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Marina Caffiero, Battesimi forzati. Storia di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi.
Viella, 2004

di Stefania Pietroforte
Il fenomeno dei “battesimi forzati” nei confronti di ebrei è sicuramente un fatto storico sconosciuto ai più e fino ad oggi poco studiato. Il volume di Marina Caffiero, Battesimi forzati (Viella 2004), utilizzando l’importante documentazione del Sant’Uffizio finalmente resa accessibile, ricostruisce il fenomeno nella sua articolata fisionomia e, facendone oggetto di una analisi molto ampia e circostanziata, lo propone come un momento rilevante per la comprensione della storia dei rapporti tra la Chiesa cattolica e gli ebrei.
L’autrice chiarisce che per “battesimi forzati” si devono intendere tutti gli episodi di amministrazione del sacramento nei quali la costrizione aveva giocato un ruolo determinante e che, comunque, erano caratterizzati dal non essere frutto di libera scelta da parte del battezzando. Se ne distinguevano tre tipi: battesimi furtivi di bambini, ovvero l’amministrazione del battesimo a minori senza l’assenso dei genitori o di chi esercitava la patria potestà; l’offerta che i neofiti facevano alla Chiesa di parenti ebrei che in nessun caso avevano in animo di convertirsi; la denuncia, sempre ad opera di neofiti, di ebrei che avrebbero mostrato intenzione di convertirsi ma che non avevano poi dato seguito alla cosa. Battesimi “forzati”, dunque, perché messi in atto ai danni della comunità ebraica che con la prevaricazione e con modalità esplicitamente violente si vedeva sottratti suoi componenti (i “denunciati” e gli “offerti” venivano prelevati di notte dalle loro case e sequestrati dai congiunti fino al momento del battesimo e, per di più, costretti a separazione definitiva dopo l’avvenuta conversione), e ai danni di quegli individui, fossero bambini, donne o uomini che, fatti oggetto di tale “conversione”, erano costretti per legge a sradicarsi non solo dall’ambito della comunità religiosa ma anche da quello degli affetti più intimi e a seguire un destino di demolizione della loro identità sociale, culturale e affettiva. Niente affatto episodici (se ne contano 1197 a Roma dal 1614 al 1797), questi atti coercitivi, se analizzati con attenzione, presentano elementi di grande interesse politico e culturale.
Infatti lo studio di Marina Caffiero, focalizzato su Roma ed estendentesi dalle propaggini del secolo XVII alla prima metà del XIX, confuta con chiarezza anzitutto un vecchio stereotipo secondo il quale nella vicenda dei rapporti con gli ebrei il mondo cattolico sarebbe stato caratterizzato da due diversi atteggiamenti, rispecchianti due “anime”: una popolare, persecutrice e intollerante, l’altra invece, identificata con il papa e le gerarchie ecclesiastiche, tollerante e illuminata. Questo schema interpretativo si infrange irreparabilmente sulla ricostruzione dell’autrice che passa in rassegna le decisioni assunte dalla Santa Sede in materia di battesimi “forzati” e mette in luce come, a partire da Benedetto XIV, con l’introduzione di un nuovo criterio, quello del favor fidei, si aprirono le porte a una indiscriminata “cattura”, soprattutto di bambini e donne. Il favor fidei, teorizzato da Benedetto XIV in due lettere del 1747 e 1751, non solo scavalcava la tradizione che, in special modo con S. Tommaso, vietava il battesimo invitis parentibus, ma soprattutto lo faceva con un atto di ascrizione al giudizio insindacabile della Chiesa di ogni decisione in merito a tali questioni. In sostanza si dichiarava prevalente su ogni altra autorità o fonte di diritto il criterio del vantaggio per la vera religione,cioè del vantaggio che essa avrebbe ricavato dal fatto di accogliere una conversione ottenuta anche in condizione di forzatura, quando non, addirittura, di vera e propria coercizione. In questo modo il papa fissava una direttiva importante alla quale attenersi: quando ci si trovi a giudicare se accogliere l’offerta di un nipotino da parte di un nonno neoconvertito o di una moglie da parte di un marito, ciò che in ultima istanza deve prevalere è di assicurare il maggior vantaggio per la fede cristiana. La direttiva di Benedetto XIV funzionò da norma, come dimostrano innumerevoli casi di giudizio, e, pur in un delicato equilibrio di poteri interni alla Chiesa, fu la base d’appoggio per una attività conversionistica che, sebbene non paragonabile ad una persecuzione, assunse spesso carattere violento e ricattatorio.
Nel lavoro della Caffiero anche un altro pregiudizio viene confutato, e non dei meno resistenti, ovvero quello della “passività” degli ebrei. In un quadro del tutto particolare, che vede la Chiesa nel duplice ruolo di potere politico e spirituale e la comunità ebraica nell’altrettanto duplice situazione di minoranza governata e soggetta a leggi ma poi anche di gruppo non tenuto nell’ambito della cittadinanza, storie come quella di Angeluccio e Saruccia Terracina, di Ester Serena, ma anche di molti altri, fanno risaltare la determinazione degli ebrei a difendersi sia personalmente che come comunità, a difendere i legami affettivi, i diritti sui familiari, ma anche il diritto di essere riconosciuti come minoranza facente parte del vivo tessuto sociale della città. Ripercorrere le modalità da essi seguite nel resistere e nel contrastare quelle forzate conversioni, che rappresentavano non solo drammi familiari ma anche vere e proprie ferite inferte alla comunità religiosa, aiuta a capire che sia i rabbini che i singoli individui lottavano con tutti i mezzi a disposizione e che non erano niente affatto rassegnati al destino che si abbatteva su di loro. Così se questi ultimi tentarono di sottrarvisi con la fuga o intentando una causa, i capi religiosi fecero la loro parte presentando istanze e stabilendo momenti significativi di confronto giuridico e politico che sono la riprova di una battaglia per il riconoscimento dell’identità cui gli ebrei non abdicarono.
Forse sarebbe già sufficiente questo per riconoscere l’importanza del lavoro svolto da Marina Caffiero. Ma c’è di più.
La dettagliata analisi di molti casi, che la Caffiero porta alla luce come tasselli del fenomeno indagato, consente di apprezzare direttamente quanto denso e ricco di sfaccettature sia l’oggetto esaminato. Salta agli occhi, infatti, che affrontando il problema dei battesimi “forzati” si era costretti a rispondere a importanti questioni giuridiche e teologiche: per esempio quella della modalità di amministrazione e delle condizioni che rendono valido il sacramento del battesimo; della definizione del ruolo, dei limiti e della titolarità della patria potestà; della determinazione del concetto di “individuo”, ovvero di quando possa cominciare a parlarsi di un individuo vero e proprio in riferimento al feto ancora nell’utero materno; del criterio per fissare l’età della ragione, cioè l’età in cui un individuo possa essere accreditato di una effettiva capacità di esercitare il libero arbitrio, la scelta razionale. Questioni di tale importanza che ancora oggi si fanno apprezzare e che ci si prospettano sotto una diversa luce, ma che condividono con gli interrogativi di quell’epoca un rilievo politico e concettuale di grande portata. Così, per esempio, il problema della distinzione tra feto e madre, questione ancora oggi attualissima, rilevato in relazione a quel particolare contesto funge non solo da tassello storico ma anche da elemento che si offre alla riflessione del problema stesso in quanto tale.
Dunque il lavoro di Marina Caffiero è certamente l’analisi approfondita di un fenomeno che viene indagato non solo perché riemerga dalla dimenticanza ma, soprattutto, perché costituisca una conoscenza più ricca della storia dei rapporti tra Chiesa ed ebrei e, quindi, perché ci si offrano più elementi per la considerazione anche dell’antisemitismo moderno. E da questo punto di vista con acutezza l’autrice ha sintetizzato nella simmetria di ghetto e Casa dei catecumeni il valore dell’intera vicenda, così come pure con peculiare sensibilità ha descritto i fasti trionfali, carichi di simboli di gioia e amorevolezza, di alcune importanti conversioni quasi in contrappunto con la sofferenza e la lacerazione che accompagnavano tanti battesimi “forzati”. Ma Battesimi forzati è anche un saggio storico nel quale fili sotterranei di temi morali, di questioni civili, vivissimi nel mondo odierno si lasciano intuire e fanno vibrare la sensibilità del lettore, con una sollecitazione intellettuale che trascende i limiti di una visione strettamente disciplinare.
PUBBLICATO IL : 20-02-2005
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