Ontologia della comunità. Nancy & Agamben Parte seconda Agamben |
di Tommaso Tuppini
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Gran parte del risentimento da noi vissuto verso le attuali forme d’aggregazione so-ciale è dovuto per Agamben alla dicotomia che il potere statuale, ovvero la sovranità nelle sue molteplici forme, inscrive in ciò ch’è di per sé non-dicotomico. Questa ele-mentare entità di per sé non-dicotomica ha nome “forma-di-vita”: «col termine forma-di-vita, intendiamo […] una vita che non può mai essere separata dalla sua forma, una vita in cui non è mai possibile isolare qualcosa come una nuda vita» . L’azione della sovranità statuale consiste principalmente nella spaccatura di questa unitaria forma-di-vita, nella segregazione di una nuda vita come zoe, «il semplice fatto di vivere comune a tutti i viventi», dal bios, «la forma o la maniera di vivere propria di un singolo o di un gruppo» . La divisione della nuda vita dalla forma (che dissolve l’unità della forma-di-vita) non è che la versione politica della decisione metafisica tra forma e contenuto, ma-teria e spirito, «l’antinomia dell’individuale e dell’universale» . Si tratta allora di recu-perare per lo sguardo filosofico, anzitutto, la fisionomia concettuale della forma-di-vita nella sua integrità. La forma-di-vita altro non è che ciò che ci siamo per il momento abi-tuati a chiamare “singolarità”. Dunque, la ricerca di Agamben comincia, proprio come accade in Nancy, con una genealogia della figura della singolarità, per restituirla al suo statuto di complessità, non ancora deturpata dalla decisione della sovranità statuale.
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Tema |
Ontologie. Storia e prospettive della domanda sull’ente
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