Il testo costituisce un omaggio che l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e la Storia delle Idee (ILIESI), giunto con questa pubblicazione al centesimo volume della propria collana, ha voluto rendere all’attività di Pietro Pimpinella, ricercatore per trent’anni presso l’Istituto stesso. Si possono così celebrare adeguatamente l’attività sia dello studioso, che non poco ha contribuito all’approfondimento della filosofia del settecento tedesco (basti ricordare gli Indici e concordanze degli scritti latini di Immanuel Kant, curati assieme a Antonio Lamarra, e la traduzione, condotta assieme a Salvatore Tedesco, delle Riflessioni sulla poesia di Baumgarten), sia del noto centro di ricerca afferente al CNR e operante presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza», il cui prestigio è riconosciuto a livello internazionale.
In particolare, vengono raccolti qui cinque contributi presentati da Pimpinella presso altrettanti colloqui internazionali di terminologia filosofica organizzati dal «Lessico» e pubblicati, sempre presso Olschki, negli atti relativi: si tratta di: Spiritus nella Psychologia rationalis di Christian Wolff (convegno 1983; atti 1984); Imaginatio, phantasia e facultas fingendi in Chr. Wolff e A. G. Baumgarten; Sensus e sensatio in Wolff e Baumgarten (1995/1996); Experientia/Erfahrung in Chr. Wolff e A. G. Baumgarten (2001/2002); Machina come immagine del mondo in Chr. Wolff (2004/2005). Ad essi si aggiunge il saggio dal titolo: Ingenium in Wolff e Baumgarten, già pubblicato nel 2002 negli Atti del Convegno Internazionale di Studi Ingenium propria hominis natura (a cura di S. Genzini e A. Martone) tenutosi a Napoli nel 1997.
Il primo saggio descrive l’utilizzo del termine spiritus nella Psychologia rationalis wolffiana: connotato, fedelmente rispetto alla tradizione, dalle caratteristiche di intelletto e volontà libera, lo spiritus rappresenta per Wolff la pars superior dell’anima, che non può essere qualificata solo come «sostanza immateriale» o «sostanza semplice». In questa come in altre descrizioni, la psicologia wolffiana si distanzia dalle posizioni di Cartesio e Leibniz, e viene a porsi, grazie ai suoi tratti marcatamente metafisici, quale ponte verso la teologia naturale: Wolff costruisce infatti un argomento a favore dell’esistenza di Dio a partire dalla distinzione tra spirito finito ed infinito (a contingentia animae lo definisce Pimpinella) ritenendolo più efficace rispetto a quelli che prendendo le mosse dall’esistenza del mondo, perché quest’ultima, al contrario dell’esistenza dell’anima, può essere messa in dubbio dagli idealistae.
Muovendosi sempre nell’ambito della psicologia, nel saggio seguente Pimpinella confronta le esposizioni di Wolff e Baumgarten della facultas imaginandi e della facultas fingendi, mettendo in luce come il secondo riprenda fedelmente, da un punto di vista concettuale, le teoria del primo, distaccandosene però sotto l’aspetto terminologico. Si tratta anche in questo caso di problemi che possiedono una valenza decisamente metafisica, perché investono la questione della distinzione tra sogno e realtà e quindi il tema della verità trascendentale (la cui importanza in rapporto sia alla tradizione scolastica, sia al pensiero di Kant, fu messa in evidenza da Carboncini in uno studio fondamentale: cfr. Transzendentale Wahrheit und Traum, Stuttgart-Bad Cannstatt 1991); e si tratta di questioni decisive anche per la nascita dell’estetica come scienza, che in Baumgarten è possibile, secondo Pimpinella, anche grazie alla riconduzione della teoria del bello all’intera sensibilità, e dunque non solo alla facultas fingendi.
Il terzo saggio, quindi, si apre considerando come «il pensiero di Baumgarten, che nel suo insieme segue le linee tracciate dal sistema di Wolff, in nessun ambito perviene a risultati tanto originali quanto in quello connesso con la teoria della conoscenza sensibile» (p. 56). Dopo essersi soffermato in modo particolare sul problema del passaggio tra idea materialis nel cervello e idea immaterialis nell’anima, esemplificazione del problema cartesiano della comunicazione tra sostanze di natura diversa, e che Wolff può risolvere solo facendo riferimento all’armonia prestabilita, Pimpinella nota come Baumgarten sia interessato più allo sviluppo di una gnoseologia inferior in generale che all’indagine del sensus externus, riprendendo così, rispetto a Wolff, tratti più specificamente leibniziani.
Nel quarto saggio si ricostruisce poi la teoria dell’ingenium (o Witz), considerato da Wolff come la capacità di cogliere somiglianze tra le cose, e dunque di formulare metafore e creare immagini artistiche: nell’estetica di Baumgarten, che secondo quanto si iniziava a dire, si presenta come una «logica della facoltà conoscitiva inferiore», tale funzione rappresenta un analogo della ragione. L’influsso delle riflessioni di Baumgarten su questo tema è quindi rintracciabile, evidentemente, nella Critica della facoltà di giudizio kantiana, ed in particolare, secondo quanto sottolineato da Pimpinella, nella teoria del genio. Ma più in generale notiamo incidentalmente che i temi della somiglianza e della metaforicità e quindi dell’analogia, sul cui ruolo strutturale nella terza Critica si è soffermata l’attenzione di molti, possono permettere di mettere in luce un rapporto più ampio tra i due pensatori: non a caso è proprio a partire da Baumgarten che anche alcune considerazioni kantiane sull’immaginazione e sullo schematismo potrebbero ricevere un chiarimento ad un’indagine specifica che vi si dedicasse.
Ancora l’esperienza come analogon rationis costituisce l’oggetto del quinto saggio, che mostra come tale termine possieda in Wolff, ed in particolare nella sua trattazione della cognitio historica, un senso più ampio rispetto all’accezione che la intende solo come materia utile per le premesse della conoscenza scientifica. Vengono ripercorsi poi gli articolati rapporti che Wolff instaura sia tra esperienza e percezioni, sia tra l’a posteriori in generale e l’ambito razionale. Pimpinella mostra quindi come Baumgarten, grazie ad un’interpretazione logica dell’induzione nel quadro della sillogistica e all’introduzione di un procedimento inferenziale a partire da un esempio o da un caso particolare, elabori un’interessante teoria deduttiva dell’esperienza. Anche in questo caso, il contributo di Pimpinella è ulteriormente interessante se messo in rapporto con la rilettura che tale teoria subirà in Kant, per cui analogia ed induzione, secondo quanto si può rintracciare nelle lezioni di logica, vengono a costituire, dopo una sofferta riflessione sul tema, gli Schlüße propri della facoltà di giudizio, come Capozzi mostra adeguatamente in pagine di prossima pubblicazione del suo secondo volume dedicato a Kant e la logica.
Infine il sesto saggio evidenzia come il concetto di machina esprima, secondo Wolff, un’immagine particolarmente efficace del mondo, e abbia perciò una rilevanza particolare all’interno della cosmologia. Pimpinella può quindi soffermarsi sulla importante distinzione tra cosmologia transcendentalis ed experimentalis: nella prima scienza, in particolare, si ha un significativo utilizzo del termine «trascendentale» quale aggettivo che qualifica la disciplina che deve dare le notiones directrices alla fisica. Noti studi di Norbert Hinske avevano sottolineato come tale utilizzo del termine «trascendentale» in un contesto di scienze della natura rappresenti una novità apportata nella storia della filosofia dal pensiero wolffiano (cfr. soprattutto Die historischen Vorlagen der kantischen Transzendentalphilosophie, in «Archiv für Begriffsgeschichte», 12, 1968, pp. 86-113), e che questo utilizzo configuri un ambito radicalmente diverso da quello della tradizione scolastica dei trascendentali (presenti, sia pur con un ruolo marginale, anche nell’Ontologia wolffiana). Pimpinella, tuttavia, sostiene che il senso ontologico e questo utilizzo in ambito cosmologico rimandano, in Wolff, ad un significato univoco: si tratta dell’ordine insito nel nesso del mondo, che come verità trascendentale è condizione di possibilità di ogni giudizio.
Anche questi ultimi brevi accenni sono perciò esemplificativi del punto di vista privilegiato che gli «studi di terminologia», secondo l’espressione che costituisce il sottotitolo del presente volume, rappresentano per la ricerca filosofica. Il passaggio dal latino al tedesco nella scrittura dei testi filosofici, sancito in Germania proprio negli anni di Wolff e Baumgarten, che significativamente coincide con la fine della filosofia scolastica, costituisce a sua volta un momento particolarmente proficuo per indagini di questo tipo: ci si augura quindi che la tradizione particolarmente feconda, in Italia, di studi su questo, che da Campo a Tonelli, da Casula a Bianco a Ciafardone, sino a Pozzo e Carboncini, solo per menzionare alcuni nomi rilevanti, possa conoscere dei validi continuatori. |