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Franz Brentano (1838-1917)
di Francesco Armezzani

Franz Brentano nasce il 16 gennaio 1838 a Mariaberg presso Boppard sul Reno. Tra i suoi immediati parenti vanta illustri rappresentanti della cultura romantica tedesca: il poeta Clemens Brentano e sua sorella Bettina von Arnim, grande amica di Goethe, sono suoi zii; suo fratello Lujo diventerà un noto e importante economista sociale nella Germania di fine '800.
La famiglia, di origini italiane, è di profonda fede religiosa (cattolico-romana). I suoi studi ampi e approfonditi lo portano dalla poesia alla teologia fino alla filosofia, in particolare quella aristotelica che studia con Trendelenburg a Berlino. Legge e studia le opere di Comte e di John Stuart Mill. Quest'ultimo e in generale l'empirismo britannico avranno una grande influenza sulla sua opera futura.
La sua dissertazione dottorale del 1862 verte sulla metafisica aristotelica, (Sui molteplici significati dell'essere in Aristotele), e sempre su Aristotele scrive la sua tesi di abilitazione del 1867 (La psicologia di Aristotele) sostenuta a Würzburg, città da cui ha in inizio la sua brillante carriera accademica.
Nel 1864 Brentano diventa sacerdote. I suoi rapporti con la Chiesa cattolica sono da subito molto contrastati, in particolare dopo l'introduzione nel Concilio Vaticano I del 1870 del dogma dell'infallibilità. Nel 1873, da poco diventato professore a tutti gli effetti all'università di Würzburg, Brentano rompe con la Chiesa cattolica e torna alla condizione laicale.
Del 1874 è il primo volume della sua opera più nota e importante La psicologia dal punto di vista empirico e il suo trasferimento presso l'Università di Vienna dove insegna fino al 1895.
In questo periodo pubblica solo testi di natura storiografica e comunque non di natura teoretica. Nel 1880 progetta di sposarsi con Ida von Lieben ma, visto il divieto di matrimonio  allora vigente in Austria-Ungheria per gli ex-sacerdoti, Brentano rinuncia alla cittadinanza austriaca e al ruolo di docente all'Università. Si sposa quindi in Sassonia e resta a Vienna come docente privato senza stipendio fino alla morte di sua moglie nel 1895. In seguito lascia definitivamente l'Austria e nel 1896 si trasferisce in Italia a Firenze dove nel 1897 sposa Emilie Ruprecht.
Nonostante un'incipiente e progressiva cecità che lo rende incapace di leggere e scrivere Brentano attraverso dettatura pubblica in questo periodo italiano diversi libri, tra cui nel 1907 le Untersuchungen zur Sinnespsychologie e nel 1911 il secondo volume della Psicologia dal punto di vista empirico con un'importante Appendice.
Fortemente critico nei confronti della politica bellicista degli stati europei, in seguito all'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale, Brentano si trasferisce nella neutrale Svizzera  dove muore a Zurigo il 17 marzo 1917.
Alla sua morte Brentano lascia una cospicua mole di scritti inediti alla cui pubblicazione si dedicano i suoi studenti, tra cui i più noti sono Oscar Kraus, Anton Marty e Alfred Kastil.
Nonostante la grande e encomiabile mole di lavoro operata da questo gruppo di affezionati studenti, che hanno avuto il non piccolo merito di preservare e diffondere l'opera del loro maestro, la cura e le  introduzioni da loro fornite delle opere  di Brentano hanno sovente diffuso un'interpretazione non del tutto conforme allo spirito e alla lettera pensiero del loro maestro. Per restituire al lettore moderno l'opera di Brentano in una forma meno condizionata è allo studio una nuova pubblicazione di tutte le opere brentaniane prive delle note, delle introduzioni, dei commenti e dell'ordinamento dei primi curatori.
Come avremo modo di vedere più avanti proprio la distinzione tra una prima, seconda e addirittura terza fase del pensiero di Brentano, distinzione che viene ripresa tra gli altri dal grande filosofo analitico statunitense Roderick Chisholm, è imputabile proprio alla versione proposta dai suoi studenti (Oscar Kraus in particolare) e non direttamente riconducibile allo sviluppo interno del pensiero di Brentano stesso.
La grande statura di Brentano docente e filosofo, ricca di carisma e personalità è testimoniata dal nutrito numero di studenti che presso di lui hanno iniziato la loro personale carriera filosofica. Tra questi vanno ricordati Edmund Husserl, Alexius Meinong, Anton Marty, Kazimierz Twardowski, Christian von Ehrenfels, Carl Stumpf, Thomas Masaryk. Suo allievo a Vienna fu inoltre Sigmund Freud.
Come già accennato in precedenza l'importanza di Brentano risiede in gran parte nella sua fondamentale opera del 1874, la Psicologia dal punto di vista empirico, originariamente prevista in sei volumi, lasciata incompleta e di cui abbiamo i primi due volumi pubblicati in vita, a distanza di 38 anni l'uno dall'altro, e un terzo pubblicato postumo a cura di Oscar Kraus.
Il testo ha essenzialmente il compito di stabilire l'oggetto e il metodo della psicologia in maniera diversa e opposta a quella datane da Wundt in quegli anni, che intendeva la psicologia come una  scienza naturale ascrivibile al sistema complessivo della filosofia positivista.
Secondo Brentano la psicologia si occupa di uno specifico gruppo di oggetti, da lui denominati “fenomeni psichici”, da distinguere dai fenomeni fisici, oggetti delle scienze naturali. Esempi di fenomeni fisici sono un suono, un colore, un odore, mentre fenomeni psichici sono vedere un colore, sentire un suono, ecc. I fenomeni fisici sono spazio-temporali, sono estesi, hanno durata, possono essere misurati. I fenomeni psichici non hanno estensione spaziale, non hanno determinazioni legate alla massa, al peso o ad altre grandezze fisiche; essi hanno piuttosto una loro proprietà esclusiva, l'intenzionalità.
Brentano a tale proposito afferma che «ogni fenomeno psichico è caratterizzato da ciò che gli scolastici del medioevo hanno chiamato inesistenza intenzionale (o anche mentale) di un oggetto, e che noi, non senza ambiguità, chiameremmo relazione ad un contenuto o direzione ad un oggetto, o oggettività immanente».
Ogni vedere, sentire, percepire, pensare, giudicare ecc. implica necessariamente un visto, giudicato, percepito, pensato, giudicato ecc. Sul concetto di inesistenza intenzionale non si è ancora esaurito il dibattito, sia dal punto di vista della corretta interpretazione del testo e dello spirito di Brentano, sia sulla natura in generale dell'oggetto intenzionale. In particolare  si è molto discusso e si discute su come debba essere inteso lo statuto ontologico dell'oggetto intenzionale, se esso vada inteso come oggetto dotato di un qualche grado di realtà, oppure se esso sia un ente puramente nominale. Nel primo caso all'oggetto reale esterno corrisponderebbe un oggetto interno, che sarebbe presente pur nel caso dell'allucinazione o della falsa percezione. Se io vedo un colore che in realtà non esiste, cionondimeno esiste la percezione che io ho del colore e di conseguenza il colore percepito. Nel caso della riduzione degli oggetti al solo grado dell'esistenza reale, allora il contenuto intenzionale può essere interpretato come contenuto mentale, in qualche modo presente alla mente di chi lo pensa o lo percepisce. Anche in questo caso si viene però a creare una tensione tra l'oggetto mentale e l'oggetto rappresentato vista in precedenza e pertanto il problema non sarebbe risolto bensì semplicemente spostato.
A questo problema si associa complicandolo quello riguardante la natura della sensazione, nella versione offerta in particolare dai teorici dei sense-datum. In questo caso l'oggetto della percezione verrebbe sempre dato, per così dire, in maniera mediata, attraverso i dati sensibili, colori, forme, dimensioni, da cui è costituita l'immagine dell'oggetto percepito. Nel caso dell'allucinazione il dato sensibile verrebbe erroneamente associato a qualche cosa di non-esistente, ma esso sarebbe nondimeno presente.
Va subito detto che Brentano e la fenomenologia nel suo complesso respingono decisamente questa ricostruzione. Io non percepisco i miei dati di senso, ma gli oggetti reali, l'oggetto del mio pensiero è la realtà trascendente la mia coscienza, non i contenuti della mia coscienza.
A detta di alcuni interpreti lo stesso Brentano avrebbe nel corso del tempo radicalmente modificato la propria idea, passando da una posizione favorevole all'assunzione dell'esistenza dell'oggetto intenzionale ad una versione molto più parsimoniosa. Sull'attendibilità della tesi, come abbiamo visto prima, grava la presentazione e le interpretazioni fornite dai curatori delle opere del filosofo austriaco. E' nondimeno vero che la  filosofia complessiva di Brentano subisce una svolta profonda con la negazione di ogni grado di realtà agli entia rationis, svolta nominalista o reista collocabile agli inizi del '900. Questa nuova adesione ad una visione ontologicamente confinata alla sola assunzione della datità delle cose reali non produce di per sé alcuna modifica sostanziale alla teoria generale dell'intenzionalità.
Intorno alla questione dell'oggetto intenzionale la discussione è comunque lungi dall'essere conclusa. Lo stesso Brentano polemizza apertamente con i suoi studenti (Meinong e Husserl, ma il primo va considerato Twardowski) a suo dire colpevoli di aver erroneamente interpretato la sua teoria e di averla sviluppata lungo una direzione completamente diversa e opposta alla sua, consistente in particolare nella distinzione tra contenuto e oggetto della percezione.
La discussione su questo punto nevralgico della filosofia di Brentano e della fenomenologia in generale, rischia di lasciare in secondo piano una questione di assoluta importanza, la distinzione cioè tra percezione esterna e percezione interna; questa distinzione integra e completa la teoria dell'intenzionalità.
Secondo Brentano il fenomeno psichico non è percepito come un colore o un suono: i fenomeni fisici sono percepiti attraverso la percezione esterna, mentre i fenomeni psichici sono colti dalla percezione interna. Le due percezioni sono date all'interno dello stesso atto: quando sento un suono, percepisco altresì di sentire un suono. La percezione interna a differenza di quella esterna non è mai fallace. Anche nel caso della percezione falsa, quando per esempio percepisco un suono senza che effettivamente niente risuoni vicino a me, il mio percepire internamente di percepire un suono è nondimeno una percezione infallibile. Il fenomeno fisico può non esistere (e molto probabilmente non esiste mai come io lo percepisco) ma il fenomeno psichico è senz'altro esistente. Brentano afferma difatti che il giudizio assertorio basato sulla percezione esterna è nella migliore delle ipotesi probabile ma mai necessario, mentre il giudizio assertorio basato sulla percezione interna è sempre vero e non può mai essere falso. Il giudizio basato sulla percezione interna risulta fornito di un'evidenza incontrovertibile: la percezione interna va infatti vista come interna all'atto percettivo stesso. Nella percezione di un colore il soggetto è diretto al colore e allo stesso tempo è diretto su se stesso. Il colore (fenomeno fisico) è l'oggetto primario della percezione, mentre vedere il colore  (fenomeno psichico) è l'oggetto secondario.
Una prima conseguenza di questa fondamentale distinzione consente a Brentano di operare una netta distinzione tra la psicologia genetica, pensata da Wundt come analisi dei processi fisiologici che causano fisicamente la vita psichica  e la psicologia descrittiva che ha il compito di analizzare i fenomeni psichici, la loro struttura e la loro classificazione. In questo senso la psicologia genetica è una scienza naturale tra le altra, che ha che fare con percezione esterne e fenomeni fisici, la psicologia descrittiva è invece una scienza empirica descrittiva, analitica, puramente immanente, basata sull'evidenza della percezione interna. In questo consiste la superiorità della psicologia descrittiva (che Brentano chiama anche psicognosia o fenomenologia) rispetto alla psicologia genetica.
Una seconda importante conseguenza di questa distinzione ci permette di comprendere meglio la natura dell'intenzionalità secondo Brentano. Nel fenomeno psichico è presente il colore come mero correlato intenzionale dell'atto, oggetto intenzionalmente inesistente, mentre il fenomeno fisico, oggetto della percezione esterna, è oggetto trascendente, oggetto intenzionale. Questa distinzione tra oggetto intenzionale e correlato intenzionale viene esposta con grande chiarezza da Brentano nel corso delle lezioni universitarie a Vienna tenute nei semestri tra il 1891-92 e oggi pubblicate con il titolo Deskriptive Psychologie. In questo senso non c'è alcun raddoppiamento tra oggetto e contenuto, tra un oggetto esterno e uno interno. Il correlato intenzionale esiste solo in quanto parte inseparabile dell'atto intenzionale. Ogni vedere è inseparabile dal veduto e l'oggetto in quanto visto non è un oggetto dotato di realtà vera e propria. L'oggetto intenzionale, invece, è l'oggetto reale, trascendente a cui è diretto l'atto. Non ci sono due oggetti, ce n'è uno solo quello reale, trascendente, eventualmente non esistente.
A differenza di quanto viene comunemente affermato a questo proposito, l'intenzionalità, come la intende Brentano, non ha nulla a che fare con gli atteggiamenti proposizionali o con le rappresentazioni che stanno alla base di tali “atteggiamenti”. Ad introdurre questo modo di pensare nella filosofia moderna è stato senz'altro Russell, il quale riteneva che verbi quali “credere”, “desiderare” ecc. implicassero il riferimento ad una proposizione: p.e. «Io credo che ci sia il sole» oppure «desidero che ci sia il sole», spero, contesto, immagino, temo “che ci sia il sole”. Secondo Russell questi verbi hanno la forma di mettere in relazione un oggetto con una proposizione e in qualche modo impongono in ogni caso la presenza della congiunzione dichiarativa che. Russell preferisce denominare tale enunciati verbi “proposizonali” e non “atteggiamenti proposizonali”, termine che, a suo dire, tradisce una larvata componente psicologica. Chisholm riprende il tema dell'intenzionalità in questi termini nella sua polemica con Quine e più recentemente Searle, nel suo fondamentale On Intentionality ritiene che l'intenzionalità sia una particolare relazione tra soggetto e oggetto, una rappresentazione che non ha bisogno della reale esistenza dell'oggetto rappresentato. Per Searle tutte le percezioni sono intenzionali e quindi proposizionali: ogni volta che vedo qualcosa io in effetti vedo che c'è qualcosa. Ogni percepire per Searle è un “percepire che”. Questa forte correlazione tra proposizione e intenzionalità viene sovente considerata come un punto fermo nelle discussioni nell'ambito della filosofia analitica della mente e non solo. In Brentano, al quale si deve di aver introdotto il tema dell'intenzionalità nella filosofia contemporanea, come già detto, tale correlazione non è affatto presente.
Infine va ricordato che la distinzione tra correlato e oggetto intenzionale assume un posto di rilievo all'interno del dibattito sulla natura della mente e in  particolare sul rapporto tra fisico e psichico. Va tenuto in considerazione inoltre che un'approfondita analisi del concetto brentaniano di intenzionalità diventa oltremodo importante  alla luce del rinnovato interesse che l'opera del filosofo austriaco sta avendo negli ultimi anni proprio nell'ambito della filosofia analitica della mente. Il concetto più ripreso è quello di percezione interna e in questo senso si parla ormai apertamente di un vero e proprio “ritorno a Brentano” e di filosofie “neo-brentaniane”.
Abbiamo evitato in questa breve presentazione di analizzare altri importanti aspetti della filosofia di Brentano. Notevoli tuttavia sono i suoi contributi alla logica, metafisica, ontologia, teologia, etica, estetica e storia della filosofia. La psicologia descrittiva resta in ogni caso la base di partenza di ogni successiva analisi. Brentano infatti suddivide i fenomeni psichici in tre gruppi: nel primo colloca le rappresentazioni, cioè gli elementi basilari di tutta la nostra vita psichica. Nei due raggruppamenti successivi colloca i giudizi e infine le volizioni (o atti valutativi). Sulle rappresentazioni si basa la psicologia descrittiva, sui giudizi la logica e sulle volizioni l'etica e l'estetica. Partendo sempre dalle rappresentazioni e dalla loro classificazione e analisi descrittiva abbiamo infine l'ontologia e  la teologia.
L'ontologia di Brentano prende le mosse da Aristotele ma procede poi in maniera del tutto originale, giungendo ad un'inversione del rapporto soggetto-predicato, pervenendo all’affermazione che è la sostanza ad inerire al predicato e non viceversa. La sostanza in questo senso è una parte dell'accidente. Se il libro è rosso, è il libro ad essere una parte dell'essere rosso. Dal punto di vista percettivo infatti noi percepiamo la qualità rosso, o, per meglio dire, qualcosa di rosso (etwas Rotes). La sostanza individuale non può stare senza accidenti, non può essere data senza un momento qualitativo-sensibile. La teologia si occupa dell'unica sostanza che può stare senza predicati, della sostanza vera e propria (anche se la sostanza divina può essere solo dedotta dallo schema ontologico, poiché, priva di proprietà necessarie, è per sua natura inconoscibile).
Brentano contro Aristotele ma anche contro Frege, nega che il giudizio sia l'unione di due rappresentazioni. Tutti i giudizi sono riconducibili alla forma esistenziale individuale. La rappresentazione non deve essere legata ad un'altra rappresentazione mediante la copula: secondo Brentano il giudizio consiste nell'accettare (come esistente) o rifiutare (come non-esistente) l'oggetto rappresentato. Analogamente i giudizi etici o estetici sono i giudizi che contengono un'accettazione o un rifiuto, una valutazione positiva o negativa dell'oggetto rappresentato.
Questi brevissimi cenni non possono che rappresentare un'idea molto approssimata degli apporti che Brentano ha dato alla filosofia nei suoi diversi ambiti di ricerca. Quello che va sottolineato con forza è che se tutta la filosofia di Brentano si basa sulla psicologia descrittiva, il suo scopo ultimo resta lo studio delle discipline etiche e teologiche, della sostanza prima, del vero, del bello e del buono. Un suo convincimento storico-filosofico afferma  che la filosofia va divisa in quattro fasi, per cui dopo un periodo di novità, fioritura di ricerche e di spirito critico, si passa ad una fase di stagnazione e ripetizione, seguita da una fase scettica e infine, il punto più basso, si perviene ad una fase mistica. In questo modo secondo Brentano da Aristotele si sarebbe passati alla scolastica, poi a Cartesio per finire al periodo di maggiore decadenza, rappresentato dal kantismo e dall'idealismo tedesco. Una volta consumata la crisi però, sotto la spinta delle scienze naturali, si  perviene in maniera circolare ad un nuovo corso fertile e creativo della filosofia occidentale. In questo senso, abbandonata come ormai inutilizzabile ogni metafisica, la psicologia descrittiva fornisce, secondo il convincimento del filosofo austriaco, le basi per una ricognizione empiristica dei dati percettivi immanenti, una loro classificazione e, in conseguenza di ciò, una nuova fondazione del sapere filosofico.

Principali opere di Brentano

Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles, 1864, tr.it. Sui molteplici significati dell’essere in Aristotele, Milano, Vita e Pensiero, 1995
Die Psychologie Aristoteles, 1867, tr.it. La psicologia di Aristotele, Bologna, Pitagora editrice, 1989
Psychologie vom empirischen Standpunkt, Hamburg, Felix Meiner Verlag, 1874, 1911 (3 voll.), tr. it., La psicologia dal punto di vista empirico, (3 voll.) Roma, Laterza, 1997
Untersuchungen zur Sinnespsychologie, 1907
Kategorienlehre, Hamburg, Felix Meiner Verlag,1968
Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis, Felix Meiner Verlag,1969
Wahrheit und Evidenz, Felix Meiner Verlag, 1930
Die Abkehr vom Nichtrealen, Felix Meiner Verlag, 1966
Deskriptive Psychologie, Felix Meiner Verlag, 1988

PUBBLICATO IL : 29-01-2009
@ SCRIVI A Francesco Armezzani