Durante i lavori di sgombero della casa ginevrina dei Saussure, nel 1996 sono
state trovate alcune note sparse scritte di pugno dal celebre linguista Ferdinand,
pubblicate quest’anno da Laterza con il titolo di Scritti inediti
di linguistica generale [SLG]. Delle Note, conservate nella Biblioteca
pubblica e universitaria di Ginevra come Notes personelles de Ferdinand
de Saussure sur la linguistique générale, in seguito all’edizione
francese Gallimard [2002] curata da Rudolf Engler e Simon Bouquet, giungono
al pubblico italiano le sezioni intitolate L’essenza doppia del linguaggio
e Nuovi item. L’edizione è curata, come da tradizione,
da Tullio De Mauro.
Il testo è databile, attraverso un complesso intreccio di indizi interni
ed esterni ad esso, intorno alla seconda metà degli anni Novanta dell’Ottocento.
Sarebbe precedente, quindi, ai corsi, tenuti tra il 1907 e il 1911, da cui poi
venne estratto, a tre anni dalla morte di Saussure, il Corso di Linguistica
Generale [CLG, prima edizione 1916]. Si tratta di appunti di lavoro contenenti
segni di successive riletture critiche, che dovevano costituire la base per
un libro che mai vide la luce. Frammenti di lavoro talvolta incompleti in cui
è tuttavia possibile rintracciare una continuità tematica e una
forte omogeneità con il pensiero saussuriano emerso grazie all’opera
esegetica condotta dagli interpreti sul CLG.
Negli SLG si scorgono dunque le radici dell’impianto teorico che verrà
sviluppato nei corsi ginevrini di linguistica generale. Alcuni concetti centrali,
come quelli di entità linguistica e di valore, sono già presenti
nella loro compiutezza. Altri si intravedono, sviluppati solo in parte, come
è il caso della parallelia, che indica un tipo di rapporti tra
le parole che nel CLG rientrerà nei rapporti detti associativi. Nonostante
il carattere asistematico e talvolta lacunoso del testo, che si compone di una
serie di paragrafi minuscoli, è possibile riconoscere in esso i tratti
di un disegno che, in seguito, ingrandito e maggiormente articolato, andrà
a costituire l’oggetto dei corsi.
È opportuno tuttavia precisare che in queste Note alcune scelte terminologiche
non sono ancora giunte a maturazione, dunque si troveranno differenze rilevanti
rispetto agli usi, ormai entrati nella tradizione, presenti nel CLG. Negli SLG
segno indica ciò che nel CLG si chiamerà significante,
e significazione ciò che diverrà il significato.
Appaiono inoltre in questi scritti termini radicalmente nuovi, che poi scompariranno,
tra cui la già citata parallelia, e il quaternione.
Si tratta di un termine derivato dall’algebra, che indicava originariamente
il 10 come la somma della successione dei primi quattro numeri interi, poi un
insieme ordinato di quattro numeri, ora un numero ipercomplesso. Da Saussure
è utilizzato per riferirsi all’insieme dei quattro elementi che
è necessario tenere presenti se ci si vuole occupare delle entità
linguistiche. I quattro elementi sono un segno (leggi: significante),
la sua significazione, la differenza generale tra i segni e quella
tra le significazioni. Tra questi quattro elementi è opportuno osservare
i tre rapporti oppositivi: fra il segno e gli altri segni, fra il segno e la
sua significazione, fra la significazione e le altre significazioni.
Nelle Note domina prima di tutto una sentita preoccupazione epistemologica
per la definizione dell’oggetto e del compito della linguistica. Si tratta
di un’interrogazione quasi ossessiva, per sancire ancora una volta (in
verità, vista la datazione del testo, forse per la prima volta) la specialità
della linguistica come scienza, dovuta al suo aver a che fare con oggetti non
dati dai sensi, ma derivabili solo dall’unione di due elementi eterogenei:
una forma acustica e un’idea. Le entità linguistiche non esistono
di per sé, ma sono già frutto di una generalizzazione. Lo studio
della lingua può essere affrontato adottando diversi punti di vista e
questa scelta determina gli oggetti con cui si avrà di volta in volta
a che fare. «[…] non c’è la minima traccia di fatto
linguistico, la minima possibilità di percepire o determinare un
fatto linguistico fuori dall’adozione preliminare d’un punto di
vista» (§ 3b, p. 17). Negli SLG troviamo un primo abbozzo della classificazione
dei punti di vista possibili per abbordare l’oggetto lingua [§ 2e,
pp. 12-13], in cui si delinea la distinzione fondamentale tra punto di vista
sincronico, che qui è denominato istantaneo o sinottico,
e diacronico, che talvolta è indicato come anacronico.
L’entità linguistica, di natura bifacciale, non è costituita,
come vorrebbe una visione ingenua della lingua criticata da Saussure, da un
lato materiale (il suono) e uno spirituale (l’idea). Immagine acustica
e idea hanno entrambe natura spirituale, non si possono analizzare separatamente
e appartengono alla langue. L’unione del segno e della
significazione, vale a dire l’entità linguistica, viene
paragonata dall’autore, non ad una composizione, bensì a un miscuglio
chimico, «quale è il miscuglio di azoto e di ossigeno nell’aria
che respiriamo, sicché l’aria non è più l’aria
se ne sottraiamo l’azoto o l’ossigeno, e tuttavia niente lega la
massa d’azoto sparsa nell’aria alla massa d’ossigeno»
[§ 2a, p. 8]. Le entità linguistiche, e così i fatti che
il linguista si trova a fronteggiare, sono fatti di coscienza, «elementi
destituiti nella loro complessità di una unità naturale»
[ibidem]. È questo che rende la linguistica una scienza particolare.
Essa ha a che fare con unità immaginarie, che in realtà non si
costituiscono se non di differenze. A tali unità è tuttavia opportuno
attribuire un’esistenza positiva, per evitare che il nostro spirito non
sia in grado di «controllare una simile somma di differenze in cui non
c’è mai in nessun momento un punto di riferimento positivo e fermo»
[§ 20b, p. 71]. Il concetto di differenza, punto nevralgico della trattazione
saussuriana dei fenomeni linguistici, rimanda direttamente alla nozione di valore,
che già all’epoca di questi scritti sembra essere dotata di una
forma compiuta.
Una bandiera appartenente a un sistema di segnali marittimi che sventola in
mezzo ad altre sull’albero di una nave rappresenta un segno, un oggetto
dotato di senso per coloro che lo vedono. «Tutto ciò che rappresenta
per lo spirito il segnale marittimo di un vessillo rosso o blu procede non da
ciò che il vessillo è, non da ciò che si è disposti
ad associargli, ma esclusivamente da queste due cose: 1) dalla sua differenza
con gli altri segni figuranti nello stesso momento; 2) dalla sua differenza
con gli altri segni che si sarebbero potuti innalzare al suo posto e al posto
dei segni che l’accompagnano» [§ 12, p. 58]. Questi elementi
negativi e differenziali, in cui si riconoscono quelli che nel Cours
si chiameranno rapporti in praesentia (sintagmatici) e in absentia
(paradigmatici o associativi), sono le sole realtà semiologiche
di cui la lingua è costituita.
In questi scritti, osserva De Mauro, è possibile cogliere diverse consonanze
wittgensteiniane, sotto molteplici punti di vista. Prima di tutto nel formato
stilistico, costituito da brevissimi paragrafi che ricordano gli schizzi paesaggistici
delle Ricerche; poi, nella dichiarata sinonimia dei termini significazione
e uso; ancora, nella nozione di ‘gioco di segni chiamato lingua’
[§ 6e, p. 36] che richiama i giochi linguistici di wittgensteiniana memoria;
inoltre, e questa rappresenta forse una novità nel panorama saussuriano,
nella trattazione della sinonimia e nell’affermazione dell’infinita
estensibilità dei significati, che rimanda al concetto di indeterminatezza
semantica o di dilatabilità permanente dei significati. Dunque, negli
SLG alcuni paragrafi [§ 25, 26, 27, 29j] sono dedicati alla discussione
di questioni di semantica lessicale, derivanti dall’applicazione dell’impianto
teorico strutturale-sistemico al dominio del lessico. Operazione che sembra
anticipare di qualche decennio lo sviluppo delle teorie del campo lessicale
[Trier J., 1931, Der deutsche Wortschatz im Sinnbezirk des Verstandes. Die
Geschichte eines sprachlichen Feldes, Heidelberg, Winter]. Le questioni
affrontate sono fondanti e abbracciano l’infinita estensibilità
dei significati e il rapporto tra categorie linguistiche e oggetti del mondo.
«La “sinonimia” di una parola è in se stessa infinita,
per quanto la parola sia definita in rapporto a un’altra parola»
e «volere esaurire le idee contenute in una parola è un’impresa
perfettamente chimerica» [§ 27, p. 87]. Il senso di una parola, sostiene
Saussure, può accogliere sempre nuove idee, a condizione che queste siano
escluse dal senso di altre parole, rappresentando il senso qualcosa di essenzialmente
negativo e differenziale. Questo nodo è strettamente connesso con la
questione del rapporto tra categorie linguistiche e oggetti extralinguistici.
Non vi è, secondo Saussure, alcuna corrispondenza tra le une e gli altri.
«La differenza dei termini che fa il sistema d’una lingua non corrisponde
da nessuna parte, fosse pure la lingua più perfetta, ai veri rapporti
tra le cose» [§ 26, p. 85]. Anzi, la potenza della lingua risiede
anche nel chiamare la stessa cosa in modi diversi a seconda dei casi, come casa,
costruzione, fabbricato, edificio, immobile, abitazione, residenza. «Così
l’esistenza di fatti materiali […] è indifferente per la
lingua. Tutto il tempo essa avanza e si muove con l’aiuto della formidabile
macchina delle sue categorie negative, in verità disancorate da ogni
fatto concreto e proprio per tal via immediatamente disponibili a immagazzinare
una idea qualsiasi che venga ad aggiungersi alle precedenti» [ibidem].
È l’affermazione dell’autonomia dell’articolazione
linguistica rispetto alle ripartizioni della realtà extralinguistica:
tratto tipico dello strutturalismo criticato dai recenti sviluppi linguistici
di stampo cognitivo.
Conseguenza interessante e quanto mai attuale delle riflessioni saussuriane
sulla semantica lessicale è la negazione della distinzione tra senso
proprio e senso figurato di una parola. Tale distinzione presupporrebbe, infatti,
ciò che l’autore vuole combattere: l’esistenza di una significazione
come entità assoluta e positiva. Il senso proprio, così come quello
figurato, non sono altro nel quadro saussuriano che due delle molteplici manifestazioni
del senso generale, inteso come «la qualunque delimitazione che risulta
dalla presenza di altri termini nello stesso momento» [ibidem].
Allo stesso modo in cui esclude il rapporto tra lingua e mondo dal dominio
della linguistica, Saussure vi elimina il regno non linguistico del pensiero
puro, o delle categorie assolute dell’idea, indipendenti dai segni vocali
[§ 8, p. 44]. «Non tocca al linguista esaminare da dove può
realmente cominciare questo affrancamento dal segno vocale, se certe categorie
preesistono e altre post-esistono al segno vocale; se, di conseguenza, certe
sono assolute e necessarie per lo spirito e altre relative e contingenti»
[ibidem]. Il linguista non deve mai perdere di vista l’unione
del segno con l’idea. In ciò consiste l’essenza
doppia del linguaggio e illudersi di poter considerare separatamente i due ambiti
costituirebbe per Saussure uno snaturamento del compito e della funzione della
linguistica.
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