La messa in questione del ruolo dell’immaginazione in Kant e della lettura che essa riceve in Heidegger (e Cassirer) dischiude un ampio orizzonte di questioni, tra cui quella più propriamente storico/filosofica, la cui ricognizione rivela il carattere fondamentale di rottura della concezione kantiana. Infatti, contrariamente a quanto pensasse Heidegger, l’immaginazione assolve ad una funzione molto più radicale di quanto non sia una originale (e più meditata) riproposizione del criterium veritatis come adaequatio rei et intellectus. Un siffatto Kriterium der Warheit è infatti, data la sua circolarità, destinato a trovare un tertium quid metafisico per divenire valido. Nel caso in cui questo terzo elemento metafisico tra intelletto e cosa venga meno, l’adaequatio resta l’esca sofistica cui abbocca il filosofo dogmatico.
Per pensare una veritas che non si dissolva né nella circolarità né nella dicotomia né che si ancori ad un perno trascendente, bisogna che il pensiero critico ripensi l’interazione tra facoltà, cioè ripensi anche il ruolo cognitivo dell’Einbildungskraft. Ciò non solo per quanto riguarda la conoscenza d’esperienza ma anche (e potremmo dire soprattutto) il suo esperire pratico ed intersoggettivo. Il primo passo è, come noto, rappresentato dalla prima edizione di KrV, che, come visto, piace e si piega con più facilità alla lettura heideggeriana, per motivi strutturali, intrinseci al pensiero della Kehre. La prima edizione – ed anche in questo aveva ragione Heidegger – è anche quella a fornire molti caratteri dell’immaginazione simili a quelli definiti nel De Anima aristotelico (almeno per quanto riguarda lo statuto cognitivo). L’oscillazione dello statuto dell’immaginazione kantiana tra l’empirico e il trascendentale, tra il suo essere facoltà dei fantasmata e il suo presiedere alla costituzione del fainomenon, rimanda alla ambivalenza cognitiva della fantasia aristotelica. Ma ciò che, contrariamente a quanto sostenuto dall’analisi heideggeriana, rappresenta una svolta effettiva per la teoria della soggettività e per il ruolo che l’immaginazione verrà a svolgere nella sua integrale definizione, è la seconda edizione della Critica della ragion pura, quella dell’ ’87...
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Nota: il presente articolo è la terza parte di un saggio, articolato in tre articoli, che intende interpretare il ruolo dell’immaginazione nella costituzione di un’antropologia trascendentale che pensi l’uomo come agente e vivente nella storia. L’esito (o uno degli esiti più importanti) della definizione di un’antropologia critico-trascendentale è proprio quello di dischiudere al soggetto un orizzonte storico (cosmopolitico), in cui deve e non può non agire. Questa dimensione essenziale della soggettività si radica nelle sue possibilità/potenzialità [Fähigkeiten] giudicative, incontrando perciò necessariamente l’immaginazione come condizione sensibile del giudizio. La relazione tra immaginazione – come appartenente alla facoltà di giudizio – e la possibilità, da parte del soggetto, di pensarsi in un orizzonte storico, è allora molto più essenziale di quanto prima facie non appaia.
Per dipanare il groviglio di problemi inerenti al tema dell’immaginazione, al fine cioè di separare il tema specificamente kantiano da interpretazioni spesso fuorvianti, sebbene fondamentali, verranno innanzitutto presi in considerazione l’interpretazione heideggeriana ed il seminario di Davos, in cui questa si scontra con quella cassireriana. Sarà la posizione di Cassirer a suggerire – pur senza esaurirlo – l’orientamento interpretativo di una funzione anche “storica” dell’immaginazione e della Urteilskraft nel pensiero kantiano. In un secondo momento si fornirà un’esposizione dell’evoluzione storica del problema dell’immaginazione, al fine di comprendere la distanza antropologica della teoria kantiana dell’immaginazione dalla tradizione metafisica precedente. Nell’ultimo articolo, si cercherà di delineare in che senso la svolta kantiana nella lettura dell’immaginazione (e della soggettività) precluda al concepimento del rapporto tra soggettività e storia, come “agire nell’orizzonte della storia”
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