vari fenomeni
di solito considerati distinti, fra cui la metafora, il conceptual blending,
la categorizzazione e la composizione grammaticale. Tutti esempi di collegamento
diretto, dove una struttura viene usata come base per apprenderne un’altra.
Queste nozioni sono poi applicate ad alcuni problemi teorici fondamentali, tutti
riguardanti la relazione tra i sensi (cioè i significati distinti) di
un elemento lessicale e gli ambienti grammaticali in cui esso appare. In particolare:
un verbo ha un senso distinto corrispondente a ciascuna costruzione grammaticale
in cui lo si trova regolarmente? O ha piuttosto un solo senso di base e gli
altri aspetti del suo significato vengono ereditati dalla costruzione stessa?
Suggerisco che l’emergenza di un senso lessicale distinto dipende da come
il significato di base del verbo sta in relazione con la caratterizzazione semantica
della posizione del verbo nello schema di costruzione.
È possibile fare una previsione sull’universalità degli
schemi di costruzione del significato? Ed è corretto considerare tali
schemi come universali genetici?
Certamente vi sono tendenze generali, tipi particolari di costruzioni che uno
si aspetta di trovare in gran parte delle lingue se non in tutte. Al livello
del dettaglio specifico, comunque, le costruzioni sono lingua-specifiche. Le
costruzioni cui ci si riferisce come “passive”, per esempio, differiscono
da lingua a lingua. Se adottiamo un approccio più astratto e cerchiamo
di specificare cos’hanno in comune tutte queste costruzioni, ciò
che ci rimane non è esattamente una costruzione grammaticale bensì
una mera caratterizzazione di qualche funzione generale a cui le costruzioni
variate possono adempiere. Nel caso dei passivi, si tratterebbe del bisogno
di un modo in cui dare prominenza focale primaria a un partecipante della relazione,
che altrimenti non avrebbe. Gli aspetti universali della grammatica riguardano
soprattutto i costrutti descrittivi di base attraverso cui le costruzioni sono
caratterizzate: nozioni come profilaggio, prominenza focale, prospettiva, eccetera.
Gli stessi costrutti possono essere usati per caratterizzare costruzioni diverse.
Che queste nozioni più fondamentali siano o meno universali genetici
è una questione spinosa. Senza dubbio riflettono abilità innate,
ma queste probabilmente sono solo adattamenti di abilità cognitive più
generali, piuttosto che essere specificamente linguistiche.
Professor Langacker, nella sua caratterizzazione della struttura semantica
e degli schemi di costruzione del significato, spazio e visione giocano un ruolo
centrale. Sono sufficienti o è necessario prendere considerazione anche
altre dimensioni?
Io ho sempre fatto attenzione a non fare affermazioni troppo forti sul ruolo
dello spazio e della visione nella struttura semantica e grammaticale. Il mio
uso frequente dei diagrammi è euristico: non si pretende che in sé
questi diagrammi siano un formalismo descrittivo o una rappresentazione diretta
della struttura concettuale. Allo stesso tempo, ho osservato spesso che i costrutti
descrittivi di base (come la specificità, il profilaggio e la prominenza
focale) hanno evidenti analoghi nella percezione visiva. Che queste nozioni
concettuali rappresentino l’applicazione estesa delle abilità percettive
o siano piuttosto entrambe manifestazioni di capacità più generali,
si dimostrerà essere, nel lungo periodo, un problema di definizione piuttosto
che una questione empirica. In ogni caso, non faccio assunzioni a priori su
questo aspetto.
Ho osservato che lo spazio è un “dominio base”, ovvero una
dimensione del potenziale concettuale cognitivamente irriducibile. Il tempo
è un’altra di tali dimensioni. Un terzo dominio è il color
space: la gamma di sensazioni legate al colore di cui siamo in grado di
fare esperienza. Domini di base analoghi vengono definiti dagli altri sensi.
Se possibile dobbiamo riconoscere domini emotivi dello stesso tipo. Qualunque
sia l’inventario specifico, questi domini di base non possono essere ridotti
l’uno all’altro, neppure se – a livelli più alti di
organizzazione concettuale – uno può essere usato come base metaforica
per apprenderne un altro (ad esempio lo spazio per il tempo). Presumibilmente
noi costruiamo il nostro mondo concettuale da concezioni che emergono nei domini
di base. Per propositi linguistici, comunque, in genere abbiamo bisogno di partire
dalle concezioni di livello più alto. Per descrivere il significato di
Gennaio, per esempio, non è ottimale partire dall’esperienza
base del tempo che passa. Il punto di partenza descrittivo, invece, è
la concezione di più alto livello del ciclo del calendario, costruito
mentalmente per tener traccia e quantificare il passaggio del tempo.
In linea con la tradizione fenomenologica, lei assume una relazione forte
tra azione, percezione e cognizione. Come teorizza questa relazione? C’è
un approccio particolare percezione attiva (enactive perception) che si adatta
alla sua teoria cognitiva del linguaggio?
Tutte le nozioni teoretiche e descrittive adottate dalla Grammatica Cognitiva
sono motivate da considerazioni linguistiche. Si sta facendo un tentativo di
non porre niente che sia implausibile dal punto di vista psicologico, e si fanno
anche delle connessioni, se paiono appropriate (per esempio con la organizzazione
figura/sfondo e la categorizzazione per prototipi). Ma la Grammatica Cognitiva
è una teoria linguistica e non si basa in via diretta su nessun modello
psicologico. Più in generale, le nozioni essenziali della Semantica Cognitiva
– costruzione del significato, spazi mentali, blending –
presentano una visione della cognizione umana considerevolmente più ricca
di quella genericamente riscontrabile nei modelli psicologici.
Penso che la struttura linguistica abbia sede in ultima analisi in modelli
di attivazione neurale, e che dunque sia intrinsecamente dinamica. Non è
questione di strutture statiche immagazzinate in quanto tali nel cervello, ma
di attività di processamento (anche se per convenienza analitica riusciamo
a fatica a evitare rappresentazioni statiche come diagrammi e formule). Sono
pienamente d’accordo con la tendenza attuale nella LC a considerare le
strutture semantiche come simulazioni mentali. Per esempio, un aspetto importante
del significato di camminare è una simulazione mentale dell’esperienza
del camminare. Queste simulazioni possono avvenire a vari livelli di astrazione,
tenendo presente l'esperienza principale sulle quali esse sono basate. Credo
che le nozioni di base della grammatica portino tale astrazione a dei gradi
molto alti, ma abbiano comunque una base esperienziale. Ad esempio, la caratterizzazione
schematica di un verbo, che indica una relazione seguita nella sua evoluzione
lungo il tempo, è semplicemente una versione astratta dell'esperienza
nel tempo reale degli eventi.
Negli ultimi anni le neuroscienze hanno portato dati relativi ai neuroni
specchio. Questi neuroni sembrerebbero portare delle evidenze interessanti all'ipotesi
che alla base del linguaggio vi siano dei meccanismi di natura senso-motoria.
Cosa ne pensa a riguardo?
Non dispongo delle competenze tecniche per commentare questi dati, che peraltro
non ho motivo di mettere in discussione. Potenzialmente però la scoperta
dei neuroni specchio è molto importante. Essi offrono una base neurologica
per le simulazioni mentali, per le quali esiste un corpo di prove sperimentali
in continua crescita. Essi offrono anche una base neurologica alla nostra capacità
di leggere le intenzioni degli altri e di apprendere la natura della loro esperienza.
Naturalmente ciò è assolutamente essenziale per l’acquisizione
del linguaggio e per lo sviluppo cognitivo. Devo lasciare ogni discussione dei
dettagli agli esperti. I neuroni specchio, però, sembrerebbero fornire
una base per poter colmare il divario tra il livello neurologico e il livello
dei fenomeni linguistici specifici.
(traduzione dall’inglese a cura di Giulia Andrighetto)
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