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Fausto Fraisopi, Adamo sulla sponda del Rubicone. Analogia e dimensione speculativa in Kant.
Armando, 2005

di Silvia De Bianchi
Merita una lettura attenta l’originale lavoro di Fausto Fraisopi, che rivela una fenomenologia della soggettività kantiana declinata secondo l’analogia. Il percorso passa attraverso un’analisi della soggettività kantiana, per inserirla nel quadro di una riflessione che va oltre Kant. Come l’autore stesso ammette, non si può non scorgere nelle sue premesse e nelle sue conclusioni l’influenza di quel tentativo di ri-pensare e ri-cercare il senso inesauribile nei suoi risultati del rapporto tra onto-logia e onto-teo-logia portato avanti da M. M. Olivetti. E’ così che Fraisopi punta sulla comprensione della svolta filosofico-speculativa di Kant in rapporto speculare con la svolta antropologica, per cui “il soggetto ha il suo orizzonte: una svolta epocale del pensiero, soprattutto nella misura in cui il rapporto de-teologizzato del pensiero al proprio orizzonte diviene la consapevolezza del fatto che la religione, da struttura metafisica, diviene orizzonte” (p. 381). L’inversione di priorità fondativa tra ontologia ed assiologia, la necessità di non oggettivare il riferimento al divino, ma di pensarlo come richiesta di senso e la necessità di un riconoscimento inter-personale ed inter-soggettivo, costituiscono in questo modo i problemi della Religionphilosophie nell’ambito della filosofia trascendentale, tanto che ”si può e si deve pensare il concetto di religione entro i limiti della sola ragione come momento in cui lo sguardo critico si dispone a pensare, mediatamente, i grandi temi spirituali dell’occidente” (p. 316).

Il libro è articolato in tre sezioni volte a ripercorrere le figure che il soggetto assume nel rapporto tra la sua coscienza ed il suo orizzonte, in secondo luogo nel rapporto tra sé e la ragione critica, infine nella sintesi tra il sistema della moralità e la teleologia naturale.
“Analogia e dimensione speculativa in Kant”, questo il sottotitolo. Esso racchiude il criterio dell’articolazione dell’intero lavoro. L’analogia è ciò che permette, secondo Fraisopi, l’aprirsi dell’orizzonte originario della soggettività, poiché “analogica si dimostra essere la soggettività stessa nel momento stesso in cui si comprende che la sua dinamica fondamentale è il pensiero di una totalità necessariamente non-presente, non-oggettivabile, ideale” (p. 168). Allo stesso tempo, la filosofia kantiana rivela lo speculativo, “quell’elemento speculativo del pensiero che Kant non solo istituisce ma sviluppa, non è altro che la piena manifestazione di questa progressiva e (progressivamente più) radicale interrogazione sullo statuto della teoresi critica, la quale giungerà alla piena consapevolezza del fatto che la ricerca della più piena auto-trasparenza incontra, al contrario, un’opacità costitutiva della ragione a se stessa” (p. 386).
Dunque, Fraisopi rilegge e tenta di superare la critica hegeliana mossa alla filosofia trascendentale. Hegel stesso riconobbe la presenza di una dimensione speculativa nella Critica del Giudizio, eppure non avrebbe colto, secondo Fraisopi, che, proprio perché quello speculativo è attinto ad un più alto livello di approfondimento di quello cui Hegel si riferisce, la teleologia tout court si rivela trascesa in vista di un concepimento meta-critico della teleologia della ragione. “La ‘lettera’ stessa del pensiero kantiano come filosofia della riflessione, come costitutiva necessità di un termine universale di riferimento del finito – e con ciò anche del filosofare come riflessione fondamentale – dissipa la possibilità di un dileguare tanto repentino (di fronte alla cosa in sé- ndr) dello speculativo” ( p. 387).

Altro versante dell’analisi di Fraisopi è quello che investe la soggettività dal punto di vista del sistema della moralità, nel suo rapporto con la legge morale, trovandosi di fronte a “quell’agente che rappresenta la legge come estensibile a (e condivisibile da) tutti gli agenti. Il valore, il senso, non è posto in relazione alla singolarità, oltrepassa il singolo in vista di una comunità” ( p. 281).
Nella trattazione si apre uno spazio anche per la riflessione sulla dimensione storica ed empirica dell’uomo, sulla base delle ‘conquiste’ della teleologia kantiana. Questo ambito di indagine, come un fiume carsico, affiora, ma rimane sullo sfondo, pur recando con sé quell’apertura della Metafisica dei costumi (1797) alla determinazione dei reciproci rapporti attivi (secondo il concetto di diritto) tra gli uomini come singoli e come popoli.
Quello che interessa a Fraisopi, però, risiede nel cogliere l’elemento di connessione tra libertà ed analogia e quale configurazione conseguentemente assuma la soggettività pratica, giungendo ad una particolare interpretazione dell’auto-posizione presente nell’Opus postumum: “Nel concetto di Selbsttätigkeit/Selbstsetzung (OP, XXII, 18, 278) la libertà e il modus cogitandi analogico si fondono (e si orientano) nella piena configurazione della soggettività pratica. Il pensiero della libertà è auto-posizione (Selbstsetzung): la libertà è l’atto del pensarsi della ragione nella legge” (p.  292). E’ questo il presupposto che permette di parlare di una ’eccentricità della libertà’ che scinde il legame metafisico dell’onto-teo-logia, in cui lo sguardo del soggetto doveva essere orientato ad un’alterità ontica esteriore. “L’etico-te(le)ologia configura un’unità del senso dell’esperire pratico del soggetto e dell’umanità, la cui coesione è rappresentata dalla libertà. Il problema persiste nell’auto-posizione del soggetto come volontà libera, nel riconoscimento della legge come fondamento di determinazione soggettivo all’azione. Su quell’atto di riconoscimento, Anerkennung, si fonda l’unità delle dimensioni simbolico-diacroniche della libertà, una libertà che, effettivamente, non ha passato, che è posizione assoluta” (p. 348).

Il cuore del criticismo consiste, in base al punto di vista di Fraisopi, nel suo domandare programmatico, così che “la posizione della domanda è l’auto-posizione (l’imporsi) di una ragione che domanda, la sua articolazione è l’articolarsi di una ragione e di un mondo spirituale irriducibili ad un concetto unico, polimorfi, in-univocabili (se non in modo schiettamente analogico). E’ così more analogico che le varie manifestazioni della ragione possono essere pensate in modo sistematico” (p. 395).

La stessa domanda kantiana “Che cos’è l’uomo?”, nella sua semplicità, apre una prospettiva di senso, tracciata dall’analogia e dal pensiero speculativo, infinitamente percorribile e su cui l’uomo e la ragione si proiettano solo a partire dall’auto-osservazione del soggetto.
PUBBLICATO IL : 22-02-2007
@ SCRIVI A Silvia De Bianchi
 

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