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Dire il controvertibile
Una riflessione sull'intero e sui domini della molteplicità

di Stefano Maschietti

Le pagine che seguono sono un esercizio di filosofia speculativa e si interrogano sulla questione dei primi principi dell'essere e del pensiero. Si occupano cioè della questione dell'intero, del suo senso e delle sue possibili manifestazioni. «Essere» e «pensiero» sono due parole della tradizione metafisica dall'ampiezza semantica virtualmente illimitata. Tutto ciò che accade e irrompe nella «sfera» del linguaggio, a partire dall'idea-metafora, vedremo quanto ricorrente, dell'«accadere» e dell'«irrompere», tutto ciò è rappresentabile e metaforizzabile, quindi oggetto di possibile pensiero e conoscenza. Allo stesso modo, tutto ciò che è rappresentabile (ad es. «l'araba fenice»), anche solo nella forma discorsiva della negazione (ad es. «Bin Ladin non è stato individuato»), in quanto sia linguisticamente signi-ficato, rientra nella sfera dell'essere reale e delle cose che divengono...

Nothing is part of Everything
di Paolo Valore

Extensional mereology, that is, a mereology without intensional operators (such as modal or temporal functions), mirrors, in many respects, set theory. What is missing in this reconstruction is the mereological analog of the empty set, which might be called “null object". Mereology, in its traditional formulation, avoids all reference to null objects and the reasons are, basically, ontological.

I tre livelli dell’ontologia parmenidea
di Massimo Pulpito

Tradizionalmente si ritiene che l’ontologia sia sorta con il poema didascalico di Parmenide. Questo perché in esso compariva per la prima volta una riflessione sulla nozione di essere senza ulteriori determinazioni. Tale riflessione condusse Parmenide a dedurre una serie di caratteri dell’esistente, che contrastano con i requisiti della realtà esperita dagli uomini. Per questa ragione, l’interpretazione classica gli ha attribuito un monismo ‘stretto’, ossia la tesi secondo cui esisterebbe soltanto un ente, mentre i molteplici e mutevoli oggetti dell’esperienza sarebbero frutto di un’illusione. Ad una lettura più attenta, il monismo parmenideo si rivela essere di tipo ‘generoso’, un monismo, cioè, che prevede, accanto al piano dell’ente statico, due ulteriori livelli: il livello delle forze opposte e coesistenti e quello delle innumerevoli forme fisiche

L’ontologia di Kojève
Il dualismo dialettico e lo scarto fra Hegel e Heidegger

di Marco Filoni

«Kojève mostra una rara passione per il pensiero. Il pensiero francese degli ultimi decenni è un’eco di queste lezioni. L’interruzione di queste comunicazioni è anch’essa un’idea. Ma Kojève legge Essere e tempo soltanto come antropologia». Così Martin Heidegger, in una lettera del 29 settembre 1967 inviata ad Hannah Arendt. Nelle sue parole ritroviamo un importante giudizio e, insieme, un’indicazione precisa su come il filosofo di Meßkirch avesse letto Kojève. Heidegger si riferisce alle lezioni parigine di Kojève, tenute presso l’Ecole Pratique des Hautes Etudes fra il 1933 e il 1939, dedicate alla lettura e commento della Fenomenologia dello Spirito hegeliana.

Ontologia e filosofia della mente
di Francesco Armezzani

Lo scopo si questo articolo consiste nel delineare alcuni elementi di base di un'ontologia del mentale. L'approccio di base di questa proposta è quello fenomenologico, più precisamente l'approccio di stampo brentaniano. In nessun modo in ciò che segue si cercherà di fornire qualcosa come un'interpretazione autentica del pensiero del filosofo austriaco, bensì si proverà a sviluppare, sulla base di alcune sue tesi, un modello del mentale.

Ontologia dell’incontraddittorio
La struttura della verità nel pensiero di Emanuele Severino

di Andrea Antonelli

Per gran parte della riflessione contemporanea l’istituzione di un sapere che gravita attorno a coordinate trascendentali, a nuclei di fondazione assoluta, a ragioni ultimative e perentorie, assume inevitabilmente, per quanto talora in modo non esplicito, i caratteri di un esorcismo rivolto alla presenza dell’alterità, della differenza e del tempo. Il sistema di riferimento tipico del pensiero contemporaneo è infatti avvinto alla convinzione, maturata nel corso di almeno duecento anni di storia culturale dell’Occidente, che nessuna impostazione filosofica che sia intenzionalmente rivolta a perlustrare lo scenario fondamentale della realtà possa in verità ottenere ciò che vuole...

La filosofia della mente di Wilfrid Sellars
di Giorgio Rizzo

Secondo il filosofo americano Wilfrid Sellars, vi sono due modi per spiegare fatti della forma x meramente appare rosso: l'introduzione delle impressioni e delle esperienze immediate come entità teoriche; la scoperta, una volta che alcune situazioni siano state indagate accuratamente, che queste presentano, come loro componenti, impressioni o esperienze immediate. Se la prima alternativa può sembrare paradossale, la seconda invece ... può essere ritenuta insoddisfacente.

La logica esistenziale di Hume
di Paolo Castaldo

Il libro sulla logica, cioè il libro primo del Trattato sulla natura umana di David Hume, intitolato Of the Understanding, viene di solito letto secondo una duplice declinazione: quella di manifesto epistemologico e quella di sostrato teorico dell‟analisi dei due libri successivi. Tenteremo qui di spiegare perché secondo noi Of the Understanding non sia riducibile a queste due posizioni...

Filosofie dell'organico
di Roberto Franzini Tibaldeo

Benché elaborata svariati decenni or sono, la biologia filosofica di Hans Jonas (1903-1993) risulta essere ancora di grande attualità, nonché fondamentale per la comprensione di quel particolare fenomeno che è la vita. Inoltre, la rilevanza del suo pensiero eccede il solo ambito filosofico, rivolgendosi direttamente al mondo della ricerca biologica e scientifica. In effetti, Jonas esamina da vicino le ragioni della scienza moderna, individuandone al tempo stesso i principali limiti operativi, epistemologici e ontologici, coincidenti sostanzialmente con un atteggiamento riduzionistico nei confronti della conoscenza e dell‟ontologia.

Dall'antropologia filosofica all'ermeneutica delle identità
di Salvatore Giammusso

Sappiamo che l‟antropologia filosofica è sorta nel primo Novecento, e nei suoi autori classici sono senz‟altro visibili i segni di quell‟epoca senza qualità che si dibatteva tra il rifiuto delle certezze tradizionali e l‟esigenza di una nuova e solida immagine dell‟uomo. La questione è se il paradigma classico dell‟antropologia filosofica sia da ritenersi adatto a tempi fluidi come i nostri, che ancora di più hanno a fondamento l‟incertezza spirituale. In altri termini: che può significare lavorare all‟antropologia in una società divenuta “liquida”?

 

 
 
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