Qualora si dovesse indicare un testo che sintetizzi magistralmente le problematiche
genetiche e quelle più schiettamente teoretiche della filosofia trascendentale
kantiana, il pensiero andrebbe subito al testo di Cassirer che qui presentiamo.
L’opera, pubblicata come volume (XI) di commento e introduzione all’edizione
completa delle opere kantiane curata dallo stesso Cassirer (Immanuel Kants
Werke, In Gemeinschaft mit H. Cohen, A. Buchenau, O. Buek, A. Görland,
B. Kellermann, O. Schöndörffer hrgb. von Ernst Cassirer, 11 Bände,
Berlin 1912-1922), si propone essenzialmente due fini: il primo, quello di «mostrare
una via che dalla periferia del sistema critico conduce al suo centro, dalla
molteplicità delle questioni specifiche a una libera visione d’insieme
comprendente il tutto del pensiero kantiano»; il secondo, quello «di
non perdersi nella congerie dei problemi speciali che la dottrina di Kant presenta
dovunque, ma quella di far risaltare in concentrazione energica il solo disegno
del sistema e le grandi linee decisive della costruzione concettuale kantiana»
(E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, p.3). Entrambi i fini risultano
egregiamente conseguiti soprattutto nel caso in cui si legga l’opera cassireriana
in itinere, nel difficile esercizio dello studio dell’opera kantiana,
nel caso in cui non ci si ponga dinnanzi ad essa come quei lettori «che
con Kant e con la sua dottrina credano di aver già finito» (Ibidem).
Ciò che conferisce, a nostro avviso, altra qualità al testo è
non solo il lavoro filologico compiuto da Cassirer nell’edizione dei Immanuel
Kants Werke che soggiace alla stesura del testo, ma l’apporto teoretico
che l’opera conferisce alla riflessione di qualsiasi lettore, un apporto
teoretico proveniente dall’intera opera cassireriana che in Kant individua
uno dei suoi più importanti interlocutori, e, forse, proprio il suo interlocutore
preminente.
Ciò tuttavia non impedisce all’autore di delineare di caratterizzare
con perfezione stilistica la personalità di Kant, il suo carattere, l’approccio
del filosofo di Königsberg al proprio studio e alla professione accademica
di docente: «Qui non si può trattare – afferma Cassirer –
della semplice narrazione di vicende e fatti esteriori; il vero fascino e la
vera difficoltà consisterebbero nello scoprire e mettere in evidenza
la ‘forma di vita’ che corrisponde a tale forma della dottrina».
Infatti «il rapporto tra ‘forma di dottrina’ e ‘forma
di vita’ in Kant non si può cogliere nemmeno come se la seconda
fosse solo la portatrice, il recipiente passivo della prima». «Nell’esistenza
di Kant – si aggiunge – non è solo il pensiero a sottomettere
la vita a sé nel proprio contenuto oggettivo e nella propria ‘verità’
oggettiva; ma dalla vita, a cui dà la sua forma, esso riceve a sua volta
la forma propria della vita» (Ibidem, p. 8). Proprio entro questi
due termini, “forma di dottrina” e “forma di vita”,
si snoda il percorso dell’analisi, scandito in sette lunghi ed approfonditi
capitoli, di cui i primi due La giovinezza e gli studi e Gli anni
di magistero e gli inizi della dottrina kantiana tendono a delineare tanto
la genesi del pensiero critico attraverso il periodo “pre-critico”
quanto della personalità del giovane Kant, affrontando quell’iter
formativo che conduce il pensatore – e l’uomo – Kant alla
formulazione del problema critico fondamentale.
Successivamente i capitoli che vanno dal terzo al sesto si impegnano a sviluppare
i problemi intrinseci allo svolgimento della questione critica, quello della
fondazione della conoscenza teoretica e della sua ricezione (capp. III e IV),
quello della “costruzione dell’etica critica” (cap. V), quello,
altrettanto fondamentale, del conferimento di un’unità architettonica
ed intelligibile al sistema della filosofia trascendentale sviluppato nel decennio
che intercorre tra il 1781, anno di pubblicazione della Critica della ragion
pura, ed il 1790, anno di pubblicazione della Critica della facoltà
di giudizio. L’ultimo capitolo, il settimo (Ultimi scritti e
lotte) è dedicato all’esposizione dell’impegno kantiano
nella difesa dell’autonomia del pensiero critico e nella ri-meditazione
delle questioni teoretiche emerse dalla fondazione della conoscenza teoretica
e dall’impostazione del problema sistematico.
Attraverso questa partizione dell’opera, l’evoluzione del pensiero
kantiano nella sua prospettazione diacronica emerge nella sua unità sincronica
intelligibile, nell’affinità tematica che accomuna i primi studi
di Kant e gli ultimi sviluppi del suo pensiero, in particolare dell’interesse
teoretico-scientifico e di quello etico-politico. Se infatti nel decennio critico
Kant vive «in sé nel senso più pieno e profondo quello che
anche ai più grandi di solito è concesso solo nei periodi felici
della giovinezza e della maturità: l’ininterrotto crescere su sé
stessi», l’interesse fondamentale del pensiero kantiano, ovvero
quello di una configurazione enciclopedica del sapere, si sviluppa già
nel cosiddetto periodo “pre-critico” e proprio attraverso questo
stato di gestazione viene a conferire quell’impulso radicale che verrà
a concretizzarsi nelle tre Critiche.
Il pensiero filosofico kantiano, che si accentra progressivamente nel concetto
di umanità – non intesa in senso antropologico ma sostanzialmente
cosmico (Cfr. ad esempio p. 492) – rinviene nell’esposizione
cassireriana un’esposizione unica, coesa e nello stesso tempo agile, una
guida conduttrice nello studio più che un’introduzione preliminare
o un’opera conclusiva. Proprio in ciò, se ci è concesso,
è possibile rinvenire l’aderenza del testo al proprio difficile
oggetto ed impervio territorio, il pensiero critico, un’aderenza che si
sviluppa soprattutto nel concetto di attenzione critica, nell’intenzione
di non lasciare alcun aspetto del pensiero kantiano in ombra, intenzione che
conferisce all’opera uno statuto sì problematico ma avvincente.
In Vita e dottrina di Kant «si esplica infatti un possesso straordinariamente
approfondito ed illuminante del testo kantiano che si manifesta non soltanto
nel rigoroso controllo che le citazioni e i rinvii agli scritti di Kant esercitano
sull’analisi dottrinale, ma specialmente in quella penetrazione onnilaterale
del testo che si avverte, come il respiro stesso dell’indagine kantiana,
presente in tutte le sottili giunture e le più articolate distinzioni
della ricostruzione storica»(Ibidem, p. VIII (Presentazione
di M. Dal Pra)).
Ciò che differenzia il testo da molti altri testi introduttivi, al di
là della consistenza filosofica del proprio autore, consiste nell’educare
il lettore al ritmo dell’argomentazione kantiana, al suo procedere sì
deciso e poderoso, ma allo stesso tempo sempre problematico ed aperto, aperto
a nuovi sviluppi ma soprattutto aperto a correzioni e ri-meditazioni di carattere
radicale: ecco il motivo per cui il testo, come sostiene lo stesso Cassirer,
risulta confacente a quei lettori che con Kant non abbiano già ‘finito’
ma che intessano con lui una discussione costante e crescente, che rivolgano
al pensiero critico un’interrogazione radicale sì, ma sempre aperta
alla propria stessa messa in questione. Il carattere sempre aperto della domanda,
caratterizzando tanto il procedere filosofico kantiano – anche al di là
dell’impostazione sistematica del pensiero critico – quanto l’esposizione
cassireriana, educa il lettore e lo studioso nel difficile compito di ricondurre
l’evoluzione diacronica del pensiero del filosofo di Königsberg all’interno
dell’ampio orizzonte di questioni che la filosofia critica coinvolge e
sviluppa: un tale compito, infatti, consente di far interloquire le istanze
della filosofia kantiana, tanto a livello teoretico-gnoseologico quanto a livello
morale-politico sia con l’epoca in cui vengono proposte e con la quale
si pongono in discussione, sia con le istanze avanzate dal pensiero occidentale
nella sua interezza.
Il “continuo crescere su sé stessi” del pensatore e dell’uomo
Kant conduce e costringe il lettore della sua opera a proiettare tanto prospettivamente
quanto retrospettivamente l’importanza della questione fondamentale del
pensiero critico “Come sono possibili giudizi sintetici a priori?”
sia al suo periodo di gestazione sia al periodo in cui essa subisce, se non
una radicale deviazione, senz’altro un notevole ampliamento. Proprio nei
costanti e sapienti rimandi all’intera opera kantiana, Cassirer induce
nel lettore la necessità di questa duplice operazione, ponendo in rapporto,
ad esempio, la Critica della facoltà di giudizio con la Storia
universale della natura e teoria del cielo, il problema etico della Critica
della ragion pratica con quello della Nova dilucidatio ecc.: «Nella
delineazione della dottrina kantiana – afferma Dal Pra – il Cassirer
si attiene ad un criterio evolutivo che, pur nell’indicazione di alcuni
elementi problematici, configura la fase pre-critica del pensiero di Kant come
tutta raccolta nel rilievo degli elementi destinati a dare evidenza, nella loro
fusione creativa, al pensiero critico» (Ibidem, p. XIII ).
In questa esposizione, come ovvio, la Critica della ragion pura assume
il ruolo di spartiacque del pensiero critico, divisibile, senza particolari
perplessità, tra una periodo ante Criticam e un periodo post
Criticam. Ciò, tuttavia, non esenta il biografo e lo studioso di
Kant da profonde problematiche interpretative: «Quanto pur valga anche
per i grandi pensatori il detto che lo stile è l’uomo, già
a questo riguardo la Kritik der reinen Vernunft pone il biografo di
Kant di fronte a un arduo problema. Infatti il mutamento di stile più
profondo e radicale di quello che si compie in Kant nel decennio fra il 1770
e il 1780, la storia della letteratura e della filosofia non lo presenta in
nessun luogo». Ammesso tutto questo, nel capitolo III (uno dei più
riusciti capitoli dell’opera insieme al VI), in cui Cassirer affronta
il difficile onere di esporre un cambiamento che non è solo stilistico
ma anche e soprattutto speculativo, il lettore dispone di un contributo allo
stesso tempo stilisticamente elegante – cosa assai difficile considerando
l’oggetto in questione – e teoreticamente fondamentale per la comprensione
della svolta del pensiero kantiano. Analogamente il capitolo sulla terza Critica,
il sesto, ripropone, forse come nessuno aveva fatto da Hegel in poi, sia i problemi
della terza critica in particolare, sia i molteplici problemi del pensiero critico
che in essa convergono, in una chiave di lettura insolita per la letteratura
kantiana, ma proprio per questo eloquente: l’istanza di sistematicità
del sistema della filosofia trascendentale. Tale chiave di lettura, infatti,
laddove non sia unilateralmente immedesimata al tentativo di unificazione di
“natura” e “libertà”, fornisce la chiave di lettura
fondamentale – a nostro modesto avviso – del tentativo kantiano
di interrogarsi su- , ed interrogare la rappresentazione in genere, un tentativo
che nell’istanza di sistematicità ritrova la necessità di
pervenire ad una interrogazione radicale circa la natura rappresentativa del
pensiero, circa quell’entità difficile e sfuggente che si colloca
sotto il concetto di Vorstellung.
Allora non stupisce il fatto che proprio Cassirer, autore, fra l’altro,
della grande Filosofia delle forme simboliche, sviluppi questa sensibilità
nei confronti del pensiero kantiano, che, pur restando sempre aperta ad un’esposizione
“didattica”, la arricchisce ed arricchisce il suo studio con spunti
altamente teoretici e consente, soprattutto, di accentrare l’intero problema
della filosofia critica sulla problematicità del rapporto tra metafisica
e ontologia.
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