1) Innanzitutto, perché questo tema: “Heidegger
a Marburg”?
Si è voluto proporre, affidandola alla verifica di alcuni
tra gli studiosi più impegnati su questo periodo dell'evoluzione
del pensiero di Heidegger, un'analisi quanto più esaustiva
della ricerca filosofica di Heidegger negli anni di Marburgo -
anche perché, a parte "Essere e tempo", la sua
documentazione è affidata ai corsi di lezioni, che solo
adesso sono ormai più o meno compiutamente accessibili.
2) Il Natorp-Bericht rappresenta il motivo principale della
chiamata di Heidegger a Marburgo. L’analisi heideggeriana
delle opere di Aristotele costituisce una premessa di cui si devono
ancora approfondire molti temi per la genesi delle sue concezioni
dell’effettività e della storicità della vita?
Certamente, anche se resto convinto, personalmente, che questa
apertura alla storicità della vita, a integrare e correggere
la sua formazione logico-trascendentale e poi fenomenologica,
Heidegger la debba sostanzialmente all'influsso di Dilthey (e
Yorck)e alla sua storia della metafisica, consegnata all' "Introduzione
alle scienze dello spirito", dove metafisica e vita sono
le ottiche con cui vengono lette grecità e cristianesimo,
delle cui esperienze della vita Heidegger proporrà un'analisi
sincretica. Oltre che naturalmente alla sua originaria formazione
teologica.
3) Cosa può aver trovato un pensatore come Natorp in
una filosofia come quella di Heidegger così diversa dalla
propria impostazione?
In effetti penso, che Natorp, e soprattutto Husserl,
abbiano visto in Heidegger chi prometteva di acquisire ad una
"razionalizzazione" fenomenologica aspetti e problemi,
inquietanti per il loro ideale di filosofia come "scienza",
della filosofia della vita e della ventata relativistica nietzscheana
fortemente presenti nella cultura tedesca degli anni venti. Come
poi si è visto, per molta parte si sbagliavano.
4) I Beiträge zur Studium der Individualität di
Dilthey tracciano la via che al trascendentalismo neokantiano
era rimasta sbarrata. Heidegger, tuttavia, si allontana anche
da lui. In cosa consiste la differenza tra queste due concezioni
della coscienza storica come fatto originario della vita?
Ho dedicato a questo problema uno studio, in un libro
dell'87, uscito con Morano, Storia, ontologia, metafisica, in
cui ho cercato di mostrare come il modello teorico-storiografico
di storia della metafisica diltheyano faccia da ponte tra quello
hegeliano e quello heideggeriano, segnalandone anche, sottaciute
in Heidegger, dipendenze. Credo che in Heidegger, ci sia, sullo
sfondo della sua formazione trascendentale e fenomenologica, un'esigenza
non solo di rigorizzazione fenomenologica della coscienza storica,
ma anche di un suo ancoraggio trascendentale nella "struttura"
del Dasein, probabilmente eccessivo per uno "storico"
nel senso di Dilthey.
5) Heidegger polemizza anche con i Neokantiani del Baden
e con la loro “filosofia dei valori”…
Sì, Heidegger è ben presto convinto che
per parlare di valori, negli anni venti, si debba andare a scuola
da Weber e Nietzsche, parlare con loro e non con i sistemi di
valori dei "professori". Magari, eccede un po', ma la
sostanza, non a torto, è questa.
6) Nell’ultimo corso di Marburgo si parla, per la prima
volta in modo esplicito, di svolta (Kehre) e capovolgimento (Umschlag).
Che rapporto intrattiene, secondo Lei, questo corso con la conferenza
Vom Wesen der Wahrheit?
Credo ci sia una chiara anticipazione, anche se
la polisemia della "svolta" in Heidegger è tale
che non viene esaurita da questi due testi, e resta il problema
di cosa possa significare concretamente questo "passaggio".
Tento di darne qualche indicazione nella mia relazione al convegno
su logica, ontologia, ontica nel corso del '28. |